Vertigine posizionale parossistica benigna

Ecco una guida per il fisioterapista su valutazione e trattamento della Vertigine posizionale parossistica benigna.

Vertigine posizionale parossistica benigna

Il primo episodio di vertigine posizionale fu descritto dal medico austriaco Robert Barany nel 1921, mentre l’acronimo BPPV (“Benign Paroxysmal Positional Vertigo”) è stato coniato dai medici Margaret Dix e Charles Skinner Hallpike nel 1952 [2].

La BPPV è una vertigine posizionale, indotta da movimenti del capo e causata da alterazioni patofisiologiche dell’orecchio interno, dando fenomeni ricorrenti di vertigine e nistagmo [2]. Il termine “benign” vuole indicare l’assenza di coinvolgimenti più gravi del SNC, delineando una prognosi favorevole nella maggioranza dei pazienti [3], mentre il termine “paroxysmal” vuole indicare il rapido, ricorrente e improvviso insorgere della vertigine [3]. La BPPV quindi crea informazioni scorrette di continuo movimento del capo, creando una situazione illusoria [3].


Tipologia di pazienti

Il picco d’incidenza di tale disturbo interessa soggetti con età compresa tra i 50 e i 70 anni con un rapporto 2:1 tra femmine e maschi [1]. Tale quadro patologico è associato a un notevole impatto sulla spesa sanitaria e sull’aspetto sociale, dal momento che una percentuale pari all’86% dei pazienti, interrompe le ADL (lavorative e non) [1]. Solamente negli USA, una percentuale compresa tra 17-42% dei pazienti con vertigine, ha avuto diagnosi di BPPV [3].

I pazienti più anziani hanno maggior rischio di caduta, depressione e maggior alterazione delle normali attività di vita quotidiana, necessitando spesso di un caregiver [1,3]. Un numero elevato di pazienti con BPPV si affida frettolosamente alle indagini strumentali, prima ancora di condurre una visita medico-specialistica; statistiche alla mano il 70% compie una RM, il 45% una TAC e il 41% un ECG [3]. Tali dati possono essere migliorati attraverso la diagnosi medico-specialistica, riducendo il numero di esami superflui e di conseguenza, il costo di gestione per il sistema sanitario [3].


Patofisiologia

La Vertigine posizionale parossistica benigna è un disordine meccanico del sistema vestibolare, con alterazione del posizionamento di cristalli di carbonato di calcio noti come otoconi (o otoliti), che si dislocano dall’utricolo dando due diverse potenziali forme di BPPV:

  • Canalolitiasi: più frequente, gli otoconi sono liberi di muoversi all’interno dei canali semicircolari coinvolti [1], attacchi di vertigine con durata < 1 minuto [5];
  • Cupololitiasi: meno frequente, gli otoconi sono associati alla cupola dell’ampolla dei canali coinvolti [1], attacchi di vertigine con durata > 1 minuto [5].

I canali semicircolari più comunemente colpiti sono in ordine: il posteriore (85-95%), l’orizzontale (5-15%) e l’anteriore (o superiore, 1-2%) [3].


Diagnosi differenziale

La diagnosi differenziale comprende un ampio gruppo di patologie:

  • Sindrome di Meniere: la vertigine è più lunga, durando minuti a volte anche ore. Possono esserci sintomi associati che interessano il disturbo dell’udito, a differenza della BPPV [3,4];
  • Neurite vestibolare: secondaria a un’infezione [3];
  • Labirintite: vertigine a esordio graduale, secondaria a un’infezione e sintomi presenti anche senza movimenti del capo, associate sensazioni di nausea, vomito oltre che segni d’iperidrosi e pallore [3,4];
  • Emicrania vestibolare: episodi di emicrania associati [3];
  • Patologie SNC: presenza di sintomi neurologici: gravi alterazioni posturali (es. test Romberg positivo), disartria e nistagmo che non è correlato al movimento della testa in una determinata direzione (come invece accade nella BPPV) [3,4];
  • PPPD (acronimo per “Persistent Postural-Perceptual Dizziness”): sintomi non associati a movimenti del capo, presenza per lo più di una sensazione di disequilibrio piuttosto che di una vera vertigine [3].

Elementi anamnestici

I pazienti in anamnesi possono fornire dati utili ai fini dell’individuazione clinica della BPPV; solitamente gli attacchi di vertigine sopraggiungono durante le ADL, maggiormente con i movimenti della testa e del tronco (es. movimenti a letto, flettersi in avanti per raccogliere un oggetto) [3]. Gli attacchi di vertigine solitamente non durano più di un minuto e sono associati a nausea, senso d’instabilità e di stordimento [3].


Valutazione

I criteri diagnostici di BPPV prevedono:

  • presenza di attacchi ricorrenti di vertigine posizionale [2, 5];
  • sensazione di instabilità prolungata, oltre che sintomi neurovegetativi (nausea, sudorazione, tachicardia) [2, 5];
  • comparsa di nistagmo posizionale, con latenza di uno o alcuni secondi nelle manovre diagnostiche posizionali [2, 5].

La BPPV prevede l’associazione della vertigine a nistagmo provocato dalla manovra di Dix-Hallpike o manovra di Roll [3]. Il tipo di nistagmo varia a seconda del canale coinvolto dalla BPPV: canale posteriore (nistagmo a componente mista torsionale + verticale), canale orizzontale (nistagmo orizzontale) [1,3].


Trattamento

È fondamentale e strettamente necessario trattare i pazienti con BPPV in team multi-disciplinari composti da medici specialisti e fisioterapisti [3]. Più nello specifico, il trattamento consiste, prima di tutto, nell’attuazione delle manovre di riposizionamento degli otoliti, più nello specifico la manovra di Epley o di Semont per il canale posteriore e anteriore e la manovra di Lempert o di Gufoni per il canale orizzontale [3].

La riabilitazione vestibolare incentrata sull’erogazione di esercizi specifici (es. batterie di Cawthorne-Cooksey o di Brandt-Daroff) risulta meno efficace in fase acuta, rispetto alle manovre di riposizionamento, che rimangono la scelta migliore [3].

Gli esercizi di riabilitazione vestibolare sono finalizzati alla stimolazione del sistema tonico posturale in modo da accompagnare il paziente verso il recupero totale delle ADL e a ridurne il rischio di cadute secondarie [3].

Per quanto riguarda la terapia farmacologica, non sembra essere consigliata nella gestione della sintomatologia da BPPV; inoltre, le sostanze più spesso utilizzate (benzodiazepine e antistaminici) inducono effetti collaterali sulle funzioni gastrointestinali, urinarie e cognitive aumentando il rischio di cadute [3].


Prognosi

La Vertigine posizionale parossistica benigna ha una prognosi favorevole, che sfocia nella risoluzione della sintomatologia, anche se i tempi possono essere variabili: il 20% dei pazienti ha una remissione a 1 mese, il 50% a 3 mesi e il 30% oltre i 3 mesi [1,3]. Utili sedute di follow-up che possano controllare le condizioni dei pazienti, scongiurando eventuali sintomi a lungo termine che possano far sospettare un coinvolgimento del SNC [1].