Sindrome del Tunnel Tarsale

Ecco una guida per il fisioterapista su valutazione e trattamento della sindrome del tunnel tarsale.

La sindrome del tunnel tarsale (STT) è una neuropatia da intrappolamento derivante dalla compressione del Nervo tibiale posteriore o di una delle sue branche terminali a livello della caviglia.

Si tratta di una condizione relativamente poco comune, la cui incidenza non è nota ma che dovrebbe comunque essere presa in considerazione nella diagnosi differenziale di disturbi che coinvolgono il distretto caviglia/piede1⁠.

La sintomatologia è costituita da dolore e parestesie nel territorio di distribuzione sensitiva del nervo, che include l’aspetto mediale della caviglia, il calcagno e la pianta del piede. Occasionalmente può esserci irradiazione alla regione distale e mediale della gamba. Tali sensazioni sono aggravate dalla stazione eretta e dal cammino prolungati, generalmente sono alleviate con l’arto in scarico, ma possono essere presenti anche sintomi notturni2⁠. Una perdita di sensibilità e di forza, con atrofia della muscolatura intrinseca del piede, può essere osservata nei casi più severi3⁠.


Tipologia di paziente

Il Nervo tibiale (anche Nervo sciatico popliteo interno, SPI) decorre posteriormente nella gamba, dando origine a diverse branche motorie e sensitive, passa attraverso il tunnel tarsale posteriormente al malleolo mediale, per poi terminare  a livello del piede nel Nervo Plantare mediale e nel Nervo Plantare laterale.

I rami sensitivi veicolano la sensibilità cutanea della zona calcaneare, della pianta e del bordo del piede, oltre che della regione infero-mediale della gamba. Sono innervati da rami motori del Nervo tibiale i muscoli popliteo, plantare, gastrocnemio, soleo, tibiale posteriore, flessore lungo delle dita, flessore lungo dell’alluce, abduttore dell’alluce, flessore breve delle dita, flessore breve dell’alluce, abduttore del mignolo, lombricali e interossei7⁠.

Il tunnel tarsale, attraverso cui il Nervo tibiale decorre a livello della caviglia, è un canale osteofibroso delimitato da una parte dal malleolo mediale, dall’osso calcaneare e dall’astragalo, dall’altra dal retinacolo dei flessori.

All’interno di questo canale decorrono altresì la Vena tibiale posteriore e l’Arteria tibiale posteriore, i tendini del Muscolo tibiale posteriore e dei Muscoli flessori lunghi delle dita e dell’alluce. Tutte queste strutture, insieme al Nervo tibiale, sono saldamente ancorate alla parte ossea dal retinacolo dei flessori e qualsiasi aumento eccessivo della pressione può avere ripercussioni sulla loro normale  funzione 4,8⁠.

anatomia tunnel tarsale

Tra le possibili fonti di di compressione descritte in letteratura troviamo diverse cause intrinseche ed estrinseche8,9:

  • Tendinopatie.
  • Fibrosi perineurale.
  • Osteofiti.
  • Ipertrofia del retinacolo.
  • Anomalie vascolari.
  • Cisti gangliari.
  • Neuromi.
  • Lipomi e altre neoplasie.
  • Calzature.
  • Traumi.
  • Alterazioni anatomiche.
  • Esiti di chirurgia.
  • Edema.
  • Diabete.
  • Ipotiroidismo.
  • Artropatie infiammatorie e altre malattie sistemiche.

Diagnosi Differenziale

Analizzando i sintomi riferiti dal paziente, è bene valutare se questi sono coerenti con l’ipotesi diagnostica di sindrome del tunnel tarsale o non possano suggerire la presenza di altre patologie più comuni, che entrano nella diagnosi differenziale.8,10

  • La fasciopatia plantare, che rappresenta la causa più comune di dolore al tallone e alla pianta del piede negli adulti.
  • Il dolore radicolare, specialmente irradiato dalla radice S1.
  • Le malattie reumatiche, che oltre ad essere un fattore di rischio per la sindrome del tunnel tarsale. possono di per sé causare dolore al piede e alla caviglia.
  • Le neuropatie periferiche.
  • Le fratture da stress.
  • La compressione del Nervo plantare laterale inferiormente al tunnel tarsale.

In considerazione del fatto che una compressione del Nervo tibiale può essere data da qualsiasi lesione occupante spazio nel tunnel tarsale va prestata come sempre attenzione a possibili bandiere rosse, come la presenza di masse palpabili, storia di tumore, febbre e altri sintomi sistemici.


Elementi anamnestici

Durante l’anamnesi e con l’osservazione è possibile indagare ulteriori elementi che sono stati descritti come fattori di rischio per lo sviluppo di una sindrome del tunnel tarsale1,5,8⁠, come:

  • Lavoro o attività sportiva caratterizzati da posture o movimenti provocativi.
  • Esiti di traumi o di interventi chirurgici.
  • Deformità congenite del piede o della caviglia come piede piatto o retropiede valgo
  • Storia di ripetute distorsioni e/o instabilità cronica di caviglia.
  • Utilizzo di tacchi alti, calzature strette o tutori che esercitano una compressione eccessiva.
  • Diabete mellito.
  • Artrite reumatoide o altre malattie reumatiche.
  • Artrosi.
  • Tenosinovite dei muscoli tibiale posteriore, Flessore lungo delle dita o dell’alluce.
  • Ipertrofia della muscolatura della gamba.
  • Presenza di cisti o altre masse tissutali.
  • Sovrappeso.

Esame obiettivo

  • La palpazione e l’esame funzionale di base dovrebbero essere in grado di confermare quanto venuto alla luce durante anamnesi e osservazione, compresi fattori aggravanti ed allevianti e possibili fonti di compressione intrinseca o estrinseca. La dolorabilità dell’area alla palpazione è un reperto comune, sebbene poco specifico 8,10
  • La ricerca del segno di Tinel tramite compressione focale posteriormente al malleolo mediale, viene comunemente suggerita come il test provocativo principale, sebbene con una sensibilità solo del 58%11⁠. Occasionalmente è stata descritta l’irradiazione prossimale dei sintomi lungo il decorso del nervo in seguito a compressione (fenomeno di Valleix)6

Tra le altre manovre di provocazione dei sintomi descritte in letteratura, ricordiamo:

  • Il Dorsiflexion-eversion test: flessione dorsale ed eversione passive della caviglia mantenute per 5-10 secondi, associate a palpazione.
  • Il Triple compression test: flessione plantare ed inversione passive associate a compressione del Nervo tibiale posteriormente al malleolo.

Secondo gli autori che hanno proposto questi test, essi avrebbero una sensibilità rispettivamente dal 25% al 98% e dell’85,9% ed una specificità entrambi del 100%.12,13⁠ Tuttavia mancano ancora in letteratura ulteriori studi di conferma.

In caso di sospetta sindrome del tunnel tarsale, è possibile inviare il paziente al medico per valutare l’opportunità di un approfondimento diagnostico:

  • Esami elettromiografici e di conduzione nervosa possono essere usati per determinare quali branche del nervo sono interessate da compressione.3,4
  • La risonanza magnetica e l’esame ecografico sono usati per localizzare il sito di compressione. L’esame color/power Doppler può esser utile in pazienti con disordini vascolari3,9⁠.
  • La radiologia tradizionale può individuare anomalie ossee strutturali.2

Trattamento

Nella letteratura scientifica sembra esserci consenso sull’opportunità di procedere in prima istanza con il trattamento conservativo2–4,10⁠, sebbene non esista uno standard di riferimento. Tra gli interventi proposti troviamo:

  • Modificazione delle attività.
  • Plantari.
  • Scarpe ortopediche.
  • Tutori.
  • Ultrasuoni..
  • Ionoforesi.
  • Fonoforesi.
  • Elettrostimolazione.
  • Crioterapia.
  • Stretching muscolare.
  • Mobilizzazioni neurodinamiche.
  • Tape.
  • Farmaci analgestici, antiinfiammatori e per il dolore neuropatico.
  • Iniezioni locali di cortisone.

Una volta inquadrato il disturbo e i fattori che aggravano o alleviano la sintomatologia, aiutare il paziente a modificare le proprie attività quotidiane per ridurre lo stress sui tessuti coinvolti è probabilmente il primo passo. In questo senso, anche l’uso di sostegni per l’arco plantare, taping o tutori può essere inserito se utile a correggere deformità e a modificare i sintomi riferiti.

Gli interventi fisioterapici riportati più frequentemente in letteratura comprendono allungamento e rinforzo del tricipite surale, dei muscoli tibiale anteriore e posteriore, del muscoli peronei e dei flessori brevi delle dita4⁠, sebbene manchino studi randomizzati controllati sull’effettiva efficacia. L’utilità di applicazioni di caldo, freddo o vibrazioni è più controversa3⁠. Come tecnica neurodinamica è stata suggerita la mobilizzazione del nervo a partire dalla posizione di slump test14⁠.

A livello farmacologico, diversi farmaci antidolorifici e antiinfiammatori e per dolore neuropatico possono essere utilizzati. L’opportunità delle iniezioni di cortisone andrebbe valutata con cura, visto l’effetto negativo sui tendini10⁠.

In caso di fallimento del trattamento conservativo o quando è già in atto una atrofia della muscolatura, il trattamento chirurgico prevede solitamente la sezione del del retinacolo dei flessori e della fascia profonda del muscolo abduttore dell’alluce e la rimozione di eventuali altri fattori di compressione del nervo3,4,8⁠.


Prognosi

Il decorso naturale della patologia non è conosciuto, e dipende in larga parte dalla causa della compressione. Anche l’efficacia dell’approccio chirurgico è  maggiore quando una lesione occupante spazio è chiaramente identificabile nel tunnel tarsale, in caso contrario gli esiti sono più incerti8. Il tempo di recupero funzionale post-intervento potrebbe andare dai 6 ai 12 mesi secondo alcuni case report.4⁠ Alcuni autori ritengono che i miglioramenti in caso di trattamento conservativo siano da attendersi in un periodo che va dai 10 fino ai 24 mesi.3,4⁠ Una patologia in fase avanzata con chiari segni di denervazione come anestesia e atrofia muscolare, è probabilmente un fattore prognostico negativo.2

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