Indice dell’articolo:
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Traduzione dell’articolo “THE MISSING REHAB EXERCISE VARIABLE…..DOSAGE! (PS…ITS NOT 3×10!)” di Ben Cormack.


L’articolo in breve


Cos’è la posologia?

In poche parole è l’intensità, il volume e la frequenza!

L’intensità dipenderà dalla quantità di carico utilizzata o dalla velocità di movimento del carico; entrambe queste variabili modificheranno le forze applicate ai tessuti, come espresso dalla formula F=ma. La misura individuale dell’intensità dipenderà dalla tolleranza reale del soggetto.

Il numero di serie e ripetizioni definisce il volume di allenamento. Quest’ultimo può essere modificato in modo da avere un effetto sul carico generale.

Un altro aspetto da considerare è la frequenza. Potremmo avere l’esercizio più appropriato di tutti, ma se lo svolgiamo 10 volte al giorno sarebbe troppo! Quindi un esercizio che si focalizza sul controllo motorio o la qualità del movimento (in qualunque modo si voglia intendere!) potrebbe essere svolto con più frequenza rispetto ad un esercizio che si focalizza sul carico applicato ad un tessuto, nel quale si necessita tempo affinchè avvenga un adattamento positivo a livello cellulare.

Possiamo manipolare tutte e tre le variabili per ottenere l’effetto desiderato. Concorderete che va molto oltre il solito 3×10! Il ragionamento che sta dietro alla prescrizione di un esercizio è più importante di ogni altro aspetto riabilitativo, ma spesso non viene considerato. È possibile aumentare l’intensità e diminuire il volume, aumentare il volume e diminuire l’intensità o lasciare entrambi invariati e modificare la frequenza. Ci sono parecchi modi per modificare la posologia per ottenere piccoli o grandi variazioni di carico. Le piccole variazioni possono essere molto importanti per ottenere dei benefici,  e al contempo grosse variazioni della posologia possono portare a risultati negativi. Io stesso mi sono incasinato qualche volta modificando l’intensità e non il volume, e i risultati sono stati negativi.


Il carico insufficiente

Se non somministriamo un carico sufficiente potenzialmente non otterremo nessun adattamento biologico. Se state cercando di ottenere un cambiamento in qualunque parametro – per esempio la forza o la capacità di carico –  e la vostra manipolazione delle variabili non è adeguata, non otterrete grandi variazioni.

Il mio consiglio è che forse non è necessario cambiare questi parametri. Molti studi hanno evidenziato variazioni del dolore, ma non della cinematica, del ROM, della forza o della postura.

Tuttavia spesso non misuriamo il decorso a lungo termine delle problematiche dei pazienti: anche se otteniamo una riduzione del dolore nel breve termine (come evidenziato negli studi), molti spesso continuano ad avere dolore nel lungo termine con una recidiva del problema. Questo aspetto è differente dalla cronicità poiché il dolore non è continuo, quindi diventa anche difficile definirlo acuto o cronico. Potremmo aver bisogno di qualche adattamento per modificare il dolore nel lungo termine, ma sto solo pensando ad alta voce.

Forse stiamo modificando fattori che non possiamo misurare, quali la fisiologia locale, gli adattamenti cellulari, la neurofisiologia (l’apparato nocicettivo) o a livello corticale, come avviene per le rappresentazioni sensoriali e motorie. 

Sotto-dosare può risultare frustrante poiché è poco probabile che si risolva il problema e non si agevolerà (sempre che si riesca a farlo) il processo di recupero. Potenzialmente questo è il motivo per cui stiamo assistendo ad una crescita dell’utilizzo degli esercizi di rinforzo, per cui con maggiori carichi è meno probabile dosare in difetto.


Carico in eccesso

Il lato opposto dello spettro è somministrare un carico eccessivo. Questo è un problema fondamentale per un sistema sensibilizzato, può causare effetti avversi ed è per questo che molti esercizi utilizzano picchi di carico bassi, col solo peso corporeo o cogli elastici.

Peggiorare il dolore di un paziente può avere serie conseguenze importanti su come questo percepisce la cura che state somministrando, sulle vostre competenze e quindi sulla relazione terapeutica e sulla fiducia. È inoltre un aspetto davvero frustrante: i nostri pazienti vogliono tornare a svolgere le attività che amano, vogliono speranza in fin dei conti. Un aspetto spesso alimentato dalla progressione.

Sfortunatamente è difficile valutare quale possa essere la risposta dei pazienti, poiché il dolore stesso dipende da molti fattori della vita della persona, quali lo stress, il sonno o lo status emozionale che sta attraversando. È capitato a tutti di far peggiorare qualcuno con una dose minima di esercizio, e dall’altro lato di pensare di aver superato la soglia del sovraccarico per poi scoprire che la persona in realtà lo gestiva tranquillamente.

La verità è che non sappiamo mai quale sia questa soglia!


La dose minima efficace

La dose minima efficace è semplicemente un metodo per scoprire la quantità di carico da somministrare per ottenere un sovraccarico positivo o comunque il risultato voluto minimizzando ogni potenziale effetto avverso. Ricordatevi che potete sempre aumentare o ridurre il carico in un secondo momento.

20 pillole di Ibuprofene liberano dal mal di testa, ma ci espongono anche ad altre potenziali complicanze. Per questo 2 pillole, o  200 mg,  sono considerate una dose al contempo efficace e che riduce la possibilità di effetti avversi.

Sfortunatamente la biochimica dei farmaci sembra più generalizzabile per le persone quanto più l’Odds Ratio (OR) viene utilizzato in studi clinici importanti. La posologia dell’esercizio invece deve essere ancora quantificata nella ricerca di base. Questo processo si può intraprendere a partire dalla valutazione della storia clinica del paziente, come la presenza di cronicità del disturbo, la frequenza di problematiche dello stesso tipo, la quantità di stimoli che potrebbero aggravarlo, quali il tempo o il carico, e quanto tempo occorre per ridurre i sintomi a seguito di una riacutizzazione. Se una riacutizzazione alla schiena si presenta dopo aver raccolto una biro da terra e occorrono 3 giorni per tornare ai sintomi iniziali, la posologia deve tenerne conto, soprattutto allo stadio iniziale. Possiamo dunque regolare l’intensità di un esercizio in termini di peso, velocità, ripetizioni e frequenza con cui viene svolto.


Come possiamo rendere la nostra posologia più efficace?

Innanzitutto dobbiamo considerare di rendere il paziente partecipe delle scelte e ragionare sui possibili effetti delle variabili manipolate.

Questo aiuta le persone ad essere più informate –  e in grado di razionalizzare – su cosa gli sta succedendo, soprattutto se gli spieghiamo perché potrebbero provare determinate sensazioni e che valore hanno per loro. Questo dovrebbe in teoria prevenire ogni dubbio e incertezza che sarebbero altrimenti risolti con informazioni false e ricerche su internet. Dobbiamo spiegare loro che la riabilitazione non è un processo lineare e non sappiamo sempre come correggere la posologia: per questo abbiamo bisogno di una partecipazione attiva in questo percorso.

Tutto ciò contribuisce ad un maggiore locus of control interno.

Proviamo una posologia, o una nuova posologia, col paziente e cerchiamo di capire come si sente e quanto è a suo agio nello sperimentarla. Se stiamo aggiustando il carico possiamo chiedere se si sente tranquillo ad aumentare l’intensità, il volume o la frequenza. A volte il paziente è più propenso ad aumentare il carico piuttosto che le ripetizioni o le serie, altre volte invece no, visto che magari preferisce svolgere gli esercizi quotidianamente piuttosto che a giorni alterni.

Secondariamente, la capacità di modificare la posologia in maniera indipendente può essere davvero difficile da ottenere. Spesso intercorrono settimane tra le visite quindi un carico inefficace o aggravante i sintomi potrebbe non essere revisionato per molto tempo.

Nonostante aumenti il dolore alcuni pazienti continuano a svolgere i propri esercizi. Credono ciecamente che li farà stare meglio, quindi se diamo loro la consapevolezza di come dovrebbero sentirsi potrebbero ridurre o modificare ciò che stanno facendo e minimizzare gli effetti avversi.

Parte di qualunque prescrizione (tra l’altro odio questa parola se si parla di esercizio) di un programma di esercizi dovrebbe comprendere la possibilità di fare un passo indietro o progredire basandosi sul livello accordato di discomfort, affaticamento o dolore. Per questo si deve partire  punteggio da un punteggio VAS o da altre misure personalizzate.

Se un esercizio porta a dolore, o nell’immediato o dopo 24 ore, si può tornare ad un’isometrica? Oppure, se era già un’isometrica,è possibile diminuire l’intensità o la frequenza?

Se non si sta ottenendo abbastanza sovraccarico positivo, evidenziato per esempio da indolenzimento muscolare,  è possibile aumentare il peso, le serie, le ripetizioni o la modalità in cui viene svolto l’esercizio? Altri aspetti che possono dare al paziente un maggior locus of control interno.

Un’altra modalità per gestire meglio la posologia potrebbe essere il supporto via telefono o via e-mail tra un appuntamento e l’altro.


Conclusioni

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