Diego Ristori: la Pratica dell’EBM

Indice dell’articolo: “In letteratura c’è tutto e il contrario di tutto.” È davvero così?Uno dei problemi principali per i clinici…

diego ristori autore di FisioScience
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Ciao Diego, grazie per aver acconsentito a rispondere ad alcune domande relative all’argomento.


In letteratura c’è tutto e il contrario di tutto. È davvero così?

La questione dell’interpretazione della letteratura è complessa e necessita di basi solide circa il pensiero scientifico, le sue logiche e le sue incertezze (intese come possibilità). L’affermazione “in letteratura c’è tutto e il contrario di tutto” è spesso un’approssimazione semplicistica che nasconde la scarsa predisposizione allo sforzo di comprensione di quello che si legge. E’ come se, di fronte ad una due giorni di sole intenso di Marzo, si gridasse al “non ci sono più le mezze stagioni!”.


Uno dei problemi principali per i clinici che si approcciano al mondo della ricerca è, oltre alla carenza di concetti teorici sull’argomento, proprio la mancanza di strumenti pratici con cui “destreggiarsi” all’interno del mondo scientifico.

Qual è il primo passo essenziale per un clinico che si approccia alla ricerca, magari ricercando prove di efficacia rispetto a un intervento in fisioterapia?

In soldoni, da dove si parte?


Dentro questa domanda c’è, in parte, la risposta alla domanda di prima. Da dove si parte? Si parte dalla voglia di comprendere lo spirito critico che dovrebbe animare l’analisi di tutto quello che ci accade. Nella vita di tutti i giorni così come nei disturbi dei nostri pazienti. Prima di pensare alle risposte dovremo essere in grado di farci le domande, con presupposti e strumenti adeguati per non incorrere in “cortocircuiti logici” che sono dietro l’angolo. Situazioni spiacevoli queste che, in primis, il nostro senso di responsabilità professionale ci dovrebbe imporre di evitare.


3) La piramide delle evidenze dovrebbe fornirci una panoramica della “gerarchia delle evidenze” stesse (permettici questo termine forse improprio).

Ritieni che tale gerarchia sia un paradigma da seguire in maniera pedissequa o ci sono alcune ricerche che hanno bisogno di un disegno di studio particolare piuttosto che di altri?

La piramide delle evidenze è uno strumento valido ma semplicistico, se utilizzato da solo. E’ un tassello che ci aiuta, insieme a tanti altri, a chiarirci le idee. L’importante è conoscere più strumenti possibili da utilizzare nel cammino che va dalla formulazione di un quesito clinico alla ricerca delle sue possibili soluzioni per garantire al paziente, in scienza e coscienza, quelle che ad oggi possono essere le soluzioni migliori per lui, in quel momento di difficoltà.


4) Quali sono i rischi, anche in termini clinici, per un professionista sanitario che non conosce il mondo della ricerca e, quindi, il rigore del metodo scientifico?

I rischi sono molti. I primi due che mi vengono in mente sono: “ho sempre fatto così, e dal momento che funziona, vado avanti per la mia strada” e “tizio/caio ha trovato grande beneficio nella sua pratica nel fare questo, sono andato al suo corso, proviamo”. Cioè auto-alimentare le credenze del clinico, sottostimando gli “errori interpretativi” insiti in ogni evento che i nostri sensi processano tutti i giorni. Il rischio è quello del non scetticismo o del possibilismo acritico (chiamiamolo come vogliamo).


 5) Ultimamente, nel web, si assiste sempre di più a discussioni lunghissime con un botta e risposta di citazioni di articoli senza fine. L’essere su Pubmed ci garantisce l’affidabilità delle informazioni che leggiamo?

Ecco, questo è il rischio opposto; ma se leggiamo bene dietro le righe è un rischio dalle caratteristiche simili a quelli precedenti.
Ci si dimentica troppo facilmente che Pubmed non è il bollino di una banana. E’ prevalentemente, il motore di ricerca che ci permette di accedere alla più grande banca dati del mondo: Medline.
Se vivessimo in un mondo giusto, equo e corretto si dovrebbero pubblicare solo lavori qualitativamente decenti. Nella realtà, al netto delle domande che ci siamo posti, la sfida è quella di diventare in grado di comprendere a fondo se e quanto ci possiamo fidare di quello che leggiamo.


6) In che modo un fisioterapista potrebbe beneficiare da un corso incentrato sull’Evidence-based Medicine? In questo senso, quali sono i vantaggi da un punto di vista sia culturale-scientifico sia clinico?

 Il vantaggio, a mio avviso, è quello di insegnare a pensare in modo libero, con gli strumenti  trasversali che sono insiti al pensiero scientifico. Una libertà che proviene dall’essere critici con strumenti adeguati. Critici che non deve essere confuso con criticoni, ma solo coniugato con consapevoli. E’ un percorso culturale ancora lungo, per la nostra categoria ma per tutte le professioni sanitarie in generale, ma ne vale sicuramente la pena.