Rizoartosi

Ecco una guida per il fisioterapista su valutazione e trattamento della rizoartrosi.

La rizoartrosi, o artrosi dell’articolazione Trapezio-Metacarpale (TM), è un processo degenerativo dell’articolazione che coinvolge cartilagine, osso subcondrale, membrana sinoviale e capsula articolare, caratterizzato da dolore articolare e compromissione funzionale. Insorge progressivamente, generalmente nella mano dominante, ma diventa col tempo bilaterale.

Al suo esordio può non provocare sintomi, in seguito la persona lamenta dolore sia durante attività lavorative particolarmente intense sia durante semplici movimenti di anteposizione e opposizione del pollice.

Segni e sintomi clinici sono, oltre al dolore, tumefazione, rigidità, limitazione funzionale, deformità ossea, sublussazione del primo metacarpo.

Radiologicamente sono presenti tutte le alterazioni tipiche dell’artrosi: riduzione della rima articolare, sclerosi subcondrale, osteofitosi e formazione di geodi.


Incidenza: chi è soggetto alla rizoartosi?

Tale patologia da sola rappresenta il 10% di tutte le localizzazioni artrosiche: è la più frequente dopo l’artrosi dell’anca, del ginocchio e della colonna vertebrale; colpisce generalmente i soggetti con età superiore ai 55 anni, principalmente donne in età peri-menopausa.

Traumi pregressi (fratture, distorsioni, ecc.) e attività lavorative a forte impegno manuale possono aumentare le possibilità di sviluppare questa patologia.


Eziopatogenesi e fattori di rischio

L’eziologia è ignota, pertanto si protende per una spiegazione multifattoriale. In un’articolazione sana, l’equilibrio articolare è dato da un carico normale esercitato su una cartilagine sana: tutti i fattori che modificano questo equilibrio sono considerati fattori di rischio:

  • Età: la frequenza della malattia aumenta con l’avanzare dell’età. Le modificazioni della cartilagine senile e del pH del liquido sinoviale comportano una perdita di elasticità e di resistenza alle sollecitazioni, e favoriscono l’azione lesiva di altri fattori; inoltre l’età aumenta il rischio di sviluppare osteoartrosi in quanto riflette la durata nel tempo dell’esposizione del soggetto ai fattori di rischio modificabili: negli anni si sommano gli effetti dannosi.
  • Sesso: dopo i 55 anni la patologia è più comune nelle donne, con un rapporto uomo-donna di 2:10. L’insorgenza della malattia è correlata al periodo peri-menopausa, probabilmente per il ruolo che gli ormoni giocano in questa patologia; inoltre è probabile che la maggior lassità femminile ed i lavori manuali femminili (cucire, cucinare, …) concorrano ad aumentare la probabilità di insorgenza di rizoartrosi nelle donne.
  • Fattori genetici, metabolici o endocrini: alcune malattie ereditarie (emocromatosi, condrocalcinosi familiare, difetti ereditari nella produzione di collagene, sindrome di Marfan, ocronosi, …) compromettono il metabolismo o la funzione articolare, generando così artrosi secondaria.
  • Anche alterazioni metaboliche o ormonali (dislipidemie, carenza di estrogeni come nel periodo peri-menopausa, …) concorrono all’insorgenza di artrosi per le ripercussioni che comportano sul tessuto articolare.
  • Traumi articolari: l’artrosi può essere manifestazione secondaria di un trauma articolare con alterazioni dei capi ossei o con semplice contusione sulla cartilagine, senza necessaria frattura: si determinano un’alterata distribuzione delle sollecitazioni meccaniche sulla superficie articolare, e un’incongruenza e instabilità dei capi articolari, tutti fattori che generano un’artrosi per via indiretta.
  • Stress ripetitivi: sollecitazioni continue, soprattutto in lavori che vedono l’uso di prese fini in adduzione, comportano microtraumi articolari che, sommandosi nel tempo, determinano un’usura precoce dei tessuti articolari, dalla cartilagine ai legamenti; mentre la presa di oggetti grossi richiede un’abduzione-opposizione del pollice che centra il I metacarpo sulla sella del trapezio, stabilizzando così l’articolazione, la presa di oggetti fini favorisce la sublussazione della base del I metacarpo. L’artrosi è considerata una malattia professionale in alcuni tipi di lavori che costringono il soggetto a posture fisse o lavori ripetitivi.
  • Difetti congeniti o di sviluppo: la rizoartrosi è condizionata sia da certe forme di ipoplasia, sia dalle variazioni anatomiche ossee, legamentose e muscolo-tendinee.
  • Pregresse malattie infiammatorie articolari: soprattutto artrite reumatoide, artriti sieronegative, artriti da microcristalli.

Patofisiologia

La rizoartosi è caratterizata da una progressiva perdita della cartilagine articolare, seguita da una alterazione dell’osso subcondrale, sinovia, legamenti, componenti neuro-muscolari di supporto, cartilagine.

Le alterazioni morfologiche più evidenti si osservano nelle aree della cartilagine articolare sottoposte a maggior carico. Negli stadi precoci la cartilagine è più spessa del normale, ma con il progredire della malattia essa si assottiglia e va incontro a rammollimento, con conseguente alterazione dell’integrità della superficie cartilaginea per la comparsa di fessurazioni verticali; possono così svilupparsi profonde ulcere cartilaginee che si estendono all’osso sottostante. Le zone di cartilagine distrutte possono essere riparate da tessuto fibrocartilagineo.

Altre caratteristiche sono rappresentate dal rimodellamento e dall’ipertrofia cartilaginea. L’accrescimento della cartilagine e dell’osso lungo i margini articolari comporta la formazione di osteofiti che alterano il profilo dell’articolazione e possono limitare la funzionalità articolare.

Si verificano inoltre un ispessimento della capsula articolare e l’atrofia dei muscoli peri-articolari.


Diagnosi

La diagnosi di rizoartosi è data dall’analisi di segni e sintomi caratteristici della patologia e determinati aspetti radiologici.

Segni e sintomi

Il primo sintomo di rizoartrosi è il dolore nei movimenti che richiedono la presa di un oggetto con il pollice e le altre dita, come aprire un barattolo, girare una chiave nella toppa, aprire lo sportello della macchina.

Successivamente compare dolore, tumefazione e limitazione funzionale nello svolgimento delle comuni attività della vita quotidiana, e, negli stadi avanzati, ipotrofia muscolare, riduzione della motilità e deformità ossea (“mano quadrata”).

talvolta sono presenti scrosci o crepitii legati allo sfregamento delle superfici articolari.

All’esame obiettivo possono essere rilevati segni di dolorabilità locale alla pressione, e tumefazione ossea o delle parti molli periarticolari.

I sintomi compaiono di norma qualche tempo dopo le iniziali alterazioni anatomo-patologiche della cartilagine.

Aspetti radiologici

Radiologicamente si osservano, nelle fasi iniziali, riduzione della rima articolare, iniziale sublussazione del primo metacarpo, formazione di pseudo-cisti e osteofiti ai margini laterali delle due superfici ossee; nelle fasi più avanzate, si osservano sclerosi dell’osso subcondrale nelle zone sottoposte a carico, zone di rarefazione, presenza di geodi fino alla riduzione in altezza del trapezio, sublussazione del primo metacarpo; talvolta piccole erosioni. L’osteoartrosi è spesso diagnosticata per l’alta frequenza di alterazioni radiologiche in soggetti asintomatici.

Stadiazione

La classificazione più utilizzata a livello internazionale è quella di Eaton e Littler (1973) che individua quattro stadi di avanzamento della malattia:

  • Stadio 1: non vi è ancora una degenerazione cartilaginea; è presente un allargamento dello spazio articolare, e la sublussazione articolare è inferiore a 1/3 della larghezza della rima articolare.
  • Stadio 2: i contorni articolari sono normali, lo spazio articolare è ristretto, e la sublussazione articolare è uguale a 1/3; sono presenti osteofiti di diametro inferiore a 2 mm.
  • Stadio 3: si notano la scomparsa della rima articolare e la sclerosi dell’osso subcondrale, con degenerazioni cistiche; la sublussazione articolare è superiore a 1/3, gli osteofiti presentano un diametro maggiore di 2 mm; il soggetto presenta una modesta limitazione articolare.
  • Stadio 4: oltre alle alterazioni presenti nello stadio 3, sono presenti anche sclerosi dell’osso subcondrale e una compromissione dell’articolazione navicolo-trapezoidea; la sublussazione articolare è maggiore rispetto a quella dello stadio 3, e la limitazione articolare più grave.

Trattamento

Trattamento conservativo

La prima proposta terapeutica per le persone affette da rizoartrosi nello stadio I e II secondo la classificazione di Eaton e Littler, è sempre di tipo conservativo: viene proposto un programma di trattamento che prevede:

  • riposo
  • educazione ad una corretta economia articolare: trovare le giuste strategie e accorgimenti per gestire la propria patologia nelle attività della vita quotidiana.
  • applicazione di agenti fisici: come paraffino terapia e bagni di calore: utilizzati  per gli effetti antalgici, miorilassanti, decontratturanti e facilitanti l’estensibilità del tessuto connettivo e la mobilità articolare. Inoltre, il calore stimola la circolazione ematica anche a livello dei tessuti profondi, sollecitando così i processi metabolici della cartilagine. Possono essere utilizzati anche gli ultrasuoni, che favoriscono il riassorbimento dell’edema, aumentano l’elasticità del collagene, diminuiscono la rigidità articolare, riducono lo spasmo muscolare ed esplicano un effetto antalgico
  • uso di tutori statici: con l’obiettivo di stabilizzare o immobilizzare l’articolazione trapezio-metacarpale, così da prevenire o correggere le deformità delle strutture anatomiche e favorire la riduzione della sintomatologia dolorosa. Il tutore può essere di due tipi, a riposo o funzionale, in modo da permettere all’articolazione trapezio-metacarpale di mantenere una posizione corretta sia a riposo che durante le attività quotidiane
  • rinforzo della muscolatura tenare
  • fisioterapia mirata a una vera e propria rieducazione della mano artrosica, in modo da garantirne la funzione prensile e la forza, senza sovraccaricare eccessivamente le articolazioni.
  • terapia farmacologica: è una terapia solo sintomatica, che prevede l’utilizzo di FANS, condroprotettori o infiltrazioni locali.

Il trattamento è individualizzato per ogni persona: deve tenere conto dell’età, delle esigenze funzionali (lavoro o attività quotidiane svolte), dello stadio della malattia e delle condizioni globali, della collaborazione del soggetto.

Gli obiettivi primari che il terapista deve cercare di soddisfare mediante il trattamento riabilitativo sono:

  • riduzione del dolore e della limitazione funzionale;
  • riduzione della tumefazione trapezio-metacarpale;
  • prevenzione delle contratture in adduzione;
  • prevenzione della deformità;
  • ripristino della forza muscolare e della biomeccanica corretta.

Trattamento chirurgico

Chi si opera?

  • Stadio II Instabilità preartrosica, per evitare evoluzione successiva (infrequente)
  • Stadio III-IV Pazienti sintomatici con grave disabilità che non hanno risposto alla terapia conservativa. (frequente)

Quando la patologia artrosica, proseguendo il suo decorso, non risponde più a terapia farmacologica, fisica o chinesiterapia, o quando il quadro è piuttosto invalidante sia per il dolore incessante che per la limitazione funzionale, diventa risolutiva la chirurgia ortopedica.

La scelta dell’intervento da eseguire deve essere ragionata per ogni paziente, in base alla gravità del quadro, all’estensione dell’artrosi, all’età del soggetto e alle sue esigenze funzionali.

Nei pazienti in cui non vi sono gravi deformità articolari è spesso sufficiente eseguire interventi di ricostruzione legamentosa (legamento-plastica); si tratta di interventi poco invasivi, con i quali è possibile conservare l’integrità articolare.

In caso di danni articolari gravi è necessario ricorrere ad interventi di sostituzione articolare con una protesi o ad interventi di fusione articolare (artrodesi).

Protesi

L’intervento consiste nell’asportare il trapezio (trapeziectomia) e sostituire interamente le superfici articolari usurate mediante protesi utilizzando diversi materiali: fra queste le più comuni sono le protesi in silicone (inserito come distanziatore fra i due capi articolari) e le protesi metalliche (costituite da materiali biocompatibili a basso attrito).

La protesi è indicata nelle persone che non effettuano attività manuali pesanti, infatti con questa soluzione si riduce la forza di presa: dopo inserimento di una protesi, l’articolazione va preservata da eccessivi sforzi. Generalmente si usa in pazienti con età più avanzata o che presentano un’artrosi più estesa. Il vantaggio consiste nell’eliminare il dolore e mantenere un buon movimento articolare, recuperando così la funzione di presa del pollice.

Artrodesi

Le artrodesi sono interventi in cui i capi articolari artrosici vengono fusi, così che da due ossa articolate si venga a creare un unico segmento osseo.

Con l’operazione si perde il movimento dell’articolazione trapezio-metacarpale, mentre restano mobili tutte le altre articolazioni del pollice. Si tratta di un intervento molto valido sul dolore  ed è indicato nei pazienti che necessitano di un pollice forte e stabile: si migliora la forza di presa e discapito della mobilità.

Le ossa vengono unite tra loro con vari mezzi; uno dei più utilizzati è la cambra, una specie di graffetta inserita a ponte nelle due ossa.

L’artrodesi viene riservata ai pazienti più giovani con esigenze funzionali di forza maggiori e nelle forme di artrosi in cui le articolazioni adiacenti siano integre.

Entrambi gli interventi richiedono un periodo di immobilizzazione seguito da un periodo di riabilitazione.


Conclusioni

La rizoartrosi è una malattia cronica, con la tendenza  a un peggioramento continuo, pertanto la prognosi non può essere positiva. Nonostante ciò, l’economia articolare e la rieducazione della mano artrosica possono rallentare l’andamento della patologia. Le iniezioni intra-articolari e le terapie fisiche possono aiutare a ridurre il dolore. La fisioterapia e il trattamento con splint promettono un miglioramento a lungo termine dei sintomi clinici e della funzionalità della mano. L’intervento chirurgico è raccomandato con il peggioramento della patologia.

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