Slump Test: come si esegue?

Lo slump test è un test di valutazione di un paziente con dolore neuropatico. Andiamo a vedere come si esegue…

slump test
4.4/5 - (16 votes)

Lo Slump Test è una procedura comunemente impiegata durante l’esame obiettivo laddove il clinico sospetti un dolore neuropatico in un paziente con sintomi lombari/cervicali e/o irradiati agli arti. Sebbene largamente utilizzato per la sua facilità e rapidità di esecuzione, non vi è accordo sulle precise modalità di somministrazione e l’interpretazione dei suoi esiti è spesso misconosciuta. Vediamo allora di fare un po’ di chiarezza sullo Slump Test.


Cos’è lo Slump Test?

Questo test è stato descritto per la prima volta nel 1978 da Maitland, il quale aveva somministrato questa manovra a venticinque studenti fisioterapisti (sani) per valutare il normale effetto su dolore e restrizione della mobilità. Consiste in una sequenza progressiva di movimenti che avrebbero lo scopo di aumentare lo stress meccanico a carico delle strutture neurali, individuando potenziali risposte anomale che potrebbero suggerire un possibile coinvolgimento nella genesi del dolore. Come altri test di neurodinamica, la validità dello Slump Test si basa sul presupposto teorico che, in presenza di dolore neuropatico, il tessuto si presenti sensibilizzato a manovre che ne valutino la risposta meccanica e fisiologica (1). Attraverso dunque la modulazione progressiva dello stress tensivo a livello del tessuto nervoso (midollo, radici e nervi spinali), aumentando e/o diminuendo la distanza anatomica tra due segmenti sarebbe possibile individuare un’eventuale sorgente neurogenica dei sintomi. Uno studio di Coppieters e colleghi ha infatti dimostrato come la percezione di un dolore muscolare indotto sperimentalmente non venisse modificato durante le fasi successive dello Slump test, incoraggiando l’utilizzo di questa manovra nel valutare i tessuti neurali (2).

Quando fare lo Slump Test? 

Ideato per esaminare la meccano sensibilità delle meningi spinali all’interno del canale vertebrale, lo Slump Test  è raccomandato quale parte integrante della valutazione dei pazienti con sintomi lombari e all’arto inferiore (1,3). Infatti, in presenza di un dolore radicolare, l’anamnesi e l’esame neurologico sono spesso insufficienti a raggiungere la certezza diagnostica (4) e diversi autori consigliano di inserire l’utilizzo di test di neurodinamica all’interno dell’esame fisico (5). Qualora il clinico sospettasse la presenza di dolore neuropatico, lo Slump Test dovrebbe essere considerato quale test provocativo (6).


Come si esegue lo Slump Test?

In letteratura si possono trovare numerose varianti riguardo all’esecuzione e all’interpretazione di questo test. Una recente revisione narrativa ha descritto due modalità alquanto distinte, sia per lo stress meccanico prodotto a livello meningeo sia per i risultati osservabili (7). In un primo caso si fa sedere il paziente con l’arto sintomatico appoggiato orizzontale sul lettino. In seguito, si chiede di assumere una posizione in flessione del rachide cervicale portando il mento verso il petto. L’esito potrà essere positivo o negativo a seconda che avvenga o no la riproduzione del sintomo familiare. Ad ogni modo questa procedura non è sempre applicabile poiché i pazienti con dolore sciatico severo tendono a non tollerare la posizione di partenza. Un altro metodo, ed è quello più comune, consiste nel far sedere il paziente con le gambe fuori dal lettino e raggiungere progressivamente la posizione di slump attraverso la flessione del rachide (lombare, toracico e cervicale), l’estensione di ginocchio e la dorsiflessione di caviglia dell’arto sintomatico. Questa modalità presenta numerosi vantaggi poiché permette di arrestare il test in una qualunque fase venga riprodotto il sintomo tipico del paziente e di quantificare una possibile limitazione all’escursione articolare di ginocchio.

In uno studio del 1989 gli autori suddividono lo Slump Test in cinque fasi, ognuna delle quali raggiunta attivamente dal paziente e mantenuta passivamente dell’esaminatore (8). Il test viene sospeso e considerato positivo se, in una qualunque delle sequenze, il paziente lamenta dolore che riconosce come il sintomo familiare e che non cambia con la manovra di differenziazione. Il test inizia con il paziente seduto sul bordo del lettino e il clinico a lato dell’arto da testare (fig 1). Si procede come segue:

  1. L’esaminatore richiede al paziente di eseguire una flessione lombare e toracica evitando quella del capo. La posizione è mantenuta dall’esaminatore attraverso una stabilizzazione con l’avambraccio. (fig. 1A)
  2. Mantenendo la posizione raggiunta, l’esaminatore chiede al paziente di flettere il capo portando il mento contro il petto e ivi mantiene la posizione stabilizzando il rachide con la mano. (fig. 2A)
  3. Dalla posizione di Slump il clinico richiede una dorsiflessione di caviglia che andrà poi a mantenere con l’utilizzo della mano libera. (fig. 2B)
  4. Mantenendo le componenti prossimali e distali il clinico chiede al paziente di estendere quanto più riesce il ginocchio. (fig. 3A)
  5. Manovra di differenziazione: alla comparsa dei sintomi familiari al paziente, il clinico, mantenendo la posizione raggiunta, lascia la stabilizzazione craniale e richiede l’estensione del rachide cervicale. (fig. 3B)

Il test può essere ripetuto anche sull’arto sano per avere dei dati normativi di riferimento e, in assenza di sintomi evocabili, anche bilateralmente.

Diversamente dalla procedura appena descritta, in letteratura sono riportate numerose varianti. In alcune pubblicazioni la dorsiflessione di caviglia rappresenta l’ultima sequenza del test (preceduta dall’estensione di ginocchio) (1,3,9), mentre in altre le due manovre sono invertite (6,8,10). Inoltre, alcuni autori richiedono un’esecuzione attiva e libera al paziente (1,6,9) mentre altri suggeriscono una procedura completamente passiva e guidata dal clinico (8,10). Ad ogni modo non esiste unaccordo su quale sia la maniera corretta di eseguire lo Slump test e non è noto se la variazione delle sequenze abbia un diverso effetto sulla provocazione dei tessuti neurali (1).

In questo articolo è stato scelto di riportare la modalità descritta da Philip e colleghi poiché permette di oggettivare, tramite l’uso di un inclinometro, anche eventuali differenze presenti tra i due arti nell’escursione di ginocchio (8).


Interpretazione dei risultati

Uno studio sull’accuratezza diagnostica dello Slump Test condotto da Urban propone due criteri di positività: se il dolore o le “sensazioni” evocate durante le manovre sono ridotte dalla manovra di differenziazione o se è presente una differenza tra i due arti in termini di dolore evocato o range of motion all’estensione di ginocchio (10). In una ricerca simile, invece, gli autori assumono come esito positivo l’evocazione di sintomi all’arto inferiore diversi dal contro laterale (6).

Considerando la popolazione di riferimento e le caratteristiche dello Slump Test  appare alquanto poco sensibile considerare i soli sintomi distali ignorando quelli lombari, mentre, una pubblicazione che ha indagato le risposte allo Slump Test in 84 soggetti asintomatici ha riportato una risposta sensoriale nel 97,6% dei casi(1). Ciò significa che tessuti neurali sani, quando meccanicamente stimolati attraverso il test, possono evocare una risposta “sintomatica”, solitamente descritta come una sensazione di “tensione”, “tirare” o “rigidità” nella parte bassa della schiena o al retro della coscia.

Come suggerito da altri autori, dovrebbe dunque assumersi quale criterio chiave, la riproduzione dei sintomi familiari al paziente, modificabili tramite la manovra di differenziazione (1,8,9). Ad ogni modo è bene notare che lo studio di Walsh su un campione sano ha riportato anche una modifica dei sintomi a seguito dell’estensione cervicale nell’80% dei partecipanti. Ciò dovrebbe indurre il clinico a porre una maggiore attenzione nell’interpretazione dei risultati poiché la riproduzione di sintomi diversi da quelli tipicamente lamentati dal paziente potrebbe essere un artefatto del test, come osservato dalla normale provocazione del tessuto nervoso nei soggetti asintomatici (1).


Riproducibilità e Accuratezza dello Slump Test

Lo Slump Test presenta un’ottima riproducibilità inter esaminatore (k = 0.89) quando si assume quale criterio di positività la riproduzione dei sintomi familiari che rispondono alla manovra di differenziazione (8). Questo lo rende uno strumento estremamente affidabile nella pratica clinica, poiché il suo esito non sembrerebbe dipendere dalle caratteristiche dell’esaminatore. Quanto all’accuratezza sono stati riportati diversi valori sulla precisione del test nel riconoscere la presenza della patologia, spesso rapportati a gold standard differenti. Due studi hanno valutato l’utilità dello Slump Test in soggetti con sintomi lombari e irradiati all’arto inferiore con conferma alla Risonanza Magnetica di compressione radicolare (6,9). Entrambi hanno evidenziato buoni valori di sensibilità (rispettivamente 0.78 e 0.84) nell’identificare pazienti con ernia discale mentre i valori di specificità sono risultati alquanto discordanti (0.36 e 0.83). Quando invece confrontato con l’esame neurologico lo Slump test ha dimostrato un’ottima accuratezza nell’individuare quei soggetti con dolore neuropatico (Sens 0.91, Spec 0.70) e l’aggiunta del criterio “dolore sotto al ginocchio” permetterebbe una specificità del 100%, sebbene osservata su un campione di soli 11 partecipanti(10). Per il suo elevato potere di rule-out, lo Slump Test potrebbe dunque rappresentare un buon esame di screening in quei casi di sospetto dolore neuropatico (6,9,10).


Altri test neurodinamici

Per confermare un sospetto diagnostico in caso di Slump Test positivo, alcuni autori suggeriscono l’aggiunta dello Straight Leg Raising Test a fronte della suo ridotto numero di falsi positivi (9). Questo test si effettua con il paziente supino mentre l’esaminatore esegue un’elevazione a ginocchio esteso fino alla riproduzione del sintomo familiare. Anche in questo caso esiste discordanza sull’interpretazione dei risultati e delle possibili implicazioni a seconda di una positività rilevata a diversi gradi di flessione d’anca. La manovra di differenziazione strutturale può essere eseguita tramite la dorsiflessione della caviglia (aumento dei sintomi) dopo aver riportato l’arto ad un grado di elevazione non provocativo (11). Come nello Slump Test, la procedura si propone di generare una trazione caudale delle radici spinali di L5-S1, ma, avendo meno componenti ,risulterebbe meno provocativa dello Slump, rendendo più dubbia la differenziazione con una possibile rigidità degli ischio crurali.


Lo Slump Test come trattamento

Una revisione sistematica del 2018 ha indagato l’efficacia del trattamento neurodinamico tramite la procedura dello Slump Test nel ridurre il dolore e la disabilità nei pazienti con mal di schiena (12). Dei dodici studi inclusi nove valutavano lo Slump stretching come intervento aggiunto mentre il 58% dei pazienti considerati non presentava sintomi radicolari. Sebbene a oggi non siano pienamente compresi i meccanismi fisiologici indotti dalla mobilizzazione del tessuto neurale, sembrerebbe possa indurre ipoalgesia tramite aumento della pain pressure threshold e modulazione dell’attività delle fibre C. Infatti, gli esiti della meta-analisi hanno riportato un effetto importante nella riduzione del dolore, offrendo la possibilità di considerare lo Slump Test non solo come test valutativo ma anche come ponte per il trattamento in quei pazienti con dolore lombare e/o irradiato alla gamba.

Diverse varianti dello Slump Test utilizzate come trattamento in paziente con bassa irritabilità

Conclusione

Lo Slump test è una manovra che dovrebbe essere considerata come parte integrante dell’esame fisico qualora si sospetti la presenza di dolore neuropatico. Sebbene dotato di una buona sensibilità, è sempre bene correlare gli esiti della prova con gli indicatori presenti in anamnesi al fine di valutare la necessità di ulteriori test. Non esiste una maniera univoca di condurlo ma appare logico suggerire la standardizzazione della procedura durante prove ripetute sullo stesso soggetto. La riproduzione del sintomo familiare che riduce d’intensità alla manovra di differenziazione sembrerebbe il criterio più affidabile per considerare positivo il test mentre, per la sua grande provocabilità anche in soggetti asintomatici, si raccomanda estrema cautela nel somministrarlo, soprattutto in caso di una sintomatologia estremamente irritabile.