La psicoterapia cognitiva e comportamentale nel dolore cronico: dall’assessment al progetto terapeutico

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Il dolore cronico è un’esperienza complessa e multidimensionale (creata dall’interazione di componenti cognitive, motivazionali, affettive e sensoriali), in cui i fattori psicologici personali giocano un ruolo rilevante nell’espressione e nel mantenimento del dolore stesso (Zanus et al., 2008).

Per il processo di valutazione della persona con dolore cronico è fondamentale assumere una visione globale al problema algico, integrando i fattori biologici  e quelli soggettivi, per permettere una corretta impostazione diagnostica e terapeutica. In un’ottica bio-psico-sociale, oltre alla mera indagine diagnostica sullo specifico stimolo nocivo, si pone quindi l’attenzione ai comportamenti, alle variabili culturali, alle risposte e agli stati emotivi che influenzano il dolore (Zanus, 2008).

Nella fase valutativa si conduce un assessment secondo la logica ad escludendum, per indagare e misurare il fenomeno dolore all’interno del profilo psicologico del paziente, attraverso un processo di selezione ed esclusione di ipotesi. L’assessment viene condotto con colloqui clinici e strumenti psicodiagnostici, volti ad esplorare la natura e l’entità dei fattori psicologici e comportamentali che contribuiscono al dolore, in modo da predisporre interventi terapeutici efficaci ed il più possibile duraturi. Attraverso metodiche standardizzate (test, questionari, schede) vengono inoltre raccolti parametri utili e attendibili per l’efficacia terapeutica. In questa fase preliminare vengono altresì esplorati la rete dei rapporti interpersonali del paziente e il ruolo che il dolore ricopre nella sua quotidianità (ad esempio dolore come possibilità di vantaggi secondari o di rinforzi dalla famiglia).

Si ottiene così un profilo multidominio: dominio psicofisiologico, dominio del comportamento  (i pain behaviors) e  dominio  cognitivo (convinzioni, aspettative, stile attribuzionale, organizzazione cognitiva).

Sebbene il dolore possa essere inizialmente determinato da una patologia organica, esso è mantenuto ed aggravato da una varietà di fattori correlati all’apprendimento, al rinforzo, ai vantaggi secondari, ai fattori familiari, sociali, cognitivi e di personalità. Modificando questi fattori, è possibile ottenere un effetto significativo sulla qualità e l’intensità del dolore esperito soggettivamente.

I programmi di intervento psicologico di tipo cognitivo-comportamentale mirano quindi all’apprendimento da parte del paziente di strategie di autocontrollo e ristrutturazione cognitiva, con lo scopo di alleviare e tollerare il dolore e riprendere quelle attività che il dolore limitava o impediva. Molto spesso tali programmi includono l’intervento attivo dei caregivers, che vengono aiutati a modificare atteggiamenti, convinzioni e modalità comportamentali nei confronti del familiare attraverso specifici training. Nel trattamento cognitivo-comportamentale (CBT) è richiesta la partecipazione attiva del paziente (seguire schemi concordati, compilazione di diari del dolore, modificazione di alcuni aspetti comportamentali, ecc.). E’ necessario quindi raggiungere un clima di fiducia e di cooperazione, condividendo il maggior numero di informazioni.

L’obiettivo terapeutico del trattamento cognitivo-comportamentale, come sottolineano gli Autori Turk e Meichenbaum (1989) non è principalmente l’eliminazione del dolore, ma aiutare chi soffre di dolore cronico a vivere in modo più soddisfacente nonostante la presenza del disagio. La terapia CBT si prefigge di insegnare al paziente nuove risposte cognitive e comportamentali al dolore, per aumentare il controllo soggettivo sul dolore e sulla capacità di ridurre le emozioni, i pensieri e i giudizi “irrazionali” su di esso. È importante che i pazienti apprendano una nuova concettualizzazione del dolore, spostando l’interesse da un modello di controllo prettamente sensitivo-fisiologico al modello cognitivo-emozionale (Zanus 2008).

Si interviene perciò sulle strutture cognitive (errori cognitivi di catastrofizzazione, ipergeneralizzazione, astrazione selettiva, pensieri  di scoraggiamento) in quanto condizionano ampiamente le sequenze successive della percezione del dolore.

Una parte del percorso terapeutico viene dedicata all’apprendimento di tecniche di rilassamento e di controllo dello stress (ad esempio con il Rilassamento Muscolare Progressivo, con la Respirazione Diaframmatica Controllata, con il Biofeedback e con la Mindfulness), dando modo ai pazienti di conoscere profondamente il proprio dolore, avendo dominio delle proprie sensazioni e delle proprie capacità di modulazione. Nel programma terapeutico multidisciplinare possono essere inclusi la riduzione dei sedativi e analgesici, l’attività fisica, lo sviluppo di abilità, la preparazione alla ripresa del lavoro, l’educazione circa l’anatomia umana, la fisiologia e la psicologia del dolore, nonché l’eventuale risoluzione di conflitti con famiglia e lavoro. Infine, si concordano strategie per l’acquisizione, il mantenimento e generalizzazione delle abilità e strategie per la prevenzione delle ricadute.


Suggerimenti pratici nella gestione del dolore cronico

Nella gestione del paziente con dolore cronico è fondamentale instaurare una buona relazione terapeutica per procedere insieme lungo il percorso riabilitativo. Di seguito, alcuni suggerimenti ed esempi di dialoghi, da utilizzare come spunto per rielaborare una restituzione più personale e centrata sul paziente.

Riconcettualizzazione del dolore: è essenziale fornire spiegazioni sulla natura e sull’espressione del dolore provato dai pazienti. In particolare, è fondamentale far comprendere la complessità e la multidimensionalità del loro dolore,  in quanto insieme di cause biologiche, socio-culturali, comportamentali, genetiche e ambientali (su molte delle quali è possibile intervenire). Attraverso la explain pain si accompagna il paziente a riflettere sul suo dolore alla luce delle nuove informazioni acquisite. Si promuove inoltre la ricerca di comportamenti e schemi motori maladattivi che contribuiscono alla persistenza del dolore.  Si presume che accurate informazioni circa il proprio stato doloroso, rendano le aspettative del paziente più adeguate rispetto alle reali conseguenze ed inoltre permettano di tollerare meglio gli stimoli dolorosi.

Fisioterapista: oggi Mario, vorrei condividere con Lei alcune informazioni sul dolore che prova. Ciò che sente non ha un’unica causa, ma è una interazione tra tanti fattori. […] Ad esempio può percepirlo diversamente in base allo stato emotivo in cui si trova o può modificarsi in base ad alcune abitudini che ha assunto negli anni. Anche il pensiero “negativo” lo condiziona, ad esempio scoraggiandola e limitando alcune delle attività che prima erano consuete. Ripensando alla sua quotidianità e alle informazioni che le ho dato sul dolore, le viene in mente come la sua vita è stata modificata dal dolore e come lei successivamente abbia cambiato delle abitudini o dei modi di pensare?

Condivisione di obiettivi: definire gli obiettivi terapeutici con il paziente, stimolando in lui la ricerca di soluzioni funzionali. Stipulare insieme un vero e proprio accordo in cui terapeuta e paziente seguono insieme gli obiettivi concordati, monitorano l’andamento della terapia e discutono delle strategie utilizzate.  Il coinvolgimento del paziente in un programma riabilitativo graduale passa attraverso la sua responsabilizzazione attiva.

F: Lei, Mario, mi ha detto che questo dolore la accompagna da molto tempo e che è stanco di questa situazione faticosa. Vorrei fare con Lei una lista chiara degli obiettivi da raggiungere insieme, in modo da controllare l’andamento nelle prossime settimane e andare nella giusta direzione. Come tutti i cambiamenti però, ci vorrà del tempo ed impegno da parte sua per raggiungere i traguardi decisi insieme. […] Lei cosa desidera? Ci sono delle attività che ha abbandonato a causa del dolore che invece vorrebbe tornare a fare? Cosa farebbe se non sentisse dolore?[..]. Ripensando al passato, come ha gestito il suo dolore? Ha usato delle strategie? Hanno funzionato? Hanno avuto delle ripercussioni negative che l’hanno ostacolata? Le usa ancora? Quali altre soluzioni potrebbe trovare per gestire questa sofferenza? […]

Aumento dell’autoefficacia: Durante tutta la durata del trattamento si cerca di favorire e potenziare i pensieri e i sentimenti positivi del paziente, in quanto influenzano l’adattamento emotivo e l’aderenza agli interventi terapeutici. Nel trattamento del dolore, le aspettative sono in grado di influenzare le modalità di scelta e il mantenimento delle strategie di coping adottate. I pazienti ad esempio che percepiscono se stessi come maggiormente efficaci hanno più probabilità di iniziare e persistere nell’uso delle strategie di coping, ottenendo i risultati ottenuti. È utile perciò rinforzare positivamente i comportamenti e le strategie che il paziente mette in atto,  lodando i compiti portati a termine e l’impegno profuso.

F: Mario come sono andati gli esercizi che le ho dato settimana scorsa? […].

M: è andata così così, li ho fatti praticamente tutti ma il dolore non è ancora sparito.

F: oh molto bene Mario, sono molto contento che sia riuscito a fare gli esercizi che avevamo concordato! Questo è il giusto modo per raggiungere i traguardi che avevamo stabilito. Come si è sentito mentre riusciva a svolgere quegli esercizi? E al termine? Come si sente nell’essere riuscito a fare un’attività che pensava impossibile? […]

Ripresa autonomie: Sul piano comportamentale è altresì utile raggiungere un miglioramento della strutturazione della giornata, promuovendo un aumento della qualità di vita malgrado la presenza di dolori persistenti.

F: Mario mi racconti un po’ come trascorre la sua giornata tipo.

M: non faccio tante cose, ho sempre questo dolore persistente che mi costringe a letto per la maggior parte del tempo purtroppo. Mi alzo solo per i pasti principali o per leggere un giornale che mi porta mia figlia ogni tanto.

F: Capisco, deve essere proprio faticoso. Cosa ne dice se questa settimana aggiungessimo un impegno fisso nella sua routine? Cosa le piacerebbe fare? Ad esempio, potrebbe scendere in cortile tutti i giorni alle 10 a prendersi una bella boccata d’aria e comprare il giornale in edicola. Cosa ne dice? Le vengono in mente altre idee? Potrebbe annotarle su un foglio, così la prossima settimana ne discutiamo insieme […].

Lavoro di squadra: è indispensabile un approccio multidisciplinare al dolore cronico, che permetta di affrontare il problema dai vari ambiti in cui si manifesta. In questo modo, è possibile creare un programma di trattamento basato sul singolo, attraverso il coinvolgimento di più specialisti.

F: Lei mi ha detto che sono stato il primo professionista al quale ha richiesto un parere ed un aiuto tecnico. Come già le avevo accennato, il dolore cronico è però un problema complesso e con varie sfaccettature. Per raggiungere al meglio i traguardi e gli obiettivi che ci siamo prefissati, le consiglio tuttavia di far riferimento anche ad altre figure del settore, in modo da affrontare il problema dai vari punti di vista e non trascurare nessun aspetto. Conosce già degli esperti in questo settore? Solitamente l’equipe che si occupa del dolore cronico è formata da medici ( anestesisti, neurologi, fisiatri, ecc.), da psicologi e fisioterapisti […].