Displasia dell’anca
Ecco una guida per il fisioterapista sulla valutazione e gestione della displasia dell'anca.

La displasia dell’anca è una condizione relativamente frequente, che può causare una disabilità significativa se non adeguatamente trattata.
Il termine, in particolare, si riferisce ad una alterazione dell’allineamento tra la testa del femore e l’acetabolo, dovuto a cambiamenti nella loro forma, dimensione e orientamento. Tale deformità provoca una instabilità strutturale che porta ad un sovraccarico meccanico della rima acetabolare durante le normali attività con conseguente aumento delle sollecitazioni sulla cartilagine e, all’estremo, alla dislocazione. Se non trattata può portare a danni del labbro acetabolare, danni cartilaginei e, infine, all’artrosi.
La prevalenza negli adulti varia tra lo 0,1% e il 12,8%, e si verifica 2,76 volte più frequentemente nelle donne che negli uomini. L’incidenza è stimata tra 1 e 10 casi per ogni 1000 nati vivi (queste differenze derivano dai criteri di inclusione applicati nei diversi studi).
Tipologia di paziente
In generale, la displasia dell’anca si sviluppa in neonati sani, ma è molto comune anche nella popolazione di bambini con grave compromissione neurologica, come nel caso delle paralisi cerebrali infantili, dove è fondamentale la precoce identificazione per una adeguata gestione ortopedica e migliori outcome a lungo termine. Tali compromissioni neurologiche causano posture anomale dell’anca e un ritardo della funzione motoria come la stazione eretta o il cammino. I bambini con disturbi neurologici, a causa dell’alterato tono muscolare, hanno alta incidenza di un aumento dell’angolo cervico-diafisario e dell’antiversione femorale (Figura 1).
Si osserva la tipica coxa valga, la formazione eccentrica dell’epifisi femorale e l’apertura laterale. La cartilagine di accrescimento epifisaria tende ad allinearsi per ridurre lo stress da taglio fintantochè l’entità della forza si mantiene in un intervallo fisiologicamente sostenibile. La crescita ossea risponde allo stress compressivo distribuito simmetricamente sulle aree della cartilagine di accrescimento, pertanto l’ossificazione nell’epifisi avviene al centro della massima forza di compressione nella cartilagine. Questo spiega l’ossificazione eccentrica dell’epifisi femorale.
Patofisiologia
L’eziologia della displasia dell’anca è multifattoriale ed include fattori genetici ed ambientali.
I fattori di rischio più noti per il suo sviluppo sono:
- il sesso femminile: si stima che sia 8 volte più frequente nelle neonate femmine.
- la presentazione podalica: che può essere più probabile in caso di oligoidramnios o in caso di gravidanze multiple, poiché sembra esercitare una pressione a livello dell’anca per la posizione fetale anomala.
- l’anamnesi familiare positiva per displasia dell’anca: la letteratura descrive un aumento del rischio del 6% nel caso in cui un figlio precedentemente abbia avuto displasia dell’anca; un aumento del 12% nel caso in cui un genitore abbia avuto displasia ed un aumento fino al 36% nel caso in cui sia un genitore che un fratello abbiano storia positiva. In quest’ultimo caso si raccomanda un esame ecografico per lo screening tra la 4a e l’8a settimana di vita se il neonato appare normale all’esame obiettivo.
La displasia dell’anca è classificata in:
- Displasia teratologica: si manifesta in epoca gestazionale ed è associata ad una patologia sottostante;
- Displasia tipica: può essere congenita o insorgere durante l’infanzia in pazienti senza patologie sottostanti.
- Displasia “borderline”: presenza di displasia radiografica senza sviluppo di artrosi. Il termine è stato coniato il seguito ad ampi studi di coorte.
La stretta interazione tra la testa del femore e l’acetabolo è importante per lo sviluppo sferico della testa del femore e ne determina le dimensioni. La displasia è anche classificata, come mostrato in Tabella 1, in base agli studi TAC che descrivono le alterazioni anatomiche. Tale classificazione è utile soprattutto ai fini chirurgici.
Tabella 1 – Classificazione di Hartofilakidis
Displasia (Tipo A) | La testa del femore è all’interno dell’acetabolo nonostante una certa sublussazione; deficit della parete superiore e insufficiente profondità dell’acetabolo. |
Sublussazione (Tipo B) | La testa del femore crea un falso acetabolo superiore all’acetabolo vero; c’è una completa assenza della parete superiore ad una inadeguata profondità del vero acetabolo. |
Lussazione (Tipo C) | La testa femorale è completamente scoperta dall’acetabolo ed è migrata supero-posteriormente; c’è una completa carenza dell’acetabolo e un’eccessiva antiversione dell’acetabolo vero. |
Indici di orientamento e morfologia acetabolare
Indice acetabolare | Angolo formato da una linea orizzontale e da una linea passante per il punto più mediale della zona sclerotica del tetto acetabolare e il bordo laterale dell’acetabolo |
Rapporto profondità – larghezza acetabolare | Rapporto tra la lunghezza della profondità acetabolare (D) e l’intera lunghezza dell’apertura acetabolare laterale (A þ B) |
Indice di retroversione | Rapporto tra la lunghezza dell’apertura acetabolare retroversa (A) e l’intera lunghezza dell’apertura acetabolare laterale (A þ B) |
Segno del muro posteriore | Positivo se il bordo acetabolare posteriore è proiettato medialmente rispetto al centro dell’anca |
Segno “crossover” | Positivo se la parete anteriore è proiettata attraversa la parete posteriore |
Indici di copertura acetabolare rispetto alla testa del femore
Angolo di Wiberg | Angolo formato da una linea parallela all’asse pelvico longitudinale e da una linea che collega il centro della testa femorale con il bordo laterale dell’acetabolo |
Copertura anteriore | Percentuale della testa femorale coperta dal bordo acetabolare anteriore in direzione AP |
Copertura posteriore | Percentuale della testa femorale coperta dal bordo acetabolare posteriore in direzione AP |
Copertura cranio-caudale | La percentuale della testa femorale coperta dall’acetabolo in direzione cranio-caudale |
Indice del muro anteriore | La lunghezza della testa coperta dalla parete anteriore lungo l’asse testa-collo (a) in rapporto alla misura del raggio di la testa del femore (r) (Fig. 2B) |
Indice del muro posteriore | La lunghezza della testa coperta dalla parete posteriore lungo l’asse testa-collo (p) e dividere questa misura per il raggio di la testa del femore (r) (Fig. 2B) |
Diagnosi differenziale
Il gold standard per la diagnosiè l’ecografia nei primi mesi di vita, in quanto è una tecnica non invasiva che non prevede irradiazione e che visualizza la testa cartilaginea del femore. Data la natura evolutiva della displasia, di mese in mese possono emergere manifestazioni diverse. Nell’adulto la diagnosi è invece è basata su una combinazione di sintomi clinici e parametri radiografici grazie all’ossificazione della testa del femore, con variabilità nei criteri diagnostici.
Il criterio principale per la diagnosi di displasia è tradizionalmente l’angolo di Wiberg, o il lateral center-edge angle (LCEA), ovvero la misura radiologica della copertura della testa femorale da parte del tetto acetabolare. Vi è un consenso generale sulla classificazione della displasia sulla base dell’angolo di Wiberg nel seguente modo:
- Anca displasica: angolo di Wiberg < 20°.
- Anca normale: angolo di Wiberg > 25°.
- Anca displasica borderline: angolo di Wiberg compreso tra 20° e 25°.
Poiché la proiezione radiografica dell’angolo di Wiberg corrisponde in realtà ad una regione molto piccola della superficie acetabolare totale, la copertura del muro anteriore o posteriore non si valuta solamente con questo angolo. In caso di deficit di copertura anteriore o posteriore, l’angolo di Wiberg può sovrastimare la reale copertura tridimensionale della testa del femore nelle zone di carico.
E’ necessaria una classificazione più completa per valutare la displasia acetabolare in base alla direzione primaria dell’instabilità. La Tabella 2 mostra la classificazione di Ottawa per la displasia acetabolare sintomatica.
Tabella 2 – Classificazione di Ottawa per la displasia acetabolare sintomatica.
Classe | Risultati clinici | Risultati radiografici |
Anteriore (A) | Dolore anteriore all’ancaAggravato da: estensione + rotazione esternaFase di appoggio tardiva | Angolo di Wiberg normale (> 25°)% copertura anteriore < 15%Copertura eccessiva parete posteriore |
Posteriore (P) | Dolore anteriore e posteriore all’ancaProbabile diagnosi precedente di patologia dell’articolazione sacro-iliaca o sindrome del piriformeProbabili sintomi neurologici nella distribuzione del nervo sciaticoAggravato da: flessione + rotazione interna; salita scale/pendenza. | Angolo di Wiberg normale (> 25°)% copertura posteriore < 36%Segno della parete posterioreSegno della spina ischiaticaSegno di crossover >1 cm dal tetto acetabolare |
Laterale (L) Antero-lateralePostero-lateraleGlobale | Dolore diffuso correlato all’attivitàAffaticamento degli abduttoriSintomi da sovraccarico statico | Angolo di Wiberg < 20° o tra i 20 e 25°Ridotta copertura acetabolare anteriore o posteriore |
Grazie ai recenti progressi nel campo dell’elaborazione delle immagini e delle analisi delle radiografie della pelvi, si è coniato il termine “displasia borderline” come anticipato, che si riferisce ad un gruppo eterogeneo di varianti morfologiche dell’anca con diverse presentazioni cliniche (ad esempio instabilità e impingement femoroacetabolare). Questo termine è tuttavia ambiguo e non suggerisce adeguatamente un trattamento appropriato per il paziente sintomatico, pertanto sarà lo studio dell’anatomia dettagliata e dei sintomi da parte dell’ortopedico a stabilire il trattamento. In questa popolazione di pazienti il rischio di re-intervento è elevato.
Elementi anamnestici
Un’anamnesi mirata deve includere l’indagine dell’insorgenza dei sintomi, la durata, la localizzazione e le attività aggravanti. I segni e sintomi più comuni nell’adulto e nell’adolescente sono:
- il dolore all’inguine (groin pain) tipicamente descritto a C intorno alla piega inguinale. Il dolore laterale/posterolaterale è dovuto all’affaticamento degli abduttori, mentre il dolore anteriore è dovuto al sovraccarico della capsula o del labbro. I sintomi sono peggiori nella posizione seduta o stazione eretta prolungata.
Nel 97% dei pazienti, l’insorgenza del dolore è insidiosa. - la deambulazione con zoppia (nel 77% dei pazienti con displasia dell’anca) con segno di Trendelenburg (caduta del bacino verso il lato non affetto quando il peso è sull’arto colpito), in una percentuale minore la caduta del bacino è omolaterale in fase di stance. Gli abduttori svolgono un ruolo importante come stabilizzatori laterali dell’anca, livellando il bacino durante l’appoggio di un solo arto. Si ritiene che l’affaticamento degli abduttori sia dovuto al maggiore lavoro richiesto per stabilizzare l’anca in presenza di una copertura acetabolare carente.
Esame obiettivo e valutazione
Oltre alla valutazione dei fattori di rischio, l’esame obiettivo è fondamentale per l’individuazione della displasia dell’anca. È utile distinguere l’adulto dal bambino.
Paziente adulto:
All’esame obiettivo il range of motion è generalmente normale, anche se l’anca interessata può essere rigida in abduzione ed estensione a causa dei muscoli adduttori e flessori dell’anca tesi, o, in caso di grave sublussazione dell’anca.
Come detto, va valutato lo schema del passo per verificare la presenza di una zoppia o di un’andatura Trendelenburg. Al paziente va anche chiesto di eseguire uno stance monopodalico per valutare la presenza di un Segno di Trendelenburg. Sia l’andatura che il segno di Trendelenbug possono essere presenti nella displasia dell’anca.
Paziente pediatrico:
All’esame obiettivo si può rilevare una diversa lunghezza degli arti, lassità articolare, mentre gli altri segni clinici vengono raccolti dal test di Ortolani e Barlow, che sono considerati positivi quando si avverte un “clunk” (o instabilità) quando la testa del femore si disloca (manovra di Barlow) o quando la testa del femore di riposiziona (manovra di Ortolani). Gli scatti avvertiti durante l’esame clinico non hanno tuttavia significato clinico.
Trattamento
Il trattamento della displasia varia a seconda dell’età.
Gli obiettivi del trattamento nell’infanzia sono quelli di ottenere e mantenere una riduzione concentrica della testa femorale all’interno dell’acetabolo, preferibilmente mediante riduzione chiusa durante i primi 18 mesi di vita, quando ancora è possibile un adeguato rimodellamento acetabolare. Nonostante questi trattamenti, una parte delle anche si svilupperà ancora in modo imperfetto.
Nei neonati, ovvero prima dei 3 mesi di vita, la gestione non chirurgica con l’uso del tutore di Pavlik può essere efficace.
L’obiettivo in età giovane/adulta è quello di ottenere un’anca congruente in un acetabolo ben coperto. Nei bambini oltre i 2 anni di età e negli adulti, la displasia è trattata con riduzione aperta e osteotomia femorale o pelvica. L’osteotomia pelvica è una procedura che consente di modificare la forma e la profondità dell’acetabolo in corrispondenza dell’articolazione coxo-femorale. Sono descritte in letteratura diverse osteotomie e la scelta si basa sull’età del paziente, sul tipo e sullo stadio di displasia e sulla portata della correzione chirurgica. Tale procedura è considerata il gold-standard nel paziente con maturità scheletrica e giovane adulto.
Per le anche con alterazioni in fase avanzata ed in età più adulta/anziana, l’opzione preferibile è quella della protesi totale. Una delle complicazioni più frequenti della sostituzione totale dell’anca in pazienti con displasia dell’anca è l’instabilità, con un tasso complessivo di complicazioni riportato tra circa il 15% e il 40%, tuttavia è il trattamento per eccellenza nelle fase avanzate e nei pazienti più anziani.
La gestione non chirurgica è in genere il trattamento di prima linea per i paziente con sintomi da displasia lievi, o controindicazioni all’intervento chirurgico. Il trattamento conservativo prevede: educazione alla modifica dell’attività fisica, utilizzo di farmaci FANS, iniezioni intra-articolari ed esercizi incentrati sull’aumento della forza dei glutei e dei muscoli del core.
Prognosi
Attraverso un’adeguata prevenzione, screening, diagnosi precoce e gestione, la storia naturale del processo patologico può essere alterata per ritardare o evitare la necessità di artroprotesi.
La chirurgia pelvica eseguita nell’infanzia ha mostrato un elevato potenziale di rimodellamento. Qualsiasi intervento di chirurgia prima dei 6 anni può portare ad un recupero completo e, in età adulta, il paziente può avere una gravidanza e un parto naturale. Si è riscontrato che il 92% delle anche sottoposte a osteotomia pelvica, a 15 anni dall’intervento, hanno mantenuto i risultati.
Sebbene alcune anche immature possano risolversi spontaneamente, negli adulti la displasia non trattata può portare a modificazioni degenerative dell’anca, che è significativamente associata all’età, all’obesità e alla displasia acetabolare, ma può portare anche a instabilità, dismetria degli arti, scoliosi posturale, difficoltà nella deambulazione e lombalgia cronica.
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