Tendon neuroplastic training

Il Tendon Neuroplastic Training è un modello concettuale proposto da Ebonie Rio con l’intenzione di migliorare l’approccio riabilitativo nelle tendinopatie.…

Il Tendon Neuroplastic Training è un modello concettuale proposto da Ebonie Rio con l’intenzione di migliorare l’approccio riabilitativo nelle tendinopatie. Come lascia intendere il nome stesso, si basa sulla prescrizione di un programma di esercizi (training) in grado di indurre cambiamenti corticali (neuroplastic) significativi per il recupero funzionale del tendine.

Ma quali sono le sue caratteristiche e quali sono i benefici nell’indirizzare la corteccia motoria in una tendinopatia?


Premessa

La maggior parte delle evidenze disponibili in letteratura sostengono l’utilizzo del carico e l’allenamento della forza quali migliori strategie per promuovere la riduzione del dolore ed il ritorno all’attività sportiva (1,2). Un programma riabilitativo basato sull’esercizio eccentrico è in grado di migliorare i sintomi e ripristinare la funzione (3) anche se non sembra superiore a protocolli alternativi di carico (4). Nonostante i promettenti risultati mostrati in ambito clinico, la gestione delle tendinopatie rimane una sfida costante per  fisioterapisti e medici, a fronte di un discreto numero di casi resistenti al trattamento conservativo e con sintomi persistenti (5,6). A partire da queste considerazioni che Rio e colleghi hanno cominciato a chiedersi se non vi fosse un tassello mancante nel percorso riabilitativo, un dominio che non venisse pesato correttamente. Infatti, è vero sì che una degenerazione tendinea può essere caratterizzata da alterazioni istopatologiche evidenti agli esami strumentali come ipo/iper ecogenicità, aumento dell’area di sezione del tendine, neoangiogenesi e riorganizzazione delle fibre collagene (7) ma quali cambiamenti avvengono nella corteccia motoria? È possibile che le strategie riabilitative in atto non influenzino il ruolo del controllo corticospinale sull’attività muscolare, contribuendo così ad una parziale risoluzione dei sintomi?


Corteccia motoria, controllo motorio e tendinopatia

La presenza di dolore persistente è stata associata con una diversa modulazione dell’attività corticale che può risultare nell’attivazione di pool neuronali differenti, responsabili di una diversa variabilità di movimento, ma anche di una maggiore inibizione e/o eccitazione della corteccia motoria primaria con una diversa capacità di reclutamento muscolare. Uno studio del 2015, grazie all’utilizzo di un magnete transcranico, in grado di quantificare l’attività sul sistema corticospinale, ha osservato come i soggetti con tendinopatia rotulea, abbiano, contemporaneamente, una maggiore eccitabilità ed una maggiore inibizione corticale rispetto a soggetti sani (8). Sebbene i meccanismi adattativi che portino a una simile risposta non siano stati chiariti, per quanto possa sembrare verosimile un ruolo protettivo nei confronti del tendine, appare evidente uno squilibrio tra le componenti centrali eccitatorie e inibitorie che sottendono l’attività muscolare in un’area dolorosa. Usando una metafora tanto cara all’autrice, il “dosaggio” di una risposta mediata dalla corteccia motoria, quando viene stimolata, equivale a quella di un guidatore inesperto che pigia con analoga forza il pedale dell’acceleratore e del freno per far avanzare la macchina. L’auto effettivamente si muove ma l’uso dei comandi non è adeguato alla richiesta di movimento. Questo è quello che succederebbe in un soggetto con tendinopatia, dove la mancanza nel fornire una riposta coerente allo stimolo risulterebbe in un deficit di controllo motorio, inteso come l’attivazione di un’unità motoria a seguito della modulazione eccitatoria e inbitoria sui motoneuroni di primo e second’ordine.

Se è dunque vero che i pazienti con tendinopatia possono andare incontro a modifiche corticali, questo processo è reversibile?


Allenamento contro resistenza e controllo motorio

Uno studio di Leung ha dimostrato come una singola sessione di allenamento contro resistenza condotta rispettando un ritmo esterno migliorerebbe la modulazione corticale sul controllo motorio. Diversamente dall’eseguire un sequenza di esercizi con un ritmo libero o non regolato, l’utilizzo di un metronomo, che scandisca i tempi della fase concentrica ed eccentrica durante il sollevamento di un peso, permetterebbe di aumentare l’eccitabilità e ridurre l’inibizione corticale sia nell’arto allenato che nel contro laterale (9). Altre pubblicazioni hanno dimostrato l’efficacia dell’allenamento con un ritmo monitorato nel generare adattamenti a livello centrale in soggetti sani (10) e tale principio sembrerebbe dunque potersi facilmente applicare nella riabilitazione delle tendinopatie.

Il tendon neuroplastic training si basa, infatti, sull’utilizzo dell’esercizio contro resistenza a un ritmo regolato esternamente (metronomo) per favorire contemporaneamente il ripristino della struttura muscolo tendinea e del controllo corticospinale, mettendo sullo stesso piano adattamenti locali e centrali, forza e controllo motorio. Infatti, sebbene la letteratura fornisca indicazioni promettenti in favore del resistance training, sia esso eccentrico (11) o heavy-slow (12), se svolto in maniera auto gestita (ovvero ad un ritmo libero) potrebbe non essere in grado di ripristinare il corretto equilibrio tra le influenze eccitatorie e inibitorie (9).

L’ externally paced resistance training è dunque una strategia efficace per modulare l’attività della corteccia motoria nei soggetti sani ma funziona anche nelle tendinopatie?


Tendon Neuroplastic Training: letteratura a supporto

Per verificare questa modello,  Rio e colleghi hanno condotto uno studio preliminare su 20 atleti con tendinopatia rotulea, assegnati casualmente a due diversi protocolli di externally paced resistance training (13). I protocolli prevedevano l’utilizzo di un metronomo (60 bpm) e l’esecuzione di contrazioni isometriche o isotoniche del quadricipite. Entrambe le strategie hanno dimostrato uguale efficacia nella riduzione del dolore e dell’inibizione corticale a 4 settimane anche se l’esercizio isometrico si è rivelato superiore nel produrre analgesia e nel frenare l’inibizione nel breve termine. In un campione di 6 pallavoliste, la contrazione isometrica del quadricipite eseguita per 5 ripetizioni da 45 secondi al 70% della massima forza isometrica ha prodotto un abolizione del dolore ed un aumento della massima forza isometrica fino a 45 minuti post esercizio (8). Questi risultati, per quanto limitati ad un campione di osservazione veramente esiguo, sono senza dubbio promettenti nella gestione di un atleta con tendinopatia durante la stagione competitiva, dove l’uso di protocolli che prevedano sessioni ripetute di esercizio potrebbero risultare in un basso tasso di aderenza al trattamento (1).

Il tendon neuroplatic training sembra poter ridurre il dolore e migliorare il controllo motorio nei soggetti con tendinopatia rotulea, come possiamo applicarlo nella pratica clinica?


Uso del metronomo nell’attività isotonica ed isometrica

Nonostante non sia del tutto chiaro perché un pacing interno sia inferiore a uno esterno nel modulare l’attività corticale, è ragionevole pensare che quest’ultimo permetta un’esperienza più ricca dal punto di vista cognitivo, migliorando lo stimolo dei circuiti neuronali interemisferici attivi durante un gesto motorio. Infatti, durante l’esecuzione di un esercizio ripetitivo a un ritmo libero (ad esempio l’esecuzione di 10 ripetizioni alla leg extension) è facile che l’attenzione del soggetto sul compito possa variare, inibendo l’attivazione della corteccia motoria. L’uso di un pacing esterno permetterebbe dunque un migliore apprendimento. Rispetto ad un rinforzo visuo-motorio (imitazione del compito svolto da un terzo soggetto), l’uso del metronomo appare più comodo e ugualmente efficace (9).

Durante la contrazione isotonica del quadricipite il suo uso è alquanto intuitivo. Impostato ad una frequenza di un battito al secondo si chiede al paziente di contare i battiti, impiegando 3 secondi per completare la fase concentrica e 4 per quella eccentrica (8). Questa leggera differenza tra le fasi è giustificata da Rio poiché faciliterebbe la corteccia motoria nel programmare la successiva fase concentrica.

Ma come usare il metronomo durante l’esercizio isometrico dove non avviene movimento?

Semplicemente chiedendo al soggetto di mantenere una contrazione per 45 battiti. Infatti, diversamente dall’impiego di un cronometro, il metronomo permetterebbe il mantenimento di un focus attentivo maggiore durante il compito, enfatizzando lo stimolo cognitivo. Probabilmente per l’effetto combinato di queste due strategie (pacing esterno e contrazione isometrica), questo protocollo ha dimostrato i migliori risultati su dolore e controllo motorio, coniugando i principi della prescrizione dell’esercizio contro resistenza a quelli del controllo corticospinale (8).


Conclusione

Il lavoro di Rio e colleghi apre le porte verso un nuovo scenario nel trattamento delle tendinopatie, offrendo una prospettiva che, senza essere rivoluzionaria, potrebbe colmare alcune lacune nella riabilitazione odierna (14). È bene comunque tenere presente che le poche evidenze a favore di questo modello non chiariscono se la presenza di una ridotta eccitazione /aumentata inibizione corticale sia correlata con un mancato raggiungimento degli obiettivi riabilitativi o se il tendon neuroplastic training sia, di fatto, più efficace del solo resistance training nel migliorare il controllo motorio. Inoltre, il controllo motorio non è ancora stato oggettivato con parametri clinici per cui, in un setting diverso da quello sperimentale (e in mancanza di un macchinario con magnete transcranico) risulterebbe impossibile valutare questo outcome. Ad ogni modo, l’utilizzo di un metronomo può essere facilmente inserito in ogni contesto clinico per regolare l’esercizio contro resistenza mentre una progressione basata sulla diminuzione del dolore e l’incremento della forza sembra rappresentare un approccio ottimale nella gestione acuta di una tendinopatia.

Per tutti coloro che fossero interessati ad approfondire l’argomento si rimanda alla lettura di “Tendon neuroplastic training: changing the way we think about tendon rehabilitation: a narrative review”(14).