Spasticità e ipertono: dalla definizione al trattamento

La spasticità è un disturbo del tono muscolare conseguente ad una lesione del motoneurone superiore. Vediamone i dettagli.

ipertono e spasticità
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La regolazione del tono muscolare aiuta a mantenere la normale postura e a facilitare il movimento. Quando un muscolo si allunga, il sistema neuromuscolare può rispondere variando automaticamente il tono muscolare. Questa modulazione del riflesso da stiramento è importante nel controllo del movimento e nel mantenimento dell’equilibrio. La spasticità è un disturbo del tono muscolare conseguente ad una lesione del motoneurone superiore (upper motor neuron, UMN) che si manifesta per l’aumento velocità-dipendente del riflesso da stiramento. Questo esita nell’attivazione eccessiva ed inappropriata del muscolo che contribuisce all’ipertonia muscolare. Oltre che dalla velocità, la spasticità è un fenomeno che dipende anche dalla lunghezza muscolare. Per esempio, nel quadricipite la spasticità è maggiore quando il muscolo è accorciato1. Questo è probabilmente uno dei meccanismi che stanno alla base del cosiddetto effetto a serramanico.

Tuttavia, ci sono molte incertezze riguardo al contributo della spasticità all’ipertono, molte delle quali sono correlate agli errori nel riportare la definizione e la misurazione della spasticità. In termini clinici, l’ipertono è misurato come “la resistenza passiva allo stiramento mentre il paziente mantiene uno stato di rilassamento dell’attività muscolare”2. Nell’ipertono correlato alla spasticità, la mancanza di modulazione del riflesso da stiramento causa una prematura e/o esagerata contrazione muscolare che può resistere all’allungamento passivo.

Inoltre, alcune proprietà non-neurali del muscolo come la rigidità intrinseca (stiffness) e la viscosità sono spesso alterate in pazienti con lesione dell’UMN e può contribuire alla sensazione di aumento della resistenza al movimento passivo.

Quindi conoscere la definizione esatta dei termini “spasticità” e “ipertono” e capire i meccanismi che stanno alla base di questi processi è importante sia per avere uno scambio coerente e condiviso di informazioni tra operatori del settore, sia per poter stabilire programmi di riabilitazione individualizzati ed efficaci.


Definizione di spasticità

Negli ultimi decenni c’è stato un grande dibattito riguardante la definizione di spasticità muscolare. Questo è principalmente dovuto al fatto che il termine è usato per riferirsi più ad un disordine motorio generale piuttosto che ad un problema specifico. Nel 1980 Lance pubblicò la definizione frequentemente citata: “La spasticità è un disordine motorio caratterizzato da un aumento velocità-dipendente del riflesso da stiramento tonico (tono muscolare) con esagerati scatti tendinei, che risultano dall’ipereccitabilità del riflesso da stiramento, come una delle componenti della sindrome del motoneurone superiore6. Questa definizione ottenne grande popolarità perché garantiva un razionale patofisiologico e allo stesso tempo suggeriva che la spasticità è appunto solo uno degli aspetti della sindrome dell’UMN. Infatti, dopo un ictus o un trauma a danno dei motoneuroni superiori, appaiono immediatamente debolezza e perdita di destrezza accompagnati a volte da ipotonia e iporeflessia, tutti segni negativi della sindrome dell’UMN. Successivamente, possono comparire ipertono spastico, iperreflessia, cloni, spasmi, segno di Babinski, co-contrazione, irradiazioni muscolare, reazione abnorme allo stiramento, distonia e irraggiamento che sono i segni positivi della sindrome.

Nel 2003 un consesso americano di esperti ha suggerito che la spasticità dovrebbe essere ridefinita come “un incremento velocità-dipendente dell’ipertono con uno scalino quando viene superata una certa soglia”2. Sebbene l’ipertono è un termine clinico comune, l’incapacità delle scale cliniche di differenziare tra le componenti neurali e non-neurali dell’incremento di resistenza ha portato ad utilizzare i termini “spasticità” e “ipertono” come sinonimi.

Nel 2005, un consorzio europeo per lo sviluppo dei metodi per misurare la spasticità ha suggerito che la definizione di spasticità dovrebbe riflettere una realtà più clinica, allargando la definizione a “un controllo senso-motorio disordinato, derivante da una lesione del motoneurone superiore, che si presenta come un’attivazione involontaria intermittente o mantenuta dei muscoli”7.

Un’altra ragione per la mancanza di accordo e di continuo dibattito attorno alla definizione di spasticità è il fatto che essa si manifesta diversamente nel caso di un muscolo in movimento attivo piuttosto che passivo. La spasticità infatti è sempre misurata con il muscolo a riposo e, considerando che testare il tono muscolare durante un movimento attivo è tecnicamente molto difficile, queste definizioni sono di fatto il riflesso di una fattibilità nella misurazione.

Partendo da queste definizioni, capire la patofisiologia che sta alla base dei fenomeni descritti può aiutare a creare una distinzione tra la spasticità e le altre caratteristiche positive della sindrome dell’UMN.


Patofisiologia della spasticità e ipertono: implicazioni per il trattamento

I riflessi da stiramento sono mediati da connessioni eccitatorie tra le fibre afferenti Ia provenienti dai fusi neuromuscolari e gli α-motoneuroni che innervano gli stessi muscoli da cui le fibre sensitive derivano. È risaputo che in soggetti sani a riposo lo stiramento passivo dei muscoli (a velocità normalmente usate in clinica) non produce nessuna contrazione riflessa dei muscoli allungati e quindi il tono muscolare è interamente dovuto a fattori biomeccanici. Invece, in pazienti con spasticità valutati a riposo (completamente rilassati) vi è una correlazione lineare positiva tra l’attività elettromiografica del muscolo allungato e la velocità di allungamento dovuto ad un esagerato riflesso da stiramento8. Inoltre, sebbene la spasticità sia considerata classicamente un fenomeno dinamico, si può misurare anche una contrazione tonica isometrica dopo che il riflesso da stiramento è stato elicitato.

Un altro aspetto interessante è il fatto che in pazienti con sindrome dell’UMN, le contratture muscolari danno un contributo significativo all’ipertono9, a cui spesso ci si riferisce con il termine di ipertono intrinseco che non è velocità-dipendente. Tuttavia, la parte di ipertono correlato alla spasticità e l’ipertono intrinseco sono difficilmente distinguibili e probabilmente sono anche intimamente interconnessi.

Studi su animali10,11 replicati sull’uomo12,13 hanno dimostrato che esistono due principali sistemi di bilanciamento che controllano il riflesso da stiramento: da una parte il controllo inibitorio del tratto reticolo-spinale dorsale e dall’altra il controllo facilitatorio dei tratti reticolo-spinale mediale e vestibolo-spinale. Inoltre, è stato visto che solo la formazione reticolare bulbare ventromediale, l’origine del tratto reticolo-spinale dorsale, è sotto il controllo positivo corticale. Quindi la prevalenza del sistema facilitatorio su quello inibitorio (per danno corticale per esempio) porta all’aumento esagerato del riflesso da stiramento.

Esistono inoltre altri meccanismi di controllo a livello della sinapsi tra fibre Ia e α-motoneurone nel midollo, come l’inibizione pre- e post-sinaptica da parte di interneuroni inibitori e la depressione post-attivazione, un meccanismo inibitorio intrinseco attivo sulla membrana pre-sinaptica. In generale, tutti questi meccanismi sono stati trovati essere ridotti in pazienti con spasticità, a supporto del concetto che la diminuzione dell’inibizione sinaptica è coinvolta nell’ipereccitabilità del riflesso da stiramento14,15. In particolare la riduzione della depressione post-attivazione è principalmente causata dall’immobilizzazione degli arti.

A tutto questo si deve aggiungere il meccanismo ben documentato che la parziale o completa denervazione porta all’ipersensibilità recettoriale16, unito al fatto che la denervazione stessa porta a riarrangiamenti maladattativi dei circuiti riflessi nel midollo.

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In conclusione, in pazienti con la sindrome dell’UMN, la debolezza lascia i muscoli affetti immobilizzati, l’immobilizzazione in posizione accorciata è causa di contrattura muscolare che porta a sua volta ad ipertono intrinseco. Allo stesso tempo, l’immobilizzazione degli arti porta alla diminuzione della depressione post-attivazione, meccanismo chiave della spasticità. Quindi, in questi pazienti la mobilizzazione degli arti e la prevenzione di posture in accorciamento sono tra le cose più importanti da fare per prevenire e trattare l’ipertono muscolare. A questo scopo la fisioterapia ha il preciso ruolo di provvedere ad un regolare ed individualizzato programma di allungamento, insieme al corretto posizionamento degli arti e all’applicazione di ortesi adatte. Tutto questo sarebbe ovviamente insufficiente ad ottenere un recupero ottimale senza un programma riabilitativo funzionale. Dal momento che il quadro di spasticità combinato con gli altri sintomi della sindrome dell’UMN e i problemi derivanti può essere molto vario, è essenziale che il trattamento sia individualizzato e orientato all’obiettivo.


Riabilitazione multidisciplinare con tossina botulinica

Oltre ai vari effetti della sindrome dell’UMN sopra descritti ci sono altri deficit che possono alterare insieme alla spasticità le funzioni dei pazienti con ictus cerebrale come il neglect, l’affaticamento e problemi cognitivi. Quindi la gestione di questi pazienti è complessa e richiede un programma di neuroriabilitazione multidisciplinare (MD).

I due principali approcci per la gestione della spasticità includono interventi farmacologici e fisici. In seguito ad iniezione di tossina botulinica è più facile stirare ed allungare i muscoli per prevenire la progressione delle contratture e permettere il rinforzo dei muscoli antagonisti che può migliorare a sua volta il controllo del movimento selettivo.

La maggioranza dei pazienti con spasticità ricevono almeno un trattamento in seguito ad iniezione di tossina botulinica, tuttavia la fisioterapia e la terapia occupazionale non vengono somministrate in maniera programmata in una percentuale significativa di pazienti. Le recenti linee guida sulla gestione della spasticità richiedono un approccio MD integrato alla riabilitazione per ottimizzare la probabilità che gli obiettivi del trattamento siano raggiunti. Da questo punto di vista una delle criticità rimane il fatto che le prove di efficacia di un tipo di trattamento spesso permettono concomitanti trattamenti di routine che non vengono controllati.

Nella review tratta da Cochrane Library di Demetrios e colleghi5, gli autori hanno verificato in letteratura l’efficacia dei trattamenti riabilitativi MD in seguito a iniezione botulinica e altri trattamenti focali intramuscolari nel migliorare la limitazione dell’attività (come outcome primario) e su altri outcome (come la soddisfazione del paziente) in soggetti con spasticità causata da ictus cerebrale. Gli autori hanno definito la riabilitazione MD come ogni programma di terapie coordinate attuato da due o più discipline (come per esempio terapia occupazionale, fisioterapia, attività fisica, ortottica e altre discipline associate alla cura e alla salute) in rapporto a suggerimenti medici (neurologia o medicina fisica) e con lo scopo di ottenere obiettivi centrati sul paziente correlati all’ottimizzazione dell’attività e della partecipazione. L’analisi molto stringente della letteratura ha portato gli autori a prendere in considerazione tre studi randomizzati controllati, per un totale di 82 pazienti adulti con un’età media dai 41.2 ai 61.5 anni che includevano eventi di ictus cronico e una spasticità moderata o severa all’arto superiore. I tipi di programmi riabilitativi presi in considerazione erano diversi e includevano la terapia occupazionale manuale combinata con ortesi dinamiche, terapia “constraint induced movement” (CIMT), terapia dello sviluppo neurologico, esercizi di pratica di un compito specifico e stimolazione elettrica funzionale (FES). Anche i punti di controllo e misura degli outcome e di follow up sono risultati essere diversi tra un lavoro e l’altro.

Nei lavori analizzati è riportato che la terapia occupazionale in associazione ad ortesi dinamiche del gomito ha portato ad un miglioramento maggiore nell’ampiezza di estensione attiva del gomito rispetto al gruppo di controllo e che la CIMT in pazienti con ictus cronico migliorava la spasticità dell’arto superiore più che un programma di terapia per lo sviluppo neurologico. Tuttavia Demetrios e colleghi imputano ai lavori analizzati una bassa qualità metodologica con alto rischio di errori e una bassa qualità nell’evidenza dei risultati sopracitati, concludendo che non c’erano evidenze di beneficio della riabilitazione MD successiva a iniezione di tossina botulinica per la spasticità causata da ictus su movimento passivo, partecipazione sociale, raggiungimento degli obiettivi, carico per i caregivers e qualità di vita. Inoltre, viene dichiarato che in letteratura non vi sono parametri chiari circa l’intensità, la durata e la frequenza con cui dovrebbero essere somministrate le terapie. Oltretutto, gli autori specificano che non sono disponibili evidenze sui criteri di selezione del paziente ideale per la gestione della spasticità portando allo studio su pazienti con ictus che presentano i più svariati quadri clinici. Questo può essere uno dei punti che limita la rilevanza dei dati circa un dato tipo di paziente e allo stesso tempo non permette di generalizzare le evidenze ad una popolazione con ictus eterogenea. Infine gli autori sottolineano come uno dei limiti principali alla qualità degli studi in questo campo sia proprio l’uso incoerente della terminologia e della definizione di “spasticità”.


Conclusioni

In conclusione, è importante lo sviluppo di team multidisciplinari integrati di riabilitazione per migliorare gli outcome di pazienti sopravvissuti all’ictus affetti da spasticità e per ottenere una continuità di cura a lungo termine che permetta loro di raggiungere obiettivi definiti e misurati a livello di attività e partecipazione sociale. Per fare questo sono necessari altri lavori basati sull’evidenza scientifica che non possono prescindere da una definizione coerente, precisa e condivisa di “spasticità” basandosi sulle numerose conoscenze che sono state raggiunte negli ultimi decenni in ambito neurologico.