Alleanza Terapeutica: 10 consigli su come svilupparla

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alleanza terapeutica
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La sentiamo sempre come fisioterapisti e professionisti sanitari in generale, la necessità di costruire una migliore alleanza terapeutica con i nostri pazienti. Sebbene non si possa sottovalutare l’importanza di ottenerla, raramente in realtà ci viene detto come dovremmo fare nella pratica clinica.


Alleanza terapeutica: definizione

L’alleanza terapeutica è una relazione di lavoro cooperativa tra cliente e terapeuta, come l’alleanza terapeutica medico paziente, considerata da molti come un aspetto essenziale della terapia di successo. Derivato dal concetto di alleanza lavorativa psicoanalitica, l’alleanza terapeutica comprende legami, obiettivi e compiti. I legami sono costituiti dalle condizioni fondamentali della terapia, dall’atteggiamento del cliente verso il terapeuta e dallo stile di relazione del terapeuta con il cliente; gli obiettivi sono gli obiettivi della terapia reciprocamente negoziati, compresi, concordati e periodicamente rivisti mentre i compiti sono le attività svolte sia dal cliente che dal terapista.

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Mettersi allo stesso livello del paziente favorisce l’alleanza terapeutica.

Come migliorare l’alleanza terapeutica?

Di seguito sono riportati alcuni suggerimenti piuttosto utili per aiutarti a creare fan per la vita:

  1. Presentati (stringi la mano se necessario) e con un grande sorriso dì: “Buongiorno, il mio nome è… e sarò il tuo fisioterapista/medico, sentiti libero di chiamarmi…”. [in Italia può essere necessario prima dare del Lei e in seguito accordarsi per un rapporto meno formale].
    Si ha un’unica possibilità alla prima presentazione, quindi è importante guardare i tuoi pazienti negli occhi e farli sentire i benvenuti il più possibile…
  2. Pronuncia il loro nome completo. “E tu sei…, ma c’è un altro nome con cui preferiresti essere chiamato?”
    Un suggerimento può essere quello di provare a ripetere il loro nome almeno 3 volte durante la consultazione iniziale, una volta quando ti presenti, una seconda alla fine dell’esame soggettivo mentre ripeti a loro ciò che hai sentito, e una terza volta quando dici arrivederci alla fine della valutazione.
    Dicendo alcune volte i nomi dei pazienti, inconsciamente stai rendendo l’esperienza più personalizzata per lui. Perché pensi che Starbucks e Lululemon chiedano il tuo nome? L’ultima volta che ho controllato, erano aziende di successo.  
  3. Ringraziali per aver aspettato e scusati se hai tardato (riconoscilo e rispettalo). “Grazie mille per l’attesa, lo apprezzo davvero”.
    (Una volta non mi piaceva farlo perché lavorando nella sanità, le cose non possono sempre essere programmate al minuto, ma mettendo da parte il mio ego e chiedendo scusa per aver fatto aspettare le persone, ho trovato i miei pazienti molto meno ostili e più indulgenti quando sono in ritardo).
  4. Trattali come un ospite di casa presentandoli al personale della reception e facendogli vedere la clinica, “il bagno è in fondo al corridoio e alla tua sinistra, proprio qui puoi prendere un bicchiere d’acqua e di qua c’è la stanza in cui verrai trattato”.
    (Immagina se il tuo dentista o il tuo medico di famiglia facessero lo stesso, scommetto che ti sentiresti abbastanza bene quando devi vederli, sentendoti rispettato e curato).
     
  5. Siediti a un braccio di distanza dal paziente, usando sedie allo stesso livello e in diagonale tra loro.
    (Esiste infatti uno studio che mostra che la soddisfazione del paziente era maggiore quando il medico sedeva allo stesso livello del paziente, invece di sovrastarlo su una sedia o sgabello più alto).
  6. Ottieni il consenso/permesso verbale per porre domande e valutarlo fisicamente. Non dare per scontato che, visto che sono lì, sanno cosa sta per succedere. “Ti sto per fare alcune domande e poi un esame fisico per vedere come posso aiutarti, ti va bene?
    (Ciò risale alle basi del rispetto. La richiesta di permesso, dimostra rispetto alla persona che hai di fronte).
  7. Sii presente al 100%, annuisci, piegati in avanti durante l’ascolto e sii concentrato senza interrompere. Ciò è quello che si chiama Ascolto Attivo.
    (Non guardare il cellulare o scrivere furiosamente ogni parola che dicono. Fermati nel prendere appunti e ascoltali qualche minuto. Puoi sempre tornare indietro e annotare cose più tardi).  
  8. Dopo qualche minuto dell’esame soggettivo, di’: “Fammi essere sicuro di aver capito bene”. Parafrasa quello che ti hanno appena detto e alla fine chiedi “Era esatto? Mi sono perso qualcosa che ritieni importante?” .
    (Facendo un buon riassunto dei loro problemi, stai dimostrando di aver ascoltato le loro preoccupazioni e di aver compreso il loro problema principale. Al primo follow-up, in una nota a margine, faccio anche un mini riassunto dei risultati della valutazione iniziale. Ho scoperto che aiuta il paziente a concentrarsi sul perché sono qui e serve anche a me nel ricordarmi esattamente cosa sta succedendo).
  9. Per le persone con dolore persistente che non hanno risposto a trattamenti precedenti, sii schietto e chiedi: ”Quale pensi sia la causa del tuo dolore?”… molti dicono di non sapere, ma alcuni dicono “è a causa del mio disco, sono disallineato, ecc”… questo fornisce un modo chiaro per iniziare a reinquadrare le loro convinzioni sul motivo per cui hanno male.
  10. Questo deve essere fatto lentamente e con tatto… ci vuole sicuramente pratica poiché le persone hanno molto a cuore le loro convinzioni del dolore strutturaliste. Renderai ostile un paziente se screditerai immediatamente le sue convinzioni sul suo dolore. Solo un sorso di neuroscienza del dolore, non una tazza intera.
     
  11. Alla fine del tuo riassunto chiedi loro “c’è qualche altra informazione importante su di te che dovrei sapere?
    (Questo dà ai pazienti e la possibilità di aggiungere qualcosa su se stessi… possono dire che sono stressati a casa con 3 bambini o che se la passano terribilmente al lavoro. Queste sono enormi informazioni che, purtroppo, influenzeranno i risultati del trattamento).  
  12. Ovviamente dobbiamo prendere nota in cartella, quindi quando appropriato ottenere l’autorizzazione e chiedere “Posso prendere un momento per scrivere questo?”. Ogni volta che chiedi il consenso stai dando potere al paziente, è un segno di rispetto e in cambio loro ti rispetteranno di più!

Credit to: Trust me-ed.com.


Corsi sui fattori contestuali in fisioterapia

Abbiamo il piacere di organizzare a Roma un corso sugli effetti contestuali in fisioterapia. Docente sarà Giacomo Rossettini, che ha conseguito un dottorato di ricerca su effetti placebo e nocebo. Sarà un’occasione per approfondire meglio l’effetto del contesto sulla relazione terapeutica e sugli outcome di un trattamento.