Sindrome dell’arto fantasma

Una guida sulla sindrome dell'arto fantasma.

arto fantasma

Per sindrome dell’arto fantasma, conosciuta nella letteratura internazionale come phantom limb syndrome, si intende una patologia nella quale si ha una viva percezione, spesso spiacevole o dolorosa, di un arto che non è più presente a causa di un’amputazione.

Questa sindrome è relativamente comune colpisce 7 persone su 10 che hanno subito un’amputazione e la sensazione riferita può essere di diversi tipi: di natura tattile, di natura dolorifica o motoria. Inoltre l’arto può apparire nella percezione come diverso da come era precedentemente: a volte può essere percepita una mano molto più grande (nel caso di amputazione dell’arto superiore) o un piede direttamente collegato all’anca (nel caso dell’arto inferiore). La sensazione di presenza di un arto non più presente può essere talmente vivida che un paziente può dimenticarsi che una gamba non è più presente e mettersi a camminare.


Da cosa deriva questa sensazione?

La prima spiegazione, puramente meccanicistica, ipotizzava che la causa della percezione dell’arto fantasma provenisse dal neuroma di amputazione, una crescita aberrante del tessuto nervoso che si forma alla fine dei monconi prossimali di amputazione nervosa. Hanno la forma di un nodulo e causano forti dolori e sensazione di scossa elettrica. Per questo motivo negli anni sono state utilizzate diverse tecniche chirurgiche di rimozione della terminazione nervosa, ma questi interventi non hanno dato risultati soddisfacenti, tanto che il dolore tendeva a ripresentarsi dopo poco tempo dall’operazione.

La spiegazione più plausibile di questo fenomeno è stata formulata qualche anno più tardi ed ipotizza che la sensazione derivi dall’organizzazione spaziale della corteccia cerebrale sensitiva. Infatti l’encefalo umano è suddiviso in aree differenti all’interno delle quali vi sono delle mappe di connessione organizzate topograficamente. 1

organizzazione cervello arto fantasma

Il primo a suddividere l’encefalo in diverse aree fu il neurologo tedesco Korbinian Broadmann che all’inizio del XX secolo ne fece la classificazione tuttora utilizzata.

Fu in seguito definito l’homunculus somatosensoriale ovvero una mappa visiva di come le diverse aree vengono rappresentate a livello corticale.

Queste aree della corteccia cerebrale ricevono gli stimoli sensitivi dalla periferia tramite gli assoni. In caso di deafferentazione (soppressione degli impulsi nervosi afferenti a causa di amputazione) la corteccia sensitiva non riceve più le informazioni sensitive dalla periferia ma le aree della corteccia che ricevevano quelle informazioni rimangono attive, facendo quindi avvertire al soggetto sensazioni tattili, termiche e dolorifiche riferite all’arto non più presente.


Fattori di rischio

Esistono dei fattori di rischio che possono predisporre un soggetto allo sviluppo di sindrome da arto fantasma e questi sono:

  • Angina,
  • Stipsi,
  • Herpes Zoster,
  • Fumo,
  • Stress.

Principali tecniche di trattamento

La sindrome dell’arto fantasma può essere trattata sia farmacologicamente sia con la fisioterapia. Il gold standard per il trattamento è rappresentato dall’associazione dei due approcci: farmacologico e riabilitativo.

L’approccio farmacologico si avvale principalmente dell’utilizzo di farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS) e di analgesici [2]. In alcuni casi il medico può decidere di affiancare anche una terapia antidepressiva con gli inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI) e una terapia con miorilassanti.

L’approccio riabilitativo si basava inizialmente sull’utilizzo di correnti elettriche transcutanee, ovvero la TENS, che ancora ha qualche evidenza di efficacia per questa sindrome nella letteratura scientifica.


Mirror Therapy

Molto utilizzata è la Mirror Therapy [3] che si basa sull’attivazione del sistema dei neuroni a specchio. Questo sistema è stato scoperto dal ricercatore italiano Giacomo Rizzolatti nel 1992. Grazie ad esso, nelle aree deputate al movimento (aree motorie) la medesima attività neuronale si verifica sia in chi compie un gesto sia in chi lo guarda (per questo si parla di neuroni a specchio).

Nella Mirror Therapy il paziente vede l’arto intatto in uno specchio mentre esegue degli esercizi proposti dal fisioterapista. Gli studi riportano una durata minima di 20 minuti al giorno per essere efficace. In questo modo il riflesso dell’arto sano “inganna” il cervello del paziente portandolo a pensare che ci siano due arti sani e non solo uno.

Con il passare del tempo il cervello impara questa informazione e il dolore nel tempo diminuisce. Il fatto che il cervello non pensi più che l’arto è assente porta a non sentire più il dolore da arto fantasma.


Realtà virtuale

Le tecniche più moderne si avvalgono dell’utilizzo della realtà aumentata (AR) e della realtà virtuale (VR).

I sistemi di realtà virtuale creano una scena interna in cui il paziente e l’ambiente sono generati a computer. La realtà artificiale è all’ambiente reale.[4] La AR e la VR offrono l’opportunità di creare un ambiente virtuale nel quale un soggetto amputato può vedere sé stesso intero in uno spazio 3D e usare il suo corpo per interagire con l’ambiente. In aggiunta la realtà virtuale permette di ingaggiare maggiormente il paziente nella seduta riabilitativa e migliorare la compliance. [5, 6]

Il consiglio rimane, alla luce di quanto detto, di rivolgersi al proprio fisioterapista per un corretto inquadramento e una opportuna strategia terapeutica.