Lesione muscolare: una guida pratica riabilitativa

Di seguito una guida pratica riabilitativa basata su un’attenta analisi della letteratura corrente.

lesione muscolare
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La lesione muscolare è molto frequente, in particolare nella popolazione sportiva. Nonostante la loro elevata incidenza però i progressi nei criteri diagnostici – clinici e di imaging, le loro strategie di gestione e di riabilitazione sono ancora dibattute in letteratura. (1,2)

Inoltre, complicanze e recidive risultano frequenti dopo una lesione muscolare, spesso a causa di un trattamento improprio o di un rapido ritorno all’attività sportiva. (1)

Di seguito una guida pratica riabilitativa basata su un’attenta analisi della letteratura corrente.


Lesione muscolare: cause

Le lesioni muscolari solitamente si determinano o a causa di un movimento di una parte del corpo tale da indurre un trauma, che chiameremo trauma “indiretto”, oppure come conseguenza di un colpo incidente su un tessuto muscolare, trauma “diretto”. (1,2)

I traumi indiretti solitamente si verificano nella fase eccentrica della contrazione muscolare, non rari nelle attività in cui non si rischiano colpi sul muscolo o impatti e anche negli sport senza contatto. Più frequenti negli sport di contatto invece sono le lesioni muscolari provocate da eventi traumatici diretti. (3,4)

Queste ultime possono variare in fatto di gravità a seconda della direzione, intensità e angolo di incidenza del colpo/impatto subìto. Negli eventi traumatici diretti, infatti, sul muscolo incide un vettore di forza esterno che, provocando uno schiacciamento, può causare una lesione tissutale.

La gravità della lesione è quindi fortemente dipendente dall’intensità della forza incidente, dallo stato di contrazione del muscolo e dalle caratteristiche del muscolo interessato (1).

Talvolta, come si è detto, lo strappo muscolare non è conseguenza dell’applicazione di una forza esterna, ma si determina esclusivamente per causa di uno stress meccanico provocato da un gesto motorio, solitamente durante la fase eccentrica della contrazione muscolare. In tale circostanza i muscoli normalmente interessati dalla lesione sono quelli biarticolari, costituiti principalmente da fibre di tipo II e con architettura pennata, come, ad esempio, i muscoli posteriori della coscia: il retto femorale e la testa mediale del gastrocnemio (1-5).

La sede in cui si localizza la lesione può variare a seconda della tipologia di trauma che la provoca: si localizza nel sito dell’impatto quando il trauma al muscolo è diretto, viceversa, nel trauma indiretto, è solita presentarsi nell’unione miotendinea o all’estremità del ventre muscolare (1,2)

I sistemi di classificazione degli infortuni muscolari sono in continua evoluzione. Purtroppo numerosi di essi sono privi di una logica basata sull’evidenza scientifica, mancano di valore prognostico e quindi rappresentavano ausili non ottimali per i clinici coinvolti nella gestione delle lesioni muscolari (2).

Negli ultimi anni, tuttavia, la crescente comprensione delle caratteristiche delle lesioni muscolari e la loro correlazione con la possibilità di ripresa dell’attività sportiva, ha consentito lo sviluppo di sistemi più completi e dettagliati, potenzialmente in grado di migliorare la predizione della prognosi e il trattamento delle diverse tipologie di infortunio. Uno dei sistemi che gode di maggiore consenso in letteratura scientifica è la cosidetta “Classificazione di Monaco”, trattasi di un sistema ampiamente condiviso dalla comunità scientifica che utilizza una nuova terminologia e classificazione delle lesioni muscolari nell’ambito sportivo. Tale classificazione è stata adottata e pubblicata successivamente all’approvazione di diversi esperti internazionali, del Comitato Olimpico Internazionale (CIO) e dell’Unione delle Associazioni Calcistiche Europee (UEFA), con il fine di stabilire una definizione condivisa  e uniforme tra gli operatori sanitari internazionali (6).

La caratteristica primaria della Classificazione di Monaco è quella di essere dicotomica, basata sulla natura del trauma muscolare, ossia diretto oppure indiretto.

Secondo la Classificazione di Monaco le lesioni conseguenti a un trauma diretto, sono:

  • la contusione, che consiste in un colpo diretto provocato da un avversario sportivo o da uno strumento correlato allo sport;
  • la lacerazione che deriva da un impatto contro una corpo tagliente (6).

Le lacerazioni non sono ulteriormente classificate, a differenza delle contusioni che possono invece essere suddivise in lievi, moderate e gravi, dipendentemente della disabilità funzionale che producono.

Le lesioni muscolari indirette, come si è detto, non sono causate da alcun tipo di impatto. Possono essere generate da una singola contrazione o dall’effetto cumulativo di più contrazioni. La contrazione eccentrica è una delle principali cause di tale tipologia di lesione, quale conseguenza delle maggiori forze prodotte rispetto all’attività isometrica o concentrica (1,2,6).

Le lesioni muscolari indirette si suddividono in quattro tipologie, sulla base di quanto evidenzia l’esame strumentale con risonanza magnetica:

  • I tipi 1 (classificate come 1a e 1b) e 2 (classificate come 2a e 2b), chiamate lesioni di tipo “funzionale” o “non strutturali”, sono le più comuni e determinano oltre il 50% delle interruzioni dell’attività sportiva e dell’allenamento, provocano un’alterazione funzionale senza evidente danno strutturale. Se trascurate e non trattate adeguatamente possono però degenerare in uno stadio più grave (1,2,6)
  • Le lesioni non strutturali possono essere causate da eccessiva fatica e da movimenti insoliti ai quali non si è abituati (1,6). I cambiamenti nei protocolli di allenamento o le variazioni delle superfici sulle quali si pratica uno sport e l’intensità con il quale viene svolto, possono facilitare l’insorgenza delle condizioni che causano la lesione. Spesso possono derivare da contrazioni eccentriche eccessive e prolungate nel tempo (1,2,6).
  • La lesione di tipo 2A è principalmente associata ad alterazioni spinali, spesso mal diagnosticate, come ad esempio i disturbi intervertebrali minori che irritano il nervo spinale, alterando il controllo del tono muscolare (6). La lesione di tipo 2B deriva da un disordine del sistema neuro-muscolo-scheletrico. Uno squilibrio dei meccanismi neuromuscolari può compromettere il controllo del tono e indurre disturbi. Ciò si verifica quando il sistema di inibizione dei muscoli agonisti si vede alterato (diminuito) e il muscolo agonista viene contratto eccessivamente al fine di compensare (6).
  • I tipi 3 e 4 rappresentano invece lesioni strutturali che possono essere classificate come lievi (tipo 3a), moderate (Tipo 3b) o complete (Tipo 4) (6). Queste sono meno comuni rispetto a quelle funzionali e -sempre secondo la classificazione di Monaco- vengono suddivise in tre sottogruppi, in base all’entità della lesione. Una lesione di tipo 3A è una lesione parziale minore; una lesione di tipo 3B è una lesione parziale moderata; una lesione di tipo 4 è una lesione sub-totale che interessa il muscolo nella sua totalità o per una parte comunque superiore al 50% (6).

Lesione muscolare: sintomi

I segni e i sintomi che possono presentarsi a seguito di una lesione muscolare sono variabili e dipendono dell’entità della lesione medesima ma anche da altri numerosi fattori che possono agire nella capacità percettiva della persona interessata (6,7)

Nella lesione contusiva solitamente l’insorgenza del dolore è immediata, il colpo è diretto e i sintomi aumentano in misura correlata alle dimensioni e all’entità dell’ematoma. Il range di movimento attivo si riduce e al paziente è normalmente impedito di continuare a svolgere l’attività fisica, l’allenamento o la competizione nella quale è impegnato (1,2,6,7)

Nelle lesioni non strutturali i pazienti lamentano indolenzimento, pesantezza e rigidità muscolare che di solito aumentano con l’esercizio e spesso sono presenti anche a riposo (1,2,6,7).

Alla palpazione è possibile che il paziente riferisca sensibilità e dolore di alcuni fasci del muscolo (1).

Nel dolore muscolare a insorgenza ritardata (DOMS), il Tipo 1B, il dolore di solito si manifesta a riposo, alcune ore dopo l’attività sportiva. L’intero muscolo risulta rigido e sensibile alla palpazione. Negli infortuni di tipo 2B è presente un aumento del tono muscolare e i pazienti frequentemente riferiscono crampi. A volte, questi ripetuti disturbi neuromuscolari legati alla fatica, possono indicare patologie muscolari subcliniche, che emergono in seguito a protocolli di allenamento a carico intenso. (1,2,6,7).

Una lesione parziale minore (Tipo 3A) è caratterizzata invece da un dolore acuto, provocato da un movimento specifico. Il sintomo è ben localizzato, facile da apprezzare alla palpazione e, alle volte, preceduto da una sensazione di scatto. Alla palpazione non è possibile rilevare il difetto strutturale in quanto troppo piccolo e la contrazione, contro la resistenza manuale, risulta dolorosa (1,6,7). Anche in una lesione parziale moderata (Tipo 3B) il dolore acuto si produce attraverso un movimento specifico e risulta ben localizzato. A questi sintomi si associa la disabilità funzionale, che talvolta impedisce all’atleta di eseguire alcuni gesti o movimenti. In taluni casi, specialmente se sono coinvolti l’epimisium o il perimisium, durante la palpazione, più frequentamente dopo qualche ora dall’infortunio, è possibile apprezzare il difetto strutturale, con possibile evidenza di ematoma. In questi casi l‘allungamento delle fibre muscolari risulta provocare un dolore acuto e la contrazione contro resistenza è solitamente impossibile (1,2,6,7).

Rotture subtotali / totali o avulsioni tendinee (Tipo 4) si presentano con dolore sordo e opprimente esacerbato da un movimento specifico; lo scatto e la disabilità funzionale compaiono immediatamente. L’interruzione delle fibre muscolari spesso può essere palpata e si sviluppa precocemente un ematoma. La funzione dell’unità muscolo tendinea lesionata è totalmente persa e spesso si vede necessario il trattamento chirurgico (1,2,6,7).

Di seguito un elenco dei sintomi più frequenti della lesione muscolare (7):

  • insorgenza improvvisa di dolore
  • dolore
  • range di movimento limitato
  • alterazioni cutanee come lividi e/o ematomi
  • gonfiore
  • sensazione sgradevole descritta come “annodatura” nei pressi del muscolo lesionato
  • spasmi muscolari
  • rigidità
  • debolezza
  • perdita funzionale della struttura

Lesione muscolare: diagnosi

La diagnosi di lesione muscolare si basa principalmente sull’anamnesi e sull’esame clinico del paziente (2,7).

Tra le tecniche di imaging utilizzabili per la diagnosi della lesione muscolare quella dell’ecografia è la più economica e rapida da eseguire, consente la stadiazione di quasi tutte le lesioni muscolari, la valutazione della loro evoluzione e delle loro eventuali complicanze (1,2).

Nelle contusioni gravi, la sensibilità dell’esame diagnostico con ecografia per valutare l’ematoma è del 100% (8). L’ecografia consente di diagnosticare una lesione strutturale del muscolo da 36 a 48 ore dopo il trauma, poiché il picco di raccolta edematosa emorragica si osserva dopo 24 ore e fino a 48 ore, quando inizierà a diminuire (8).

Il monitoraggio con ecografo può quindi essere eseguito a 2, 4 e fino 5 giorni dal trauma. Se eseguito in dinamica consente di valutare sia l’allungamento che la dislocazione dei fasci terziari e l’estensione della lesione (8,9).

L’eco color Doppler e power Doppler consentono di visualizzare il percorso di arterie e vene e di quantificare la quantità di sangue all’interno del muscolo, è possibile quindi apprezzare l’ipervascolarizzazione all’interno del tessuto cicatriziale della lesione (1,8,9)

La risonanza magnetica è richiesta solo in pochi casi, in quanto l’ecografia non consente di valutare i tessuti più profondi e presenta una sensibilità bassa per le lesioni di piccola entità. La sensibilità dell’ecografia per le lesioni non strutturali è infatti del 77% a fronte del 93% per quelle strutturali. Ciò dipende, ragionevolmente, dal fatto che, nel trauma di minore entità, la capacità diagnostica dell’ecografia sia ridotta a causa della scarsa presenza di segni clinici all’interno della fibra muscolare. Condizione che rende necessario un esame clinico maggiormente sensibile (8,9,10,11)

La risonanza magnetica è uno strumento diagnostico multiparametrico e di maggiore precisione rispetto all’ecografo. Questa consente di rilevare anche cambiamenti minimi, con una sensibilità del 92% per le lesioni non strutturali. Per la sua capacità panoramica, consente una valutazione dei muscoli più profondi, difficili da analizzare attraverso l’ecografia (11).

Le lesioni strutturali sono ben individuate attraverso la risonanza magnetica, con la quale è possibile misurare le variazioni di volume, struttura e intensità del segnale del muscolo, oltre a definire adeguatamente l’entità della lesione. La risonanza magnetica è inoltre più sensibile dell’ecografia nel rilevare l’eventuale presenza di edema all’interno del fascio muscolare, anche quando il muscolo è strutturalmente intatto (12).

In conclusione, l’ecografia è l’approccio di diagnosi per immagine più economico, rapido da eseguire, di semplice esecuzione. Tuttavia, a causa della sua moderata sensibilità e limitata funzionalità, deve essere sostituito o combinato alla risonanza magnetica nei casi in cui sia necessario, quali: fornire una prognosi per lesioni non strutturali; escludere un infortunio strutturale in pazienti nei quali anamnesi clinica ed ecografia sono discordanti; valutare muscoli profondi e quindi difficili da esaminare con l’ecografia; quando si sospetta un coinvolgimento tendineo o avulsioni osso-tendinee nelle lesioni muscolari subtotali o complete (1,2,5-8,11).


Lesione Muscolare: trattamento

La maggior parte dei traumi muscolari risponde bene al trattamento conservativo, che deve comunque essere adeguato alla fase dell’infortunio (1).

Trattamento nella fase acuta

La letteratura indica, nel periodo immediatamente seguente all’infortunio e nei i successivi 2-3 giorni, l’utilizzo della terapia locale con il ghiaccio in combinazione con un esercizio fisico moderato (esercizi di mobilità o stretching). Nel caso di gravi lesioni possono essere indicati ausili utili alla protezione della zona infortunata come, nel caso di una lesione di grande entità ad un muscolo dell’arto inferiore, le stampelle. Il protocollo PRICE (Protection Rest Ice Compression Elevation) negli ultimi anni è stato molto utilizzato nelle fasi iniziali, una volta accertata la lesione (1,2)

Attualmente però la comunità scientifica concorda nell’attuazione del protocollo “POLICE” (Protection Optimal Load Ice Compression Elevation) (13). Il carico ottimale, in alternativa al riposo, è la variante che rende questo approccio più efficace nella tipologia di lesione in esame. Infatti la letteratura è concorde nell’affermare che un programma riabilitativo debba preferire al riposo un’attività equilibrata e di intensità progressiva, introducendo gradualmente stress meccanici controllati, diversi a seconda della sede interessata, oltre a prestazioni atletiche che coinvolgano i muscoli interessati (13).

Nella fase acuta il muscolo infortunato deve essere protetto da carichi eccessivi che potrebbero compromettere, o rallentare, il processo di guarigione. Il ghiaccio, o la crioterapia in genere, viene utilizzato per il suo effetto a livello vascolare e di riduzione del dolore, nota la sua capacità di agire su determinati recettori che incide nel migliormaneto a breve termine della sintomatologia del paziente. La compressione limita la diffusione dell’edema da stravaso di liquidi dai vasi lesi all’interno del sito della lesione. Il sollevamento dell’area lesa, invece, riduce la pressione locale e il sanguinamento, favorisce il drenaggio dell’essudato infiammatorio, attraverso il sistema linfatico e riduce l’edema e le relative complicanze (14).

In questa e nel resto delle fasi che compongono la riabilitazione della lesione muscolare, la terapia manuale, l’educazione al dolore basata sula neuroscienza, coì come il linfodrenaggio e i tape compressivi/funzionali, possono risultare efficaci nel migliorare le condizioni del paziente e ottimizzare gli effetti della riabilitazione (1,15,16).

Trattamento nella fase sub-acuta

L’esercizio fisico risulta centrale nell’approccio terapeutico relativo alla fase sub-acuta. L’attività deve prevedere, gradualmente e in maniera controllata, le diverse tipologie di contrazioni muscolari e può coinvolgere esercizi per la stabilità e l’equilibrio (1).

In questa fase, oltre all’approccio terapeutico con terapia manuale, educazione e linfodrenaggio, è possibie introdurre la mobilizzazione neurale (o neurodinamica) che risulta utile nel migliorare la sintomatologia del paziente e la sua capacità di movimento (15-17)

Trattamento nella fase di riabilitazione funzionale e ricondizionamento atletico

Questa fase della riabilitazione consiste nel ricondizionamento per lo sport e ha come cardine centrale l’esercizio fisico individualizzato per il paziente e specifico per lo sport che svolge (1).

La letteratura è concorde nel privilegiare la gestione conservativa della lesione muscolare che, comunque, deve essere adattata alla struttura coinvolta e alle sue caratteristiche anatomiche.

Nell’approccio riabilitativo di una lesione al muscolo gran dorsale, e più in generale alla muscolatura dell’arto superiore, come il pettorale maggiore, risulta di particolare importanza l’introduzione di un programma diretto al miglioramento del ROM dell’articolazione della spalla (incluse la rotazione esterna ed interna) che spesso si apprezza alterato nei soggetti che soffrono questo tipo di infortunio. Inoltre, già durante le prime fasi della lesione, risulta indicato introdurre esercizi diretti alla muscolatura stabilizzatrice della scapola, in particolar modo se il paziente pratica sport che preveda una costante attività dell’arto superiore. In questo caso, solo a seguito di un appropriato rinforzo della muscolatura stabilizzatrice del complesso scapolare, è consigliato procedere con la fase di riabilitazione funzionale (18- 19).

Anche durante la riabilitazione di una lesione muscolare localizzata nel bicipite è importante considerare il segmento articolare della spalla, in quanto il muscolo bicipite brachiale, vista la sua biarticolarità, può essere influenzato dal posizionamento di questa articolazione ed essere il motore dei suoi movimenti, reclutando fibre distinte in funzione dei gradi di elevazione gleno-omerale (20).

Risulta opportuno quindi, durante il recupero di una lesione del bicipite, includere esercizi che coinvolgano la spalla in diverse angolazioni di flessione ed estensione.

Per lo stesso motivo di natura biomeccanica, è indicato includere anche esercizi che coinvolgano la prono supinazione dell’avambraccio. (20).

Anche nell’approccio alla riabilitazione della muscolatura dell’arto inferiore, come gli adduttori, gli ischiocrurali e il tricipite surale, è necessario analizzare le caratteristiche anatomiche di ogni struttura lesionata e il suo rapporto con le articolazioni vicine.

Nel recupero di una lesione muscolare di questo segmento risulta particolarmente adatta l’inclusione di esercizi che si focalizzino sulla contrazione eccentrica del muscolo, nel rispetto dei limiti e della tolleranza del paziente. E’ accertata inoltre l’utilità della pratica di esercizi pliometrici che includano l’attività del muscolo leso (17,21,22)

E’ indicato inoltre il trattamento con neurodinamica: se durante l’esame valutativo viene riscontrato un test di slump attivo positivo, le tecniche di mobilizzazione neurale sono raccomandate come parte del programma di riabilitazione per il recupero da una lesione muscolare dell’arto inferiore, come quella degli ischiocrurali (17).

E’ stato infatti accertato che l’inclusione dello slump stretch riduce il tempo necessario per il ritorno allo sport nelle persone con questo tipo di lesione che risultano positive a slump test (17).

Nei casi di rotture subtotali o tatli spesso si vede necessario invece l’approccio chirurgico (1).


Strappo muscolare: come impostare gli esercizi?

Esercizi nella fase acuta

L’evidenza scientifica valuta opportuna l’introduzione moderata di esercizi nella fase acuta della riabilitazione di una lesione muscolare. L’esercizio in quella fase della lesione può prevedere semplici movimenti di mobilità e di allungamento muscolare, nei limiti della tolleranza del soggetto e prevedendo un’intensità progressiva, con l’introduzione graduale e controllata degli stress meccanici dei movimenti, determinati dai muscoli coinvolti (13,18- 22).

Esercizi nella fase sub-acuta

L’allenamento isometrico, meno stressante rispetto ad altre forme di allenamento, deve essere introdotto per primo in questa fase della riabilitazione. Gli esercizi concentrici ed eccentrici possono invece essere posticipati ed iniziati quando un moderato allenamento isometrico può essere eseguito senza dolore. Anche in questa fase del recupero è bene

rispettare una certa gradualità nella progressione dell’allenamento fisico: gli esercizi inizialmente dovrebbero essere eseguiti senza resistenza, il carico dovrebbe essere progressivamente aumentato (1,2,18-22) ed i carichi stressanti eccentrici isotonici dovrebbero essere introdotti solo quando l’allenamento concentrico risulti ben tollerato dal paziente. In letteratura sono presenti diversi studi che valutano, come utile ed efficace nella fase sub-acuta, anche l’esecuzione di esercizi motorio-sensoriali, diretti all’allenamento dell’equilibrio e di esercizi per la stabilità, diretti invece al controllo posturale e neuromuscolare. (1,2,18-22)

Esercizi nella fase di riabilitazione funzionale e ricondizionamento atletico

In questa fase della riabilitazione, secondo la letteratura, è opportuno coinvolgere protocolli di allenamento di graduale maggiore intensità individualizzati per il paziente e specifici per l’attività sportiva svolta dal soggetto.

E’ necessario concentrarsi sul miglioramento delle capacità motorie, come la resistenza e la forza muscolare, con l’obiettivo di ricondizionare il paziente ai gesti atletici previsti nel suo sport. (1,2).

Per tale motivo è indicata l’introduzione di esercizi pliometrici, balistici e isoinerziali, con lo scopo di raggiungere capacità fisiche sufficienti ad eseguire ripetutamente i movimenti specifici dello sport, incluso quello che ha causato l’infortunio (18-24)

Ritorno allo sport

Una volta che il paziente è in grado di ripetere i gesti e le attività tipiche della sua attività sportiva, può tornare -con la dovuta gradualità- alla piena attività sportiva.


Lesione muscolare: tempi di guarigione

I tempi di guarigione delle lesioni muscolari, da lievi a moderate, di solito sono di poche settimane, da 1 a 4. Lesioni di grave entità invece possono richiedere anche 9-12 mesi per guarire completamente (24).

La localizzazione e la gravità della lesione, sulla base dei risultati dell’esame iniziale e dell’imaging, sono utili per stimare la durata della riabilitazione e il tempo di recupero del paziente (1,2,8,24)

In particolare, è stato dimostrato che i seguenti fattori incidono negativamente sul recupero del soggetto, rendendo la sua convalescenza più lunga: coinvolgimento del tessuto tendineo; vicinanza della lesione alla struttura ossea; aumento della lunghezza e dell’area di sezionale della lesione (17,24).

Conclusione

Gli infortuni muscolari sono molto diffusi nella popolazione. La loro diagnosi deve basarsi principalmente sull’anamnesi, l’esame cinico e le tecniche di imaging, utili per classificare e fornire un’adeguata proprosta di trattamento della lesione della lesione. La maggior parte delle volte possono essere trattate in modo conservativo con risultati eccellenti. L’approccio terapeutico deve essere differenziato a seconda della fase dell’infortunio e basarsi principalmente sull’esercizio di intensità progressiva. Solo nei casi più gravi si deve ricorrere alla chirurgia.