Sindrome dello stretto toracico (TOS)

Ecco una guida per il fisioterapista su valutazione e gestione della Sindrome dello stretto toracico (TOS).

Con il termine Sindrome dello stretto toracico o TOS (Thoracic Outlet Syndrome) si fa riferimento ad un insieme di sintomi di natura neurogena e/o vascolare causati dalla compressione di strutture  situate nella zona dello stretto toracico. È una sindrome rara, descritta per la prima volta nel 1956, difficilmente diagnosticabile che colpisce giovani adulti con età compresa tra i 20 e i 50 anni. Ad oggi non esistono criteri diagnostici ben definiti, pertanto l’identificazione di questa condizione clinica è molto complessa. In media possiamo affermare che il 90% delle sindromi dello stretto toracico sia di origine neurogena, il 5% di origine venosa e solo l’1% di origine arteriosa in base alla struttura anatomica coinvolta nella compressione.

Il paziente con sindrome dello stretto toracico può lamentare sintomi lievi o potenzialmente gravi pertanto sarà fondamentale scegliere il tipo di approccio clinico. Il trattamento dipenderà dall’eziologia o dalla presenza/assenza di complicanze.

Sicuramente si predilige un approccio di tipo conservativo in assenza di complicanze ed il fisioterapista svolge un ruolo chiave nel trattamento di questa condizione clinica.

Nelle forme vascolari potrebbe essere necessaria una terapia farmacologica complementare alla fisioterapia. (1,2)


Tipologia di paziente

Data l’assenza di consensi sui criteri diagnostici è difficile dare delle stime sull’incidenza della sindrome dello stretto toracico ma alcuni studi riportano un’incidenza di 3-80/1000 pazienti. La sindrome dello stretto toracico colpisce adolescenti ed adulti con un rapporto maschio:femmina di 1 a 4. In generale, quindi, colpisce pazienti di giovane età, prevalentemente donne con caratteristiche anatomiche predisponenti (una costola cervicale in eccesso, processi trasversi di C7 prominenti, malformazioni congenite, ipertrofia della muscolatura scalenica e/o del muscolo piccolo pettorale, atteggiamenti posturali alterati), che svolgono lavori ripetitivi o attività fisiche ad alta energia o che abbiano subìto traumi stradali in passato come colpi di frusta. La presenza di una costola cervicale non è patognomonica di una sindrome dello stretto toracico poiché la maggior parte dei soggetti con questa anomalia anatomica è asintomatica.(3)

La prevalenza della forma neurogena è maggiore nelle donne, con un rapporto di 3,5:1 rispetto agli uomini. La forma venosa, a sua volta, sembra essere più comune negli uomini. La forma arteriosa non ha prevalenza di genere.


Patofisiologia

Le strutture coinvolte nella sindrome dello stretto toracico sono tre: lo spazio interscalenico (spazio delimitato lateralmente dai muscoli scaleno anteriore e scaleno intermedio e inferiormente dalla prima costa), la pinza costo-clavicolare e lo spazio retro-coraco-pettorale. Qualsiasi deformità, alterazione o lesione degli spazi sopra citati può esercitare una compressione sul plesso brachiale (sindrome dello stretto toracico neurogeno) generando sintomi come parestesia dell’arto superiore, debolezza, intorpidimento, atrofia muscolare e dolore; oppure sull’arteria succlavia (sindrome dello stretto toracico arterioso) o sulla vena succlavia (sindrome dello stretto toracico venoso, nota come sindrome di Paget-von Schroetter) con sintomi vascolari come edema, gonfiore, pallore, freddezza dell’arto e dolore. (1)

La maggior parte delle volte la sindrome dello stretto toracico, sia di natura neurogena che vascolare, colpisce unilateralmente e perlopiù l’arto dominante. (2)

Lì dove le cause anatomiche di compressione non sono chiare si parla di Non specific/Disputed TOS: spesso i sintomi sono bilaterali, caratterizzati da parestesie e dolore, prevalenti nelle donne adulte. Il primo approccio è sicuramente di tipo conservativo.


Diagnosi differenziale

  • Neuropatie periferiche (entrapment del nervo ulnare o del nervo mediano)
  • Tumore di Pancoast
  • Sindrome del piccolo pettorale
  • Lesioni del plesso brachiale
  • Lesioni della colonna cervicale
  • Radicolopatia cervicale C8-T1
  • Lesione articolare acromion-clavicolare
  • Sindrome di Parsonage-Turner
  • Sindrome di Raynaud
  • Tumori o cisti dello stretto toracico

Elementi anamnestici

La sintomatologia della sindrome dello stretto toracico dipende dalle strutture anatomiche coinvolte.

Gli elementi anamnestici della sindrome dello stretto toracico neurogeno:

  • Dolore all’arto superiore coinvolto;
  • Parestesia delle dita ( 58% dei casi in tutte le cinque dita);
  • Debolezza dell’estremità superiore;
  • Dolore alla palpazione dei muscoli trapezi, scaleni e della parete toracica anteriore (segni non patognomonici);
  • Cefalea occipitale (76% dei casi).

Gli elementi anamnestici della sindrome dello stretto toracico venoso:

  • Edema dell’arto superiore (preceduto da forte dolore nei giorni precedenti);
  • Colore cianotico dell’arto superiore;
  • Dilatazione delle strutture venose superficiali nella zona del collo, del torace e dell’arto superiore.

Gli elementi anamnestici della sindrome dello stretto toracico arterioso:

  • Dolore persistente non radicolare;
  • Intorpidimento dell’estremità colpita;
  • Freddezza e pallore dell’arto superiore;
  • Rari segni di ulcerazioni ed eventi microembolici (1,2).

Esame obiettivo e valutazione

  • Possibile presenza di alterazioni cutanee (colore e temperatura) nei casi di sindrome dello stretto toracico di natura artero-venosa;
  • Test di Adson per verificare una compressione a livello del triangolo interscalenico e dello spazio costo-claveare (positivo se riproduce le parestesie sul lato colpito e per obliterazione parziale o totale del polso radiale);
  • Test di Eden per verificare una compressione a livello costo-clavicolare (positivo per comparsa di parestesie, dolore e per obliterazione totale o parziale del polso radiale);
  • Test di Ross/East, un po’ più generico, per verificare qualsiasi compressione (positivo per l’impossibilità a completare il test nell’arco di tempo minimo richiesto di tre minuti e per riproduzione dei sintomi familiari);
  • Test di Wright per verificare una compressione sottocoracoidea (positivo per obliterazione totale o parziale del polso radiale).

L’esecuzione di più test insieme abbassa il numero di falsi positivi al momento della diagnosi. (1)


Trattamento

La tipologia di trattamento per la sindrome dello stretto toracico è relativa alle strutture anatomiche coinvolte nella compressione e dall’entità dei sintomi del soggetto. Solitamente si consiglia inizialmente un approccio di tipo conservativo i cui obiettivi sono:

  • Educazione del paziente alla problematica clinica;
  • Alleviamento dei sintomi attraverso la riabilitazione;
  • Somministrazione di farmaci antinfiammatori, miorilassanti e/o oppioidi (se necessario);
  • Iniezione di tossina botulinica nei muscoli scaleni e/o nel muscolo piccolo pettorale (scarsa evidenza scientifica);
  • Terapia anticoagulante (solo nelle forme venose).

Nello specifico la riabilitazione si serve delle seguenti strategie:

  1. Educazione del paziente al cambiamento degli stili di vita attraverso tecniche posturale;
  2. Utilizzo di tecniche di rilassamento muscolare attraverso esercizi di respirazione;
  3. Utilizzo di tecniche di stretching attivo e passivo delle strutture cervicali e scapolo-toraciche;
  4. Esercizi di depressione e retrazione scapolare attraverso l’utilizzo di elastici e pesi;
  5. Esercizi di abduzione, flessione ed estensione della spalla con focus sul controllo scapolare (attività mirata al controllo del muscolo dentato anteriore);
  6. Esercizi di ante e retroposizione del capo;
  7. Tecniche di neurodinamica sul plesso brachiale ( tecniche di apertura statica, dinamica e di scivolamento neurale).

Il trattamento chirurgico è indicato lì dove quello conservativo ha fallito o nei casi in cui ci siano state lesioni ossee post-trauma, lesioni vascolari, sintomi debilitanti per il paziente che riducono drasticamente la qualità della vita. (4)


Prognosi

La prognosi della sindrome dello stretto toracico è relativa a quali strutture anatomiche sono state coinvolte. Solitamente nelle forme neurogene, dopo un trattamento conservativo di 4-6 mesi, si ottiene una riduzione dei sintomi nel 50-90% dei casi modificando lo stile di vita, evitando le attività ripetitive e l’utilizzo di pesi al di sopra della testa.

La prognosi cambia e diventa molto incerta nel momento in cui si è di fronte ad una forma vascolare della sindrome: in questo caso si predilige un trattamento chirurgico di resezione della prima costola o di decompressione vascolare.

In uno studio di coorte effettuato nel 2019 sono stati osservati 324 pazienti con tutte le tipologie di sindrome dello stretto toracico; 285 hanno seguito un protocollo riabilitativo. Al follow up, dopo 6 mesi, il 67% ha avuto miglioramenti (quantificati con la scala NPRS), il 25% non ha avuto alcun cambiamento, il 7% e’ peggiorato e si è sottoposto a chirurgia. È stato interessante evidenziare che questi ultimi pazienti non hanno riscontrato differenze significative ( alla scala NPRS) rispetto ai pazienti non operati.

Nonostante questa condizione clinica si presenti molto più spesso nelle donne, non ci sono studi che evidenziano una maggiore o minore efficacia del trattamento riabilitativo nel sesso femminile rispetto a quello maschile.

Un fattore che potrebbe influenzare la prognosi del paziente è la presenza di patologie concomitanti alla sindrome dello stretto toracico. Alcuni studi hanno evidenziato che soggetti con patologie della spalla e sindrome dello stretto toracico hanno ottenuto risultati peggiori dopo il trattamento conservativo rispetto a pazienti senza problematiche di spalla. (5)

Sebbene negli ultimi venti anni ci siano stati enormi progressi in questo campo, la diagnosi clinica e strumentale della sindrome dello stretto toracico non ha raggiunto criteri e protocolli definitivi. Di certo si continua a prediligere il trattamento conservativo costituito da un programma riabilitativo standardizzato e strutturato. La chirurgia sta compiendo enormi progressi per fare in modo che le complicanze intra e post-operatorie si riducano al minimo.

Per facilitare la diagnosi di sindrome dello stretto toracico è importante saper valutare il paziente attraverso l’utilizzo di diversi test clinici (come quelli sopra citati)  e di varie indagini diagnostiche di alta precisione (RMN, ANGIO-TC, SCINTIGRAFIA). Questo porterebbe ad una diagnosi precoce e alla scelta del miglior trattamento possibile con l’obiettivo di migliorare la prognosi del paziente. (5)