Lesione muscolare ischiocrurali

Una guida per il fisioterapista su valutazione e trattamento delle lesioni muscolari degli ischiocrurali.

La lesione muscolare agli ischio-crurali è un infortunio molto comune in tutte le attività che coinvolgono la corsa ad alta velocità, il salto, il calcio in porta o altri movimenti esplosivi dell’arto inferiore con rapidi cambi di direzione; infatti, gli sport in cui più comunemente si verifica questo tipo di infortunio sono l’atletica leggera, il calcio, il football e il rugby [1]. Rappresenta circa il 29% di tutti gli infortuni tra gli sportivi [2] con un’incidenza comparabile tra sport di non contatto e di contatto (0,87/1000h di esposizione negli sport di non contatto e 0,92-0,96/1000 h di esposizione negli sport di contatto) [3]. Oltretutto, negli ultimi anni la sua incidenza è aumentata, complice anche la maggior intensità di allenamenti e gare in tutti gli sport; dal 2001 al 2014, ad esempio, l’incidenza tra i giocatori professionisti di calcio è cresciuta del 4% circa ogni anno [4].

Questo tipo di lesione determina uno stop dalle competizioni per l’atleta colpito, che varia dai 3 ai 28 giorni o più, in base alla sua severità [3], perciò può essere molto limitante per l’atleta e per la squadra; inoltre, è rilevante anche l’altissimo tasso di re-infortunio che, tra i giocatori di football e gli atleti di atletica leggera, ad esempio, varia tra il 13,9% e il 63,3% [3, 5].

Per tutte queste ragioni risulta fondamentale per il fisioterapista conoscere tutti gli aspetti relativi alla lesione degli ischio-crurali, in modo da poter elaborare il miglior percorso riabilitativo possibile in base agli obiettivi e allo sport praticato dal paziente.


Tipologia di paziente

La lesione muscolare agli ischio-crurali può colpire diversi tipi di persone, ma esistono dei fattori che espongono maggiormente alcune di esse, rispetto ad altre, al rischio di lesione. Ovviamente colpisce prevalentemente gli sportivi, e in maniera più frequente gli atleti di alto livello a causa della maggior intensità degli allenamenti e delle partite.

I principali fattori associati ad un aumentato rischio di lesione degli hamstring sono[6]:

  • Età;
  • precedente lesione agli hamstring; più la lesione è recente più il rischio aumenta[7];
  • precedente rottura del legamento crociato anteriore;
  • precedente lesione del tricipite surale.

Come possiamo vedere, tutti questi sono fattori non modificabili, sappiamo che gli sportivi che rientrano in una o più di queste categorie saranno più a rischio di infortunio. Ci sono anche altri fattori, i quali hanno una minor correlazione con l’infortunio se presi singolarmente, ma potrebbero risultare importanti se sono presenti insieme; questi sono tutti fattori modificabili e sono[6]:

  • Deficit di forza degli ischio-crurali;
  • Deficit di flessibilità degli ischio-crurali;
  • Ruolo in campo (chi gioca in un ruolo dove si deve correre di più è più a rischio);
  • Aumento dell’esposizione alla corsa ad alta velocità, in particolare se è improvviso.

Riassumendo possiamo dire quindi che il paziente che si presenta con lesione muscolare degli ischio-crurali è più probabile che sia un giovane sportivo con uno o più dei fattori di rischio sopra citati.


Patofisiologia

Il gruppo muscolare degli ischiocrurali è composto da tre muscoli: bicipite femorale, semitendinoso e semimembranoso. Tutti e tre, a parte il capo breve del bicipite femorale, originano dalla tuberosità ischiatica tramite un tendine comune, poi si separano. Il capo breve del bicipite femorale origina medialmente alla linea aspra sulla parte posteriore del femore. Il capo lungo del bicipite si inserisce sulla testa del perone e sulla tibia lateralmente, il capo breve invece si inserisce in parte sul capo lungo, in parte sulla capsula postero-laterale e sul tratto ileo-tibiale. Il semimembranoso ha multiple inserzioni sull’angolo postero-mediale del ginocchio e il semitendinoso si inserisce insieme al gracile e al sartorio sulla zampa d’oca medialmente sulla tibia[2]. Gli hamstring, rispetto agli altri muscoli della coscia, hanno un maggior numero di fibre di tipo II, ciò li rende maggiormente suscettibili a una lesione; la percentuale di fibre di tipo II può comunque variare in base all’età e ad altre variazioni anatomiche individuali[8].

La lesione può verificarsi sia in allenamento che in partita, e negli ultimi anni si è verificato un aumento della frequenza di questo infortunio soprattutto in allenamento, a causa soprattutto dell’aumento dei ritmi[4]. I meccanismi con cui può verificarsi sono principalmente due:

  • la corsa ad alta velocità (high-speed running type);
  • l’allungamento rapido (stretching type)[9].

Nel primo caso il muscolo lesionato più frequentemente è il bicipite femorale[10], mentre nel secondo caso viene colpito prevalentemente il semimembranoso[11]. Se per il meccanismo stretching type è abbastanza chiaro il modo in cui avviene l’infortunio, ossia tramite un’estensione di ginocchio ad anca flessa, per quanto riguarda il meccanismo high-speed running type, che è il più frequente tra i due[12], non è ancora del tutto chiaro quale sia il momento esatto in cui si verifica la lesione; la maggior parte degli studi identifica l’ultima fase dello swing come momento in cui avviene l’infortunio, quando gli ischiocrurali raggiungono la loro massima lunghezza e si attivano in maniera eccentrica[2, 12], alcuni studi però dicono che la lesione potrebbe anche avvenire nella prima fase di stance[12].

Il decorso clinico dipende dall’estensione e dalla natura del danno muscolare, nelle lesioni lievi vengono danneggiate solo le miofibrille; nelle lesioni più importanti le forze tensili e di taglio provocano una rottura anche di fascia, lamina basale e vasi sanguigni.

Il processo di guarigione comprende tre fasi: infiammazione, proliferazione e rimodellamento[13]:

  • La fase infiammatoria inizia immediatamente dopo la lesione e dura per 3-5 giorni, la vasodilatazione e l’aumentata la permeabilità capillare causano una stasi dei fluidi, che provoca un’ischemia locale, la quale determina un ulteriore danno muscolare ed un aumento dell’edema. Dai due ai quattro giorni dopo la lesione, dei fagociti arrivano nella zona lesionata attivando le cellule staminali, le quali ricostruiscono il collagene e l’infrastruttura vascolare. Questa fase è caratterizzata a livello clinico da dolore, gonfiore, sanguinamento e perdita di ROM.
  • La fase di proliferazione può in parte sovrapporsi alla fase infiammatoria e durare fino a qualche settimana. Durante questa fase delle cellule satelliti contribuiscono a riparare il danno alle miofibrille mentre vengono riparati il collagene e l’infrastruttura vascolare. In questo periodo i pazienti hanno debolezza muscolare, stiffness, gonfiore e funzione limitata.
  • La fase di rimodellamento può continuare fino ai 2 anni, è caratterizzata dalla formazione finale di collagene per consentire il supporto del sito di lesione. È necessaria una matrice extracellulare correttamente allineata per mantenere un orientamento ottimale della miofibrilla. Una precoce mobilizzazione post-infortunio può aiutare a promuovere la formazione di cicatrici con meno aderenze al tessuto circostante[1].

Diagnosi Differenziale

  • Patologie dell’anca
  • Patologie del ginocchio
  • Lesioni tendinee
  • Apofisiti
  • Fratture da avulsione
  • Radicolopatia lombare
  • Disfunzione sacro-iliaca
  • Sindrome glutea profonda con intrappolamento nervoso
  • Sindrome del tunnel ischiatico
  • Lesione muscolare adduttori
  • Trombosi
  • Contusione
  • Sindrome compartimentale

Elementi anamnestici

Le principali caratteristiche cliniche di un infortunio muscolare agli ischiocrurali sono l’insorgenza improvvisa di dolore, in particolare durante la corsa/accelerazione, dolore sulla parte posteriore della coscia e dolore alla contrazione muscolare. Tra questi, l’insorgenza di dolore improvviso è il segno più comune[14].

All’esame clinico le lesioni vengono classificate in tre gradi (I, II, III) in base alla severità e alle caratteristiche:

Grado I:

  • Micro-rottura di qualche fibra muscolare
  • Dolore locale di dimensioni ridotte
  • Rigidità e possibile crampo posteriormente alla coscia
  • Leggero dolore con l’allungamento o l’attivazione muscolare
  • Stifness che può scomparire durante l’attività ma ritorna dopo l’attività
  • Minima perdita di forza
  • Meno di 15° di differenza all’active knee extension test

Grado II:

  • Moderata rottura delle fibre ma muscolo ancora intatto
  • Dolore locale in un’area maggiore del grado 1
  • Più dolore del grado 1 con attivazione e stretching
  • Stiffness, debolezza e possibile livido
  • Limitata abilità nel camminare soprattutto tra 24 e 48 ore post-infortunio
  • Deficit all’active knee extension test tra 16° e 25°

Grado III:

  • Completa rottura del muscolo
  • Diffusi gonfiore e sanguinamento
  • Possibile massa palpabile di tessuto muscolare al sito di lesione
  • Estrema difficoltà o impossibilità a camminare
  • Deficit al test di active knee extension tra 25° e 36°.

L’imaging non fornisce informazioni importanti se, basandosi sull’esame clinico, si sospetta una lesione di tipo I o II, mentre è raccomandato se si sospetta una lesione di grado III.

Pollock e colleghi nel 2014 hanno proposto un nuovo metodo di valutazione delle lesioni agli hamstring basato sui ritrovamenti alla risonanza magnetica. Questo metodo divide le lesioni dal grado 0 al grado 4, aggiungendo come suffisso una lettera a, b o c in base alla localizzazione e all’estensione della lesione. Il suffisso “a” denota una lesione mio-fasciale nella porzione periferica del muscolo, il suffisso “b” una lesione del ventre muscolare, più frequentemente alla giunzione muscolo-tendinea, il suffisso “c” indica una lesione che si estende nel tendine[15].

  • Lesione di grado 0: si presenta come un dolore muscolare focale con risonanza normale (0a) o con segni di DOMS alla risonanza (0b).
  • Lesione di grado 1: è una piccola lesione muscolare che si presenta con segnale aumentato alla risonanza che non si estende per più del 10% della cross-sectional area e con una lunghezza minore di 5cm.
  • Lesione di grado 2: è una lesione moderata che si presenta con un aumento di segnale alla risonanza che si estende dal 10 al 50% della cross-sectional area e con una lunghezza compresa tra i 5 e i 15cm. La rottura delle fibre non deve superare i 5cm.
  • Lesione di grado 3: è una lesione importante e alla risonanza mostra un aumento del segnale per un’area maggiore del 50% della cross-sectional area e per una lunghezza maggiore di 15cm. La rottura delle fibre in questo caso è maggiore di 5cm.
  • Lesione di grado 4: è una lesione completa al muscolo o al tendine.

Esame obiettivo e valutazione

Dopo aver ascoltato la storia del paziente se si sospetta una lesione muscolare agli hamstring si procede con l’esame obiettivo, il quale dovrà comprendere[1, 2]:

  • Localizzazione della zona dolorosa: in base alla sua grandezza possiamo sospettare una lesione più o meno grave e in base alla sua vicinanza alla tuberosità ischiatica possiamo predire un più veloce o lento ritorno allo sport; infatti, più la lesione è prossimale maggiore sarà il tempo per il ritorno allo sport.
  • Valutazione della presenza o meno di livido: la sua presenza o meno potrebbe aiutare nella classificazione della lesione.
  • Valutazione della camminata e degli eventuali compensi (se possibile).
  • Valutazione della forza da posizione prona con ginocchio flesso: facilmente valutabile con un dinamometro, maggiore è la perdita di forza maggiore sarà il grado di lesione.
  • Valutazione del ROM con l’active knee extension test: con anca flessa a 90° estendere il ginocchio fino a dove si riesce, maggiore è il deficit di ROM maggiore sarà il grado di lesione.
  • Valutazione della postura e del controllo di tronco e pelvi durante le attività funzionali.
  • Se possibile eseguire una valutazione delle attività funzionali in progressione, partendo dalla camminata fino alla corsa veloce.

Trattamento

L’obiettivo primario della riabilitazione dopo una lesione agli hamstring è quello di tornare a svolgere l’attività al livello pre-lesione e con il minimo rischio di re-infortunio possibile. Per questo motivo è importante lavorare sui fattori modificabili associati al rischio di re-infortunio, primi fra tutti la debolezza, la mancanza di resistenza e il ridotto controllo neuromuscolare[16]. Senza comunque dimenticare i fattori psico-sociali come la paura e l’apprensione che si possono instaurare dopo l’episodio[17].

Non c’è un programma di esercizi standardizzato per le lesioni degli ischiocrurali, bisogna impostare il percorso in base alla persona che si ha davanti e ai suoi obiettivi; in linea generale le evidenze recenti supportano l’utilizzo dell’esercizio eccentrico, in quanto aumenta la forza eccentrica e la lunghezza dei fascicoli, e del training neuromuscolare, dato che dopo l’infortunio c’è una riduzione della propriocezione e del controllo neuromuscolare dell’arto inferiore. Anche l’esercizio isometrico è molto utile in quanto permette di raggiungere la fatica allenando in questo modo la resistenza e riduce l’inibizione corticale perché l’attivazione muscolare volontaria è maggiore durante la contrazione isometrica[16, 18].

Nello studio di Erickson e Sherry del 2017 viene proposta una divisione del percorso riabilitativo in 3 fasi, che può essere usato come indicazione generale, modificando il programma di caso in caso[16]:

  1. Gli obiettivi della fase 1 sono ridurre il dolore e l’edema, restaurare il normale controllo neuromuscolare a basse velocità e prevenire l’eccessiva formazione di tessuto cicatriziale proteggendo le fibre sane da un eccessivo allungamento
  2. Gli obiettivi della fase 2 sono aumentare l’intensità degli esercizi, progredire con il lavoro di controllo neuromuscolare inserendo velocità e ampiezza maggiori e iniziare il training eccentrico
  3. Gli obiettivi della fase 3 sono progredire con il training neuromuscolare ad alta velocità e con il training eccentrico in posizioni di allungamento per prepararsi al ritorno allo sport.

Per raggiungere questi obiettivi si imposta un percorso di esercizi, in cui si può decidere ad esempio di partire con contrazioni isometriche a basso carico ed esercizi di mobilità in un range protetto. Progredendo nella riabilitazione si inseriscono contrazioni concentriche ed eccentriche prima lente e poi sempre più veloci, e in parallelo si allena il controllo neuromuscolare e si riprende la corsa. Nella fase finale della riabilitazione è importante, oltre a progredire con i carichi in tutti gli esercizi, inserire anche i gesti in cui tipicamente avviene l’infortunio, in particolare lo sprint e il calcio in porta, in modo da allenarli e permettere al giocatore/atleta di riprendere fiducia nell’eseguire i gesti sportivi.

La progressione degli esercizi dev’essere fatta in base alla tolleranza del paziente, e ad essi potrebbero venir abbinati, in particolare nella fase infiammatoria, una riduzione temporanea del carico con ausili e la mobilizzazione passiva precoce dell’arto per ridurre gonfiore e dolore.


Prognosi

La prognosi della lesione muscolare agli ischio-crurali è varia e dipende da diversi fattori. Il ritorno alle competizioni avviene mediamente tra i 3 e i 28 giorni[3] e le lesioni stretching-type hanno solitamente una prognosi peggiore rispetto alle high-speed running type[19]. Ci sono alcuni fattori che determinano un tempo di recupero maggiore, essi sono:

  • Fare sport a livello non professionistico
  • Aver subito un danno strutturale (danneggiamento delle fibre) rispetto al solo infortunio funzionale senza danno strutturale
  • Maggior deficit di ROM
  • Tempo trascorso tra l’infortunio e la prima visita maggiore di una settimana
  • Maggior dolore alla scala VAS
  • Inabilità a camminare senza dolore per più di un giorno dopo l’infortunio
  • Localizzazione più prossimale del dolore

Sicuramente è importante conoscere i fattori prognostici positivi e negativi in modo da avere un’idea delle tempistiche e poterle comunicare all’atleta e all’allenatore, ma per essere sicuri che l’atleta torni in campo in sicurezza e con il minor rischio di re-infortunio possibile è importante svolgere una valutazione funzionale che determini se l’atleta ha le abilità per tornare a praticare il suo sport, senza basarsi solo sul tempo trascorso dall’infortunio.

Sui criteri che il giocatore deve soddisfare per il ritorno allo sport in sicurezza non c’è una completa chiarezza. Lo studio di Askling e colleghi del 2010 dice che all’esame clinico non ci devono essere i seguenti segni[17]:

  • Dolore alla palpazione del muscolo lesionato
  • Deficit di forza al test muscolare manuale rispetto all’altro arto e/o dolore durante l’esecuzione del test
  • Deficit di flessibilità passiva maggiore del 10% rispetto all’altro arto e/o dolore durante l’esecuzione del test
  • Minor velocità rispetto all’arto controlaterale e paura del movimento nell’H-test, che consiste nell’estendere il ginocchio il più velocemente possibile da una posizione di flessione d’anca a 90°.

De Vos e colleghi, affermano inoltre che gli atleti che provano discomfort alla palpazione degli ischio-crurali al momento del ritorno in campo hanno un rischio quattro volte maggiore di subire un re-infortunio rispetto agli atleti che non lo provano[20].

Alcuni studi suggeriscono di aggiungere alla valutazione alcuni test funzionali come il single leg bridge test [21] o dei movimenti sport specifici ad intensità e velocità vicine al massimo per vedere come reagisce il muscolo a degli stress più importanti.

È comunque difficile replicare in riabilitazione gli stress a cui il muscolo viene sottoposto durante l’attività sportiva, per questo è importante che il rientro in campo dell’atleta sia preceduto dall’esecuzione di qualche allenamento; se non c’è dolore durante gli allenamenti e l’atleta ha superato la valutazione per il rientro in campo allora può riprendere le gare.

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