Posturologia Clinica: funziona?

La posturologia clinica è la scienza che studia la postura e le sue correlazioni con vari disturbi muscolo-scheletrici. Ma funziona?

posturologia clinica
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Negli ultimi anni si sta assistendo ad un forte interesse nello studio della postura da parte di medici e professionisti sanitari anche tramite master erogati da enti privati e università in posturologia clinica.

Ma cosa si intende per postura? La postura è l’interazione e l’integrazione di informazioni che provengono dal sistema vestibolare, sistema oculare e sistema somatosensoriale [1,2]. Il suo completo sviluppo avviene intorno agli 11 anni e rimane stabile fino ai 65 anni di età circa [2]. Il termine postura indica la posizione del corpo nello spazio ed ha il compito di mantenere l’equilibrio dinamico e statico. Esso è influenzato da fattori neurofisiologici, biomeccanici e psicoemotivi [1,2].

Uno dei primi studiosi che affronto lo studio della postura fu Charles Bell che si domandò:

“Come fa un uomo a sostenere una postura eretta o inclinata contro il vento che soffia contro di lui [3]?”

Da questa domanda è sorta una crescente attenzione da parte di studiosi e ricercatori volti ad approfondire i meccanismi che sottendono al controllo posturale dando vita alla scienza che studia la postura, ovvero la posturologia clinica.


Cos’è la posturologia clinica?

La posturologia clinica è la scienza che studia la postura e le sue correlazioni con vari disturbi muscolo-scheletrici come cefalee, disordini temporo-mandibolari, problematiche odontoiatriche, dolori muscolo-scheletrici cronici [2].

L’orientamento posturale comporta l’allineamento attivo del tronco e della testa rispetto alla linea di gravità, alla base di appoggio, al contorno visivo e ai riferimenti interni. Le informazioni sensoriali provenienti dai sistemi somatosensoriali, vestibolari e visivi sono integrate e i relativi pesi posti su ciascuno di questi dati di input dipendono dagli obiettivi del compito motorio e dal contesto ambientale [1,2]. L’equilibrio posturale implica il coordinamento delle strategie di movimento per stabilizzare il centro della massa corporea durante le perturbazioni della stabilità sia auto-iniziate che indotte dall’esterno. Pertanto, la strategia di risposta specifica selezionata dipende non solo dalle caratteristiche dello spostamento posturale esterno, ma anche dalle aspettative individuali, dagli obiettivi e dalle esperienze precedenti [1,2].

La posturologia clinica permette di valutare visivamente attraverso analisi cliniche il corpo nello spazio sul piano frontale, sul piano sagittale e sul piano trasversale. Per tale analisi vengono in aiuto molti strumenti che, inizialmente erano bidimensionali ma con il passare del tempo sono diventati tridimensionali come la stabilometria, la spinometria, dispositivi elettronici come gli smartphone o sensori indossabili come i motion capture [4,5,6,7].

La principale tecnica diagnostica utilizzata in posturologia è la stabilometria, un apparato utilizzato per la valutazione dei disturbi dell’equilibrio, basato sulla traduzione delle oscillazioni meccaniche del gravicentrum fisiologico umano in segnali elettrici, che vengono amplificati, registrati e analizzati. Il paziente viene fatto stare in piedi su una pedana baropodometrica, ed è invitato ad assumere diverse posizioni. Analizzando queste posizioni con metodi speciali, si misura la stabilità della postura. Negli ultimi anni viene utilizzata una nuova e moderna tecnica chiamata spinometria. La spinometria digitale è un apparato per il rilevamento ottico in tre dimensioni (3D) della morfologia del tronco, basato sul principio della rasterografia (griglie a strisce luminose) abbinato ad algoritmi di triangolazione [2].


La Posturologia Clinica funziona? Vediamo cosa dicono gli studi

La posturologia clinica ha l’obiettivo di identificare con estrema precisione la causa sottostante una determinata disfunzione muscolo-scheletrica ma ad oggi la letteratura scientifica è in dibattito sull’utilità clinica.

La revisione sistematica di Simpson ha analizzato dei dispositivi di controllo posturale indossabili e, nonostante essi abbiano un potenziale utilizzo clinico, rimane cruciale la mancanza della loro convalida. Infatti, la maggior parte degli articoli nella revisione proponeva esclusivamente progetti di prototipi o conduceva verifiche preliminari di dispositivi utilizzando campioni molto piccoli monitorati in un lasso di periodo breve. Si conclude che saranno necessari studi di durata più ampia e campioni più grandi per stabilire la loro validità [7].

Numerosi studi hanno tentato di stabilire criteri (es. posizione dei sensori, le variabili più utili per valutare il rischio di caduta, modelli di classificazione) per identificare le persone ad alto rischio di caduta utilizzando sensori indossabili. Questo problema è stato studiato da un team internazionale nella rete ProFaNE (Prevention of Falls Network Europe), che faceva parte di un progetto più ampio, “STate of the Art Robot-Supported assessments” o STARS; tuttavia non è stato stabilito alcun consenso sui parametri più utili per valutare obiettivamente il rischio di caduta [5].

La revisione sistematica di Barrett documenta l’analisi di 15 metodi non invasivi per misurare il grado di cifosi toracica. I risultati minano la validità metodologica, infatti i dispositivi a contatto con la pelle seguono la linea dei processi spinosi e non quella dei corpi vertebrali, come si misura in radiografia. Inoltre, la distribuzione variabile del tessuto adiposo sovrastante la colonna vertebrale mette in dubbio l’accuratezza ottenuta.  Altre cause che potevano abbassare i punteggi di validità includevano una palpazione del punto di riferimento errata, un errore di misura nel calcolo dell’angolo di Cobb e un malfunzionamento del dispositivo [4].

La revisione sistematica con meta-analisi di Reutimann mostra come ci siano delle incongruenze metodologiche durante la posturografia statica bipede che non riesce a comparare e standardizzare una procedura di esame. Comuni discrepanze che rendono difficile la standardizzazione sono: il posizionamento dei piedi, la valutazione posturale a occhi chiusi e aperti, il tempo che si impiega per compiere l’esame, l’utilizzo o meno di calzature che possono ridurre il controllo posturale, l’età demografica e il livello di attività dei partecipanti [8].


Conclusione

Alla luce degli studi presenti in letteratura la posturologia clinica incontra molte difficoltà nel valutare il baricentro attraverso le varie valutazioni che esistono e sono comunemente adottate. Risulta per cui difficile correlare per esempio un miglioramento di una disfunzione temporo-mandibolare con un miglioramento della postura, proprio per la mancanza della validità e affidabilità che gli strumenti hanno [9,10,11].

Occorre cercare di implementare la ricerca in questo senso per poter parlare in maniera più affidabile di posturologia clinica e proporre questo approccio ai pazienti.