PNF: Facilitazione Neuromuscolare Propriocettiva

Indice dell’articolo: Fondamenti dell’approccio PNFEfficacia dell’approccio PNFPNF nella praticaStretching PNFConclusioni Il concetto PNF – Proprioceptive Neuromuscular Facilitation è un approccio…

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Il concetto PNF – Proprioceptive Neuromuscular Facilitation è un approccio terapeutico sviluppato a partire dagli anni Quaranta del XX secolo dal neurologo e neurofisiologo Herman Kabat e dalla fisioterapista Margaret Knott presso il Kabat-Kaiser Institute in California1.

I fondatori iniziarono dedicandosi al trattamento principalmente agli esiti della poliomielite, in un’epoca in cui le cure passive erano dominanti. In seguito  le indicazioni vennero allargate ad altre condizioni neurologiche e ortopediche, e oggi l’insegnamento e lo sviluppo della PNF sono gestiti in tutto il mondo dalla International PNF Association-INPFA.

Fondamenti dell’approccio PNF

Il nome del concetto, coniato negli anni Cinquanta, ne trasmette l’idea fondante; l’utilizzo strategico di stimoli propriocettivi ed esterocettivi per “facilitare” l’attivazione del sistema nervoso e, di conseguenza, la risposta muscolare necessaria per il movimento.

Gli aspetti principali della filosofia PNF includono2:

  • Approccio positivo: Valorizzare le risorse del paziente, piuttosto che focalizzarsi sulle limitazioni,
  • Considerare il paziente nella sua globalità,
  • Terapia mirata al miglioramento della funzionalità nelle attività della vita quotidiana,
  • “Mobilizzare le riserve” lavorando al limite delle capacità del paziente,
  • Applicazione delle più attuali acquisizioni in termini di apprendimento motorio.

Le fondamenta teoriche iniziali del concetto PNF erano rappresentate dagli studi neurofisiologici di Sherrington sui principi di sommazione spaziale e temporale degli stimoli, induzione successiva, innervazione e inibizione reciproca1. Con l’evolversi delle conoscenze scientifiche, si è cercato di incorporare le nuove scoperte in termini di controllo motorio, apprendimento e plasticità neuronale, come ad esempio la pratica mentale, l’osservazione del movimento, il focus attentivo esterno e l’importanza di compiti funzionali significativi e motivanti.

In PNF, il movimento viene analizzato secondo schemi multiplanari che si sviluppano lungo traiettorie diagonali. Esercitare questi pattern in diverse posizioni e contesti all’interno della terapia, permette di avvicinarsi progressivamente alle attività funzionali, di reclutare un maggior numero di muscoli e quindi anche di avere un incremento dell’attività corticale3,4.
Le tecniche di trattamento in ambito PNF prevedono la progressione dal movimento passivo a quello assistito, attivo e contro resistenza, l’alternanza di diversi tipi di contrazione muscolare e il rilassamento di un muscolo dopo una contrazione prolungata seguito da un allungamento, per fare alcuni esempi.
Altre peculiarità sono l’utilizzo di stimoli esterocettivi (tattili, auditivi, visivi, vestibolari) e propriocettivi (tramite trazione o approssimazione delle articolazioni), della resistenza e dei riflessi da stiramento come mezzo per facilitare  la contrazione muscolare e favorire il movimento desiderato.

Il concetto PNF utilizza anche i fenomeni di irradiazione (o overflow), presenti anche in soggetti sani sia nella muscolatura agonista che antagonista, nell’arto omolaterale come nel controlaterale5, e ritiene che sia compito del fisioterapista,dirigere questo fenomeno per ottenere gli effetti desiderati all’interno dei pattern prestabiliti5. Ad esempio, data una sufficiente stabilità del tronco, è possibile, tramite il movimento attivo di un arto superiore, indurre una contrazione della muscolatura dell’arto inferiore controlaterale6.

La possibilità di utilizzare l’irradiazione dal lato corporeo più forte per stimolare i movimenti più deficitari trova riscontro, ad esempio, nello studio dell’apprendimento motorio dei soggetti post-ictus, che sembra riescano a fissare meglio lo schema motorio di un movimento quando un’attività viene eseguita inizialmente con l’arto superiore meno affetto, soprattutto quando si tratta della mano dominante, mentre l’effetto non si verifica in senso opposto7. In generale, nonostante il rischio di bias degli studi, l’effetto di un allenamento incrociato (cross education), per cui l’arto o l’emilato meno affetto dalla patologia viene allenato allo scopo di migliorare la forza e le capacità motorie anche dei segmenti corporei più deboli o meno colpito, ha mostrato in letteratura dei risultati promettenti8.

D’altro canto, una lesione neurologica unilaterale potrebbe portare ad una diminuita inibizione dell’emisfero controlaterale da parte dell’emisfero cerebrale colpito9, condizione che influenzerebbe negativamente il recupero motorio e che potrebbe essere peggiorata da un uso estensivo dell’emilato meno affetto. Anche per questo un approccio che favorisce l’utilizzo dei segmenti corporei più colpiti, in particolare l’arto superiore, come la constraint-induced movement therapy è spesso considerato nelle revisioni e nelle linee guida10,11, tuttavia i due approcci potrebbero essere complementari nel generare nuove connessioni neurali e allo stesso tempo recuperare quelle in disuso12.

Efficacia dell’approccio PNF

L’approccio PNF trova applicazione in un ampio spettro di condizioni, dagli anziani agli atleti13, per la rieducazione del cammino14–16, del pavimento pelvico17 della muscolatura respiratoria18,19 e della mimica facciale20, così come per disturbi muscoloscheletrici aspecifici21.

Dare un giudizio sulla validità di un concetto di trattamento complesso nel suo insieme è un quesito di ricerca probabilmente troppo ampio perché possa avere una risposta netta. Alcune revisioni sistematiche hanno comunque affrontato il tema dell’efficacia delle tecniche PNF nel quadro di determinate patologie, nonostante l’eterogeneità degli studi, della loro qualità metodologica e dei criteri di inclusione.

  • Ictus: Una revisione del 202222 ha preso in considerazione studi che hanno coinvolto pazienti adulti colpiti da ictus da più di 6 mesi valutandone il miglioramento negli outcome legati all’equilibrio e alla velocità del cammino. La meta-analisi ha mostrato una differenza statisticamente significativa a favore dei soggetti trattati con interventi basati sul concetto PNF, tra cui diversi pattern per il bacino, il tronco, il collo e bilaterali per gli arti inferiori, talvolta in combinazione con altri interventi. Gli autori sostengono l’efficacia di questi esercizi nel migliorare il controllo del tronco e del corpo nello spazio, tuttavia al tempo stesso ricordano come la significatività statistica dei risultati ottenutinon sempre si traduca in miglioramenti clinici importanti.
  • Malattia di Parkinson: Per una revisione sistematica del 2020, gli autori hanno selezionato 6 studi, di cui solo la metà adeguatamente randomizzati. Nella meta-analisi effettuata sui dati disponibili è emersa una differenza statisticamente e clinicamente significativa in favore degli interventi basati sul concetto PNF per quanto riguarda la velocità del cammino23.
  • Lombalgia: Una revisione del 202024, con metaanalisi di 17 studi per l’outcome dolore e di 11 per l’outcome disabilità sostiene l’efficacia dell’approccio, almeno nel breve termine. Da un’analisi dei sottogruppi sembrerebbe che una combinazione di più tecniche e pattern sia maggiormente efficace e che la tecnica contract-relax sia stata la più efficace per migliorare la disabilità funzionale, inoltre da un’analisi qualitativa sono stati rilevati anche effetti positivi sul ROM lombare. Possibili meccanismi di azione vengono ricercati nell’aumento di attività dei muscoli paraspinali, nel miglioramento della propriocezione del tronco e/o nell’esposizione dei pazienti a nuovi movimenti. Secondo gli autori, in ogni caso, a causa della eterogeneità degli studi e dei possibili bias, la forza della raccomandazione in favore della PNF rispetto ad altri interventi rimane bassa. Da queste considerazioni non si discostano di molto le revisioni più recenti, ad esempio mostrando un effetto di riduzione del dolore rispetto a nessun intervento e della disabilità rispetto al rinforzo del core25, ma sempre con un livello di certezza delle conclusioni piuttosto basso25,26.

PNF nella pratica

A prescindere da questi risultati, quello che si può sempre fare è domandarsi criticamente se i principi di un concetto di trattamento siano conciliabili con le migliori pratiche riconosciute al momento dalla comunità scientifica, a prescindere dall’etichetta di trattamento PNF.

Ad esempio, le linee guida 2022 dell’American Physical Therapy Association (APTA) sulla malattia di Parkinson menzionano solo uno studio riguardante la PNF, in cui  le tecniche di facilitazione neuromuscolare propriocettiva esercitate senza allenamento del cammino non hanno portato a grossi miglioramenti degli outcome relativi al cammino27. Tale risultato è ben poco sorprendente ma, a ben vedere, un trattamento del genere non risponde ai principi di base del concetto PNF, secondo i quali l’esercitare alcuni schemi di movimento non è un esercizio fine a sé stesso ma deve essere integrato nelle attività funzionali. Ciò è ben conciliabile con la maggior parte delle raccomandazioni fornite dalle linee guida e basate su studi di alta qualità, che consigliano di includere esercizi compito-specifici, con l’implementazione di diverse traiettorie e cambi di direzione o il ricorso ad attività di doppio compito (dual task). Anche gli input visivi, uditivi e propriocettivi, che possono avere un immediato impatto positivo su diversi parametri del cammino come velocità, lunghezza del passo, cadenza e distanza percorsa, sono uno dei capisaldi del concetto PNF.

Sempre le linee guida APTA si esprimono in favore di un approccio multimodale che comprenda elementi di rinforzo, integrazione sensoriale, cammino ed equilibrio con strategie posturali anticipatorie e reattive. Sono consigliati anche l’esercizio aerobico su treadmill e allenamento della forza con sovraccarichi, magari più difficili da ritrovare in un tipico programma PNF, ma che ben si accordano con il principio dell’utilizzare tutte le capacità residue dei pazienti.

Stretching PNF

Alcune tecniche PNF si sono guadagnate una certa popolarità anche al di fuori del campo della riabilitazione e vengono spesso utilizzate indipendentemente dai pattern PNF per ottenere un maggiore allungamento muscolare e aumentare il ROM articolare. Si tratta in particolare di tecniche che prevedono una contrazione attiva del muscolo prima di effettuare uno stiramento. Questa modalità dovrebbe essere più efficace rispetto allo stretching statico, grazie a una maggiore stimolazione dei propriocettori muscolari e tendinei. In molti studi si ritrovano frequentemente i termini PIR (post-isometric relaxation) e CRAC (contract relax, agonist contract), mentre in ambito PNF si parla piuttosto di tecniche di hold relax e contract relax.

Il supposto meccanismo dell’inibizione autogenica, per cui si verificherebbe un maggiore rilassamento del muscolo successivo alla sua attivazione isometrica, non trova in realtà molto supporto in letteratura28–30, così come non è chiaro se l’inibizione reciproca, ossia una diminuita attività di un muscolo in seguito all’attivazione dell’antagonista, sia alla base dell’efficacia dello stretching PNF29. Per quanto esistano numerosi studi sull’efficacia delle tecniche di stretching definite come PNF, mancano ancora lavori di alta qualità metodologica che mostrino una reale superiorità rispetto ad altri metodi di allungamento muscolare come lo stretching statico29,31.

Conclusioni

Il concetto PNF è un approccio terapeutico conosciuto in tutto il mondo e che ha avuto un impatto significativo nella fisioterapia neurologica e muscoloscheletrica. Pur non essendo un metodo superiore in assoluto ad altri approcci, i suoi principi forniscono, ai clinici che si trovano in sintonia con la filosofia PNF, degli utili strumenti per analizzare il movimento e inquadrare i bisogni funzionali dei pazienti.

Resta ai fisioterapisti la responsabilità di aggiornarsi sull’evoluzione continua delle conoscenze relative all’apprendimento e al controllo motorio, anche all’interno di concetti di trattamento con una lunga storia come la PNF, in modo da poterle applicare al meglio e adattarle al singolo paziente nel contesto della terapia.