Segno di Babinski

Una guida su tutto quello che un fisioterapista dovrebbe sapere sul Segno di Babinski.

segno di babinski cover
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Il segno di Babinski si elicita attraverso un test che viene maggiormente utilizzato in ambito neurologico, fu descritto per la prima volta nel 1896 da un neurologo francese di nome Joseph Jules Francois Felix Babinski, di origini polacche.

Il segno di Babinski consiste nell’estensione delle dita del piede a seguito di una stimolazione della fascia plantare. Proprio per questo motivo fu inizialmente chiamato come “phénomène des orteils” cioè “fenomeno delle dita dei piedi”. Ad oggi è descritto in letteratura come il segno di Babinski, riflesso di babinski o riflesso cutaneo plantare (plantar reflex). Talmente la sua importanza che tra i neurologi è stato istituito il seguente detto: “non puoi dichiarare di aver completato il tuo percorso da neurologo se non sei in grado di elicitare il segno di Babinski”.


Cos’è il segno di Babinski?

Il segno di Babinski rilevato attraverso l’utilizzo del test di Babinski è uno dei segni clinici più importanti in medicina, viene utilizzato migliaia di volte al giorno e soprattutto in ambito neurologico. Nel campo della fisioterapia rientra nella grande branca dello screening for referal e cioè la capacità del clinico di individuare quei segni e sintomi “red flags” che possono far pensare alla presenza di una patologia di competenza medica che mima un disturbo muscolo scheletrico. Il fisioterapista specializzato in ambito muscoloscheletrico, che lavora in accesso diretto, ha l’obbligo di essere in grado di riconoscere queste bandiere rosse in modo da indirizzare il paziente verso lo specialista di riferimento e non nuocere alla sua salute “primum non nocere”. In questo caso specifico un segno di di Babinski positivo può far pensare ad una loss of function a livello del primo motoneurone e/o un danno a livello cortico-spinale e una disfunzione del tratto piramidale (PTD pyramidal tract dysfunction). Un esempio che può capitare in pazienti che si recano dal fisioterapista è una possibile mielopatia cervicale.

È stato dimostrato che il segno Babinski ha una specificità molto elevata (99%) e una bassa sensibilità (51%) con intervalli di confidenza affidabili. È stato trovato un rapporto di verosimiglianza positiva (LR +) più alto nei pazienti con mielopatia cervicale.

Come distinguere un riflesso fisiologico da uno patologico?

Il riflesso normale e perciò un segno di Babinski negativo, a seguito della stimolazione della fascia plantare, consiste in una flessione dell’alluce oppure nessun tipo di risposta allo stimolo mentre un riflesso patologico e perciò un segno di babinski positivo consiste in un’estensione dell’alluce seguita dell’estensione delle dita a ventaglio

Questo riflesso è presente nel neonato (quante volte abbiamo provato ad elicitarlo per gioco oppure lo specialista pediatrico in visita) e scompare con la crescita per via della maturazione delle vie del motoneurone superiore.


Come valutare il riflesso di Babinski?

Da come viene descritta la valutazione del segno di Babinski sembra essere semplice ma in pratica clinica non lo è.

Per la valutazione del riflesso di Babinski si può utilizzare un oggetto con punta smussata (alcuni autori hanno descritto la possibilità di utilizzare come strumentazione una chiave dell’auto) ed andare a stimolare la fascia del piede del paziente partendo lateralmente al calcagno andando poi verso l’alto medialmente arrivando in corrispondenza delle metatarso falangee dal quinto al primo dito. 

Leggendo queste righe il primo pensiero potrebbe essere: “non mi sembra cosi complicato”, ma la difficoltà sta nel fatto che la manovra deve essere eseguita abbastanza velocemente e che il riflesso con le continue stimolazioni tende a scomparire. Inoltre, fortunatamente è un segno che nell’adulto non è comunemente visibile come i riflessi osteotendinei se non in quei pazienti dove è presente un’effettiva patologia specifica.

Come è stato detto in precedenza una risposta positiva al test avviene con un’estensione dell’alluce seguito da un’apertura a ventaglio delle dita del piede, è importante ricordare che questo segno tende a scomparire a seguito delle successive stimolazioni, perciò, è importante eseguirlo in maniera adeguata fin da subito.

In ambito fisioterapico è importante somministrare tale test, in presenza di un’anamnesi cooerente, per escludere problematiche di non nostra competenza, può essere associato ad altri test come il segno del clono, il test di hoffmann, l’inverted supinator sign e la valutazione dei riflessi osteotendinei. 


Patologia

Le patologie in cui è presente il segno di Babinski sono diverse e coinvolgono il tratto cortico-spinale ed il primo motoneurone.

In particolare, parliamo della mielopatia cervicale con cui entriamo a contatto più frequentemente:  

La mielopatia cervicale degenerativa comprende una raccolta di condizioni patologiche che si traducono in una progressiva disfunzione del midollo spinale secondaria alla compressione del midollo. Sono maggiormente soggetti gli uomini rispetto alle donne con un’età che si aggira intorno ai 64 anni, l’incidenza esatta non è chiara a causa delle differenze di terminologia e perché i risultati radiografici possono essere presenti anche in individui asintomatici. 

Le informazioni che vengono raccolte in sede di valutazione e di esame fisico includono dolore o rigidità al collo, un’andatura atassica ad ampia base, parestesia alle estremità superiori o inferiori, debolezza degli arti inferiori, diminuzione della destrezza della mano, iperreflessia, clonus, segno di Babinski e disfunzione intestinale o della vescica in condizioni di malattia grave. Per far si che venga data la diagnosi di mielopatia cervicale è necessario che questi sintomi siano coerenti con i reperti dell’imaging. Il gold standard sembrerebbe essere la risonanza magnetica della colonna cervicale con e senza mezzi di contrasto, mentre la tomografia computerizzata della colonna cervicale, la mielografia computerizzata e la radiografia semplice sono utili in determinate situazioni. 

Le alterazioni a carico delle vertebre, dei dischi intervertebrali e di altre articolazioni della colonna vertebrale possono provocare mielopatia cervicale. L’ipertrofia e l’ossificazione del legamento longitudinale posteriore e del legamento giallo porterebbero alla compressione del midollo spinale, la compressione meccanica del midollo spinale è la causa sottostante della mielopatia cervicale. 

Tuttavia, l’esatto meccanismo patobiologico che porta alla disfunzione del midollo spinale non è chiaramente compreso. Una combinazione di risposta infiammatoria, cambiamenti vascolari, ischemia e congestione venosa probabilmente svolge un ruolo nell’apoptosi cellulare, nella degenerazione dell’assone e nei cambiamenti nella mielina che si traducono nei segni e nei sintomi della mielopatia cervicale. I fattori che portano alla compressione del midollo spinale a livello cervicale possono essere suddivisi in statici e dinamici.

Per fattori statici intendiamo condizioni acquisite o congenite che possono restringere il canale spinale. Per fattori dinamici intendiamo invece un alterata biomeccanica del rachide cervicale che può irritare o comprimere il midollo spinale. I sintomi comuni includono dolore o rigidità al collo, dolore alla spalla con potenziale irradiazione agli arti superiori, sensazione di instabilità, difficoltà con i compiti motori fini, diminuzione della destrezza della mano (ad esempio, cambiamento nella scrittura della mano, goffaggine), parestesia agli arti superiori o inferiori, debolezza degli arti inferiori e disfunzione intestinale o della vescica, questi sintomi sono in caso di mielopatia sono costanti e non intermittenti.

A sostegno della possibile presenza di mielopatia cervicale abbiamo il segno di Lhermitte, il segno del clono associato al segno di babinski, test di hoffmann positivo, possibile spasticità, movimenti del rachide cervicale dolorosi, ipereflessia e debolezza ed atrofia dei muscoli intrinseci della mano.

Per quanto riguarda il trattamento dipende dalla presenza e dalla gravità dei sintomi, in genere la chirurgia è raccomandata per i pazienti con sintomi da moderati a gravi o con mielopatia rapidamente progressiva, mentre il trattamento conservativo con monitoraggio della progressione possono essere considerati nei pazienti con malattia da lieve a moderata. Tuttavia, le prove dell’efficacia dei trattamenti conservativi sono scarse e di bassa qualità e i risultati possono variare a seconda dei singoli pazienti. 


Conclusione

Il segno di Babinski rientra in una categoria di test di fondamentale importanza sia in ambito neurologico che in ambito fisioterapico in fase di screening for referral. La sua positività ci deve far accedere un campanello di allarme per patologie che coinvolgono il tratto piramidale ed il primo motoneurone. 

Perciò è importante che il fisioterapista che lavora in accesso diretto sia a conoscenza del segno di babinski e delle sue implicazioni cliniche in ambito muscoloscheletrico.