Lesione Legamento Collaterale Mediale del ginocchio

lesione legamento collaterale mediale

La lesione al Legamento Collaterale Mediale (LCM) è la più comune negli infortuni di ginocchio. Il legamento collaterale mediale è il maggior stabilizzatore dell’articolazione di ginocchio provvedendo alla stabilità durante le forze in valgismo ed in rotazione. Origina prossimalmente e posteriormente dal condilo femorale mediale. Inoltre, presenta due inserzioni sulla tibia: la divisione prossimale si inserisce sulla faccia del piatto tibiale ed è responsabile maggiormente nella stabilizzazione contro lo stress in valgismo; la divisione distale si inserisce circa 6 cm sotto la linea articolare e stabilizza i movimenti di rotazione interna ed esterna di tibia1.

L’infortunio al Legamento Collaterale Mediale avviene spesso come infortunio isolato o può avvenire correlato alla lesione di altri legamenti, soprattutto nel 78% dei casi in una lesione di 3 grado è presente al 95% anche una lesione di legamento crociato anteriore2. Una lesione del Legamento Collaterale Mediale provoca l’instabilità del ginocchio in valgismo ed aumenta la possibilità di degenerazione osteoartrosica nel ginocchio della persona infortunata.

Il Legamento Collaterale Mediale è un legamento extrarticolare con un’alta capacità di guarigione e quindi la maggior parte di queste lesioni può essere trattata in maniera conservativa.

I casi in cui vi può essere indicazione chirurgica  è laddove è presente una lesione di alto grado o multi-legamentosa: l’intervento chirurgico è volto a prevenire instabilità cronica.


Tipologia del paziente

Annualmente ha un’incidenza di 0,24-7,3 su 1000 persone con un rapporto uomini-donne 2:1, più comune negli sport come calcio, sci ed hockey su ghiaccio.


Patofisiologia

La lesione del legamento collaterale mediale è il risultato di un valgismo estremizzato di ginocchio con flessione di ginocchio e può avvenire sia in una situazione di contatto che non contatto, quando la persona fissa il piede al terreno e velocemente cambia la direzione e la velocità del movimento.

La lesione isolata del legamento collaterale mediale presenta gonfiore locale, ecchimosi e dolorabilità nella zona mediale del ginocchio.

Una lesione incompleta del legamento può essere molto più dolorosa di una lesione completa.

L’American Medical Association3 classifica le lesioni in 3 gradi:

  • Grado 1 – sono presenti solo alcune fibre lesionate senza alcuna perdita d’integrità legamentosa.
  • Grado 2 – la lesione del legamento è parziale.
  • Grado 3 – si ha una severa lesione completa.

Nello studio di Hugston et al.4 vengono suddivisi i 3 gradi di infortunio in 3 categorie:

  • I grado – 3-5 mm di lesione.
  • II grado – 5-10 mm di lesione.
  • III grado – maggiore di 10 mm di lesione.

Nonostante ciò, per le conoscenze presenti in letteratura, la loro validità e affidabilità non sono state valutate.


Diagnosi differenziale


Elementi anamnestici

  • Gonfiore locale
  • Ecchimosi
  • Dolorabilità alla palpazione
  • Dolore e lassità al test a 30° in valgo
  • Dolore o meno al carico sul ginocchio

Esame obiettivo e valutazione

A livello di indagini strumentali la radiografia in valgo del ginocchio può essere utilizzata come prima indagine.

Poiché la frattura del piatto tibiale può causare instabilità in valgo di ginocchio l’RX semplice aiuta la diagnosi clinica nel distinguere tra legamento mediale del ginocchio rispetto ad una instabilità ossea dovuta ad un cedimento del piatto tibiale dopo un trauma acuto; inoltre l’avulsione ossea nel bordo periferico del piatto tibiale mediale può indicare lesione del legamento collaterale mediale.

Durante la RX in stress valgo bilaterale, quando il ginocchio è flesso a 30 gradi, il divario mediale di un ginocchio rispetto all’altro ha una minima differenza di 3.2 mm può indicare una lesione completa del legamento collaterale mediale, se è minore questa differenza denota un legamento intatto o con minima lesione; se questa differenza è maggiore di 9.8 indica una lesione combinata di legamento collaterale mediale e angolo posteromediale del ginocchio.

L’indagine attraverso la Risonanza Magnetica (MRI) può essere indicata in presenza di una grado 3 di lassità in valgo del ginocchio per valutare se vi siano altri legamenti lesionati,oltre ad indicare la zona esatta di lesione.

Nonostante ciò, a volte la risonanza non corrisponde alla clinica; il livello d’accordo fra clinica e risonanza può essere del 92% come indicato nello studio5.

Conseguentemente, se si ha un alto sospetto clinico che merita approfondimento viene presa in considerazione l’artroscopia.

Il momento migliore per l’esame fisico è la prima ora seguente all’infortunio, prima che vi sia l’aumento di spasmo muscolare.

È comunque possibile fare l’esame fisico dopo 24 ore di immobilizzazione quando lo spasmo è in riduzione.

Il Valgus Stress test viene svolto con flessione del ginocchio di 30° e adduzione tramite una forza in valgo; se emerge lassità in confronto al controlaterale è indicativa di lesione del LCM.

Nel caso la lassità si osservi anche a 0° di flessione, facendo forza in valgismo, probabilmente l’infortunio è più complesso ed esteso, comprendendo altri legamenti o l’angolo postero mediale.

Esecuzione del Valgus Stress Test

Questionari autovalutativi

È possibile somministrare dei questionari di tipo “self reported” o PROMs (Patient-Reported Outcome Measures), autocompilati dal paziente, che permettono di valutare la funzionalità e la sintomatologia del ginocchio.


Trattamento

La scelta del tipo di trattamento dipende dal grado di lesione; il trattamento non chirurgico viene indicato in letteratura come il principale nella maggioranza di lesioni isolate di LCM.

Alcuni studi (1,5) hanno dimostrato come l’immobilizzazione prolungata porti ad una degenerazione del collagene del legamento collaterale mediale e ad un riassorbimento osseo nel punto di inserzione del legamento.

Il trattamento conservativo non chirurgico varia in base al tipo di lesione; possono essere trattati in maniera conservativa sia lesioni di 1 e 2 grado, sia di 3 senza instabilità in valgismo.

L’utilizzo di ausili antibrachiali è consigliato nei gradi 2 e 3 rispettivamente per 3 e 6 settimane.

Le indicazioni per una presa in carico riabilitativa6 per una lesione di basso grado sono:

Fase 1 (1 settimana):

Obiettivo: controllo gonfiore; mobilità articolare in flessione del ginocchio fino a 100°-estensione 20°; forza quadricipite 4/5; forza hamstring 4/5.

Trattamento Conservativo

  • Esercizi di mobilizzazione possono essere iniziati precocemente rispettando il carico tollerato.
  • Contrazioni isometriche per il quadricipite a gamba stesa.  
  • Mobilizzazione della rotula deve essere iniziata precocemente.

Fase 1 (I settimana)

  • Crioterapia con compressione;
  • Elettroterapia;
  • Rieducazione del cammino;
  • Esercizi proposti: graduale mobilizzazione attiva in flessione; attivazione quadricipite/vmo; esercizi calf con elastico; abduzione ed estensione dell’anca; rinforzo isometrico hamstring, drills di rieducazione al cammino.

Fase 2 (I e II settimana)

Obiettivo: eliminare il gonfiore; completa mobilità in flessione-estensione 10°; forza quadricipite 4+/5; forza hamstring 5/5; ritorno ad un leggero jogging.

Trattamento:

  • Cryoterapia con compressione;
  • Elettroterapia;
  • Terapia manuale.

Esercizi proposti:

  • Mobilità attiva per il ROM articolare;
  • Reclutamento quadricipite e vmo;
  • Mini squat e affondi;
  • Bridges (bipodalici e poi monopodalici);
  • Adduzione ed estensione d’anca;
  • Calf raises su singola gamba;
  • Esercizi di equilibrio e propriocettivi su singola gamba;
  • Sport funzionali: nuoto (calcio leggero) e bici da strada.

Fase 3 (II-IV settimana)

Obiettivo: ROM completo, forza completa, squat completo, allenamento propriocettivo dinamico, ritorno alla corsa e a ristrette competenze sport specifico.

Trattamento:

  • Terapia manuale;
  • Incremento esercizi ed attività.

Esercizi proposti:

  • Come nella fase 2 con incremento difficoltà, ripetizioni e carichi;
  • Esercizi per le competenze di salto e atterraggio;
  • Esercizi di agilità;
  • Sport funzionali: corsa in progressione, nuoto, bici da strada, esercizi sport specifico, sprint, salti, cambi di direzione, calcio).

Fase 4 (III-VI settimana)

Obiettivo: forza, ROM ed endurance complete dell’arto infortunato, ritorno allo sport specifico, allenamento differenziato e alla competizione.

Esercizi: esercizi forza di alto livello per sport specifico.

Se la lesione fosse di grado maggiore i tempi di recupero vengono allungati dalle 8 alle 12 settimane, anche nel post chirurgico.

Trattamento chirurgico

La ricostruzione del legamento è indicata quando il trattamento conservativo è fallito oppure se vi sono presenti7

  • Lesione di grado 3 con forte atteggiamento in valgo;
  • Presenza di intrappolamento legamentoso intraarticolare;
  • Importante avulsione ossea;
  • Frattura di piatto tibiale;
  • AMRI (instabilità rotatoria anteromediale);
  • Instabilità in valgo, acuta o cronica, con flessione di ginocchio 0°;
  • Lesione multilegamentosa che comprenda anche altri legamenti.

Il percorso fisioterapico post intervento è argomento di dibattito; è una pratica comune far utilizzare al paziente una ginocchiera rigida per 4-6 settimane8.

Subito dopo l’intervento chirurgico viene indicato un periodo di non carico.

Dopo 6 settimane di carico protetto viene consigliato di intraprendere un programma riabilitativo che si concentri sull’aumento della tolleranza al carico del paziente, in modo graduale al fine di prevenire battute d’arresto nel percorso, dovute al sovraccarico dell’articolazione e delle strutture interessate dalla chirurgia.

Di fondamentale importanza è la precocità della mobilizzazione articolare in un range articolare condiviso con il medico chirurgo, considerando anche la tecnica chirurgica utilizzata.

Un’immobilizzazione prolungata rende i pazienti più inclini a sviluppare artrofibrosi o rigidità articolari post intervento.

Viene raccomandato un ROM di 90° nelle prime 2 settimane fino ad un range di movimento di 130 entro le 6 settimane post intervento. I deficit di ROM possono influenzare negativamente lo sviluppo della forza muscolare influendo sulle prestazioni di corsa, agilità e salto.

Gli step riabilitativi sono più dilatati rispetto al percorso conservativo, ma nello stesso modo si sviluppano per gli stessi obiettivi; dolore e gonfiore ricorrenti sottolineano una progressione impropria.

Il lavoro di propriocezione deve essere introdotto nel programma riabilitativo appena è possibile il carico completo sull’arto operato sia bipodalico che monopodalico.


Prognosi

In una lesione considerata di basso grado abbiamo una prognosi di circa 4 settimane; se invece abbiamo un alto grado di lesione i tempi vengono dilatati in 8-12 settimane, anche nel caso vi sia stato trattamento chirurgico.

Per valutare il decorso del processo riabilitativo, sia conservativo che post chirurgico,  e per il passaggio a step successivi come ad esempio la corsa, possono essere utilizzati test affidabili e di facile somministrazione come8

  • Indice della forza del quadricipite: misurazione, tramite dinamometro portatile, della differenza di forza isometrica di entrambi i quadricipiti espressa in percentuale misurata con paziente seduto con le gambe fuori dal lettino, angolo dell’anca e del ginocchio a 90° e dinamometro posizionato sulla tibia distale
  • Y Balance Test (YBT): test  per valutare la simmetria funzionale e per valutare il rischio di lesioni; richiede forza degli arti inferiori, core e propriocezione.
  • T Agility Test modificato: valuta se vi sono deficit di un lato rispetto all’altro effettuando salti laterali con due linee a terra di riferimento disposte a 30 cm di distanza.
  • Vail Sports Test: valuta il livello di capacità di ritorno allo sport tramite la valutazione dello svolgimento di varie attività funzionali dinamiche e multiple contro la resistenza di una corda (sportcord ®); il test include 4 componenti: squat a gamba singola per 3 minuti, rimbalzo laterale per 90 secondi e jogging per 2 minuti con corsa avanti e 2 minuti con corsa indietro.
  • Single leg hop test: test che si effettua con un salto frontale monopodalico con l ‘obiettivo di raggiungere una distanza il più lontano possibile  e si valuta la differenza fra i 2 salti dei due diversi arti. La differenza fra i 2 arti non deve essere più del 10% per un ritorno allo sport.