Distorsione di caviglia

Ecco una guida per il fisioterapista su valutazione e trattamento della distorsione di caviglia.

distorsione di caviglia

La distorsione di caviglia è un infortunio molto comune che avviene a causa di un movimento traumatico acuto a livello di questa articolazione. Colpisce in particolare gli sportivi, ma anche gran parte della popolazione generale; infatti, più del 70% delle persone riportano di aver subito una distorsione di caviglia nel corso della loro vita[1]. In particolare, la distorsione laterale di caviglia è l’infortunio muscolo-scheletrico più diffuso tra la popolazione attiva e quello con il più alto tasso di re-infortunio.

Nella maggior parte dei casi la distorsione coinvolge i legamenti sulla parte laterale della caviglia, seguiti dalla sindesmosi tibio-peroneale e con una frequenza molto minore dal legamento deltoideo, medialmente alla caviglia[2].

Purtroppo, è un infortunio che viene molto spesso sottovalutato, infatti molti pazienti non si recano da un professionista sanitario dopo averlo subito, e a causa di questo, in seguito a una distorsione rimangono spesso deficit funzionali che, nel breve termine aumentano il rischio di re-infortunio e nel medio-lungo termine contribuiscono al mantenimento di una sintomatologia persistente (dolore, sensazione di cedimento e instabilità, gonfiore…) e allo sviluppo di condizioni come un’instabilità cronica di caviglia o un’osteoartrosi post-traumatica. Queste due problematiche sono, ad ora, molto frequenti nelle persone che hanno subito una distorsione di caviglia, e la probabilità che vengano sviluppate è maggiore se non viene svolta una buona riabilitazione o se il ritorno allo sport dopo l’infortunio è troppo precoce.  

A questo proposito è importante che i professionisti della salute si formino su questo argomento per riuscire a educare la popolazione su come prevenire questo infortunio e su come comportarsi dopo averlo subito in modo da ridurre l’incidenza delle sue complicanze nel breve e nel lungo termine.


Tipologia di paziente

Come abbiamo detto la distorsione di caviglia può colpire tutta la popolazione attiva, ci sono però alcune caratteristiche che aumentano il rischio di subire questo infortunio. Possiamo dividere i fattori di rischio in due grandi gruppi: intrinseci ed estrinseci.

I principali fattori di rischio intrinseci (legati alla persona) sono[3, 4]:

  • Precedente distorsione di caviglia
  • Giovane età: i bambini e gli adolescenti subiscono un maggior numero di distorsioni rispetto agli adulti
  • Limitato ROM in flessione dorsale di caviglia
  • Ridotta propriocezione
  • Deficit di equilibrio e controllo posturale
  • BMI alto o basso
  • Riduzione di forza, coordinazione e resistenza cardio-respiratoria
  • Sesso femminile

I fattori di rischio estrinseci (legati all’ambiente) sono[3, 4]:

  • Praticare uno sport di squadra e indoor
  • Praticare questi sport a livello alto
  • Indossare scarpe con il tacco alto
  • Per il calcio: giocare sull’erba naturale e nel ruolo di difensore

Vedendo tutti questi fattori possiamo capire come sia più probabile che le persone che più comunemente incorrono in questo infortunio sono giovani sportivi che praticano sport indoor e di squadra, in particolare di sesso femminile.

Tra tutti questi fattori di rischio alcuni sono non modificabili, come l’età, una precedente distorsione e il sesso; altri sono invece modificabili, ad esempio il deficit di forza, coordinazione e resistenza cardio-vascolare, quindi, è fondamentale nel percorso riabilitativo prendere in considerazione questi e cercare di eliminarne il più possibile, in modo tale da permettere alla persona di ritornare alle attività quotidiane e sportive in sicurezza e con il minor rischio di re-infortunio possibile.


Patofisiologia

Prima di parlare del meccanismo traumatico vediamo brevemente come è composta l’articolazione della caviglia. Essa è formata dal mortaio tra la tibia e il perone e dall’astragalo che in esso si inserisce, per formare l’articolazione tibio-tarsica. L’astragalo si articola a sua volta con il calcagno per formare l’articolazione sotto-astragalica. Queste articolazioni vengono stabilizzate dalla capsula articolare e dai legamenti che la rinforzano, i quali si dividono in due compartimenti: mediale e laterale.

Il compartimento mediale è formato dal legamento deltoideo, quello laterale è formato da tre legamenti: peroneo-astragalico posteriore, peroneo-calcaneare e peroneo-astragalico anteriore; proprio quest’ultimo è il legamento che maggiormente viene lesionato nelle distorsioni laterali.

Superiormente all’articolazione tibio-tarsica c’è la sindesmosi tibio-peroneale distale, ossia il punto in cui si uniscono la tibia e il perone nella loro parte distale.

La distorsione colpisce più frequentemente i legamenti laterali, ma può coinvolgere anche la sindesmosi o il legamento deltoideo. Può verificarsi per trauma diretto (impatto con un avversario) o indiretto. Quest’ultimo è il meccanismo che si verifica più spesso, infatti il momento in cui più comunemente avviene l’infortunio è quello di passaggio dal non carico al carico[4], quindi in particolare nell’atterraggio da un salto.

In base al meccanismo con cui avviene la lesione possiamo sospettare quali sono le strutture coinvolte; infatti, sono stati identificati principalmente due meccanismi:  

  • In inversione: provoca la lesione dei legamenti laterali della caviglia, avviene a causa di una rapida inversione accompagnata da rotazione esterna e in alcuni casi flessione plantare; il picco di inversione avviene solitamente poco dopo il contatto iniziale (0.09-0.13s)[4].
  • In rotazione esterna e flessione dorsale: provoca la lesione dei legamenti della sindesmosi e avviene con un meccanismo che è meno chiaro, ma che comprende rotazione esterna del piede, eversione dell’astragalo rispetto al mortaio della caviglia e un’eccessiva flessione dorsale[5].

Il danno a livello legamentoso può dipendere dalla posizione del piede quando avviene il trauma e dalla velocità con cui esso avviene; possiamo distinguere le lesioni in tre gradi di severità[6]:

  • Grado 1: rottura di qualche fibra legamentosa senza particolare emorragia; solitamente non ci sono lassità legamentosa o instabilità residua.
  • Grado 2: lesione incompleta del legamento con conseguente lassità e sensazione di instabilità e perdita parziale della funzione, della forza e della propriocezione.
  • Grado 3: completa rottura del legamento con conseguente lassità, sensazione di instabilità e possibile completa perdita di funzione, forza e propriocezione.

Ovviamente, il tempo di recupero è dipendente sia dal meccanismo della lesione e dalle strutture coinvolte, che dal grado di lesione. Una lesione della sindesmosi tibio-peroneale implica tempi di recupero maggiori rispetto a una lesione dei legamenti laterali[7].

Nelle distorsioni laterali potrebbero esserci delle complicanze, tra cui la paralisi del nervo peroneale, che può essere immediata a seguito della distorsione, oppure ritardata. A questo proposito, in seguito a una distorsione di caviglia è importante valutare le funzioni motorie e sensitive del nervo peroneale, in prima seduta e anche in quelle successive[8].

La paralisi del nervo peroneale sembra essere correlata al grado di distorsione, in quanto l’86% dei pazienti che hanno subito una distorsione grave hanno avuto una lesione del nervo peroneale e l’83% del nervo tibiale. I due meccanismi alla base della lesione nervosa sono un eccessivo stiramento, oppure una compressione del nervo a livello dei muscoli peroneali che cercano di resistere all’inversione[8].

Il decorso clinico in seguito a una distorsione di caviglia varia ovviamente in base al tipo di lesione e alla sua severità; in generale possiamo dividerlo in due fasi, una prima fase più protettiva in cui si innescano tutti i meccanismi riparatori e sarà il dolore percepito dal paziente a guidare il percorso. Questa fase dura qualche giorno, poi c’è una seconda fase in cui bisogna riadattare la caviglia a svolgere progressivamente tutte le attività quotidiane e sportive, attraverso l’esercizio terapeutico specifico per ogni paziente[9].


Diagnosi differenziale

  • Frattura della tibia
  • Frattura del perone
  • Frattura del quinto metatarso
  • Frattura dell’astragalo
  • Frattura del calcagno
  • Tendinopatia dei peronei
  • Tendinopatia achillea
  • Tendinopatia del tibiale posteriore
  • Sindrome del cuboide
  • Osteocondrite dell’astragalo

Elementi anamnestici

La distorsione di caviglia è abbastanza semplice da diagnosticare, già durante la valutazione soggettiva, in quanto il meccanismo di infortunio è abbastanza chiaro, soprattutto se si parla di una distorsione laterale con un classico meccanismo in inversione. Può risultare un po’ più complesso diagnosticare una distorsione alta, con interessamento della sindesmosi, ma ci sono alcune caratteristiche che possono aiutare in questo caso. Le principali sono[7]:

  • Meccanismo di lesione in eversione e flessione dorsale
  • Inabilità di camminare dopo l’infortunio
  • Percezione di dolore anche sulla gamba e sul ginocchio durante l’infortunio
  • Intensità di dolore troppo forte per l’infortunio apparente

Durante l’esame soggettivo è importante chiedere se è la prima distorsione o se ce ne sono state altre in passato, in quanto come abbiamo già visto una precedente distorsione è un fattore di rischio per una nuova distorsione, e potrebbero già esserci dei deficit preesistenti di ROM, forza e controllo neuro-muscolare.

Fondamentale anche chiedere se dopo l’infortunio si riusciva a fare qualche passo, in quanto un’impossibilità a fare quattro passi subito dopo l’infortunio ci deve far sospettare una frattura[10].

Una volta escluse fratture, se si identifica la presenza di una lesione legamentosa bisogna poi capirne la gravità considerando l’ematoma, il dolore alla palpazione dei legamenti e la positività ai test come il cassetto anteriore. Esse come abbiamo detto prima sono classificate in tre gradi.

Nel caso in cui si sospettano una lesione di alto grado, un difetto osteocondrale, una lesione della sindesmosi o una frattura occulta dev’essere eseguita una risonanza magnetica, che ha sensibilità e specificità molto alte per individuare queste lesioni[3].


Esame obiettivo e valutazione

Dopo aver capito qual è stato il meccanismo dell’infortunio e quali strutture potrebbero essere interessate si procede con l’esame oggettivo, che dev’essere sempre guidato dal ragionamento clinico e può comprendere tutti i seguenti test[5]:

  • Valutazione delle ossa: per farla si utilizzano le Ottawa ankle rules, che hanno dimostrato di avere una buona sensibilità per escludere fratture ed evitare inutili radiografie[11]. I punti che l’esaminatore deve tastare sono i due malleoli e fino a 6cm superiormente ad essi, il navicolare e il quinto metatarso, se la palpazione di questi punti non produce dolore c’è una buona probabilità che non ci siano fratture.
  • Valutazione dei legamenti laterali: palpazione e stress test di ognuno dei tre legamenti; una riproduzione del dolore familiare al paziente in uno di questi test è positivo per una possibile lesione del rispettivo legamento. In particolare, il test più usato è il test del cassetto anteriore per il legamento peroneo-astragalico anteriore, che ha una maggiore accuratezza se eseguito 4-5 giorni dopo l’infortunio[12].
cassetto anteriore caviglia
Test del cassetto anteriore per la valutazione del legamento peroneo astragalico anteriore.
  • Valutazione della sindesmosi: per farlo i test migliori sono la palpazione dei legamenti della sindesmosi e lo squeeze test, il primo è il più sensibile e il secondo è il più specifico[7].
squeeze test
Squeeze test per la valutazione dei legamenti della sindesmosi tibio-peroneale.
  • Dolore: si può fare utilizzando la scala NRS, oppure il Foot and Ankle Disability Index, un questionario che viene compilato dal paziente che valuta le limitazioni funzionali associate alle problematiche di anca e caviglia.
  • Gonfiore: si valuta con la figura dell’otto; il gonfiore potrebbe alterare gli input che il sistema somato-sensoriale invia al sistema nervoso centrale e, attraverso l’inibizione muscolare artrogenica, potrebbe inficiare la stabilità articolare[13].
  • ROM: sia passivo che attivo; in particolare solitamente dopo le distorsioni laterali si sviluppa un deficit in flessione dorsale, valutabile con lo star excursion balance test o con il weight bearing lunge test
  • Valutazione dell’artrocinematica: da valutare in particolare il glide posteriore dell’astragalo con il posterior talar glide test, in quanto potrebbe essere responsabile del deficit in flessione dorsale.
  • Forza muscolare: il deficit di forza dei muscoli della caviglia è molto comune negli individui che sviluppano un’instabilità cronica, ma attenzione anche al deficit di forza della muscolatura dell’anca, perché è altrettanto comune in questi soggetti.
  • Equilibrio statico: tramite il balance error scoring system e il foot lift test; è fondamentale valutarlo in quanto dopo una distorsione di caviglia molti soggetti sviluppano deficit propriocettivi.
  • Equilibrio dinamico: tramite lo star excursion balance test
  • Cammino: in particolare è importante guardare la fase di passaggio tra stance e swing perché dopo una distorsione di caviglia è possibile che ci sia un posizionamento inappropriato delle articolazioni dell’arto inferiore durante questo passaggio.
  • Valutazione di un eventuale coinvolgimento nervoso, in particolare del nervo peroneale[8].

Trattamento

Il trattamento della distorsione di caviglia ha tre obiettivi principali:

  • Permettere alla persona di riprendere le attività quotidiane e sportive
  • Prevenire ulteriori distorsioni
  • Prevenire conseguenze nel lungo termine come instabilità cronica di caviglia e osteo-artrosi post-traumatica

Per perseguire questi obiettivi è necessario applicare il protocollo PEACE & LOVE[9], il quale prevede due fasi:

  • Prima fase: è una fase di protezione, il cui obiettivo è favorire i meccanismi riparatori che si innescano in seguito all’infortunio. Per fare ciò bisogna limitare il carico nei primi giorni dopo l’evento traumatico, mantenere la gamba compressa con una fasciatura ed elevata sopra il livello del cuore quando possibile per ridurre il gonfiore, evitare antinfiammatori perché fermerebbero l’infiammazione che si innesca in seguito al trauma che favorisce la guarigione e educare il paziente ai benefici del trattamento attivo rispetto a quello passivo. L’immobilizzazione completa nei giorni seguenti all’infortunio si è rivelata meno efficace rispetto all’esecuzione precoce degli esercizi con un supporto funzionale.
  • Seconda fase: è la fase in cui attraverso un approccio attivo con l’esercizio terapeutico si riprendono le attività quotidiane e sportive progressivamente

Il trattamento della distorsione di caviglia quindi è conservativo. Sulla base delle attività quotidiane e sportive del paziente e dei deficit presenti in valutazione si elabora un percorso di esercizi specifico, che deve puntare, in linea generale a recuperare mobilità, forza e propriocezione, a costruire tolleranza e ripristinare la capacità di meccano-trasduzione dei tessuti.

Il dosaggio dell’esercizio non è ancora ben chiaro, mentre per quanto riguarda la tipologia di esercizio bisogna basarsi sul meccanismo di lesione e sulla valutazione. In linea generale dovrebbero venir svolti[14, 15]:

  • Esercizi di mobilità: con l’obiettivo di recuperare il ROM mancante, in particolare in flessione dorsale, in quanto il deficit di ROM in questa direzione è un fattore di rischio per una successiva distorsione;
  • Esercizi di forza della muscolatura della caviglia: è importante recuperare una forza muscolare simile all’arto controlaterale, in quanto molto spesso nei soggetti con instabilità cronica di caviglia sono presenti deficit di forza rispetto all’arto controlaterale;
  • Esercizi di propriocezione e controllo neuro-muscolare: spesso viene alterato in seguito a una distorsione a causa del trauma, della lesione legamentosa, del gonfiore e del periodo di riduzione del carico sulla caviglia; inoltre è importante ricordarsi che, soprattutto nelle distorsioni laterali, la lesione viene causata da eccessive rotazione interna ed inversione al momento del primo contatto del piede al terreno. Ciò fa capire l’importanza del lavoro di controllo muscolare e in particolare sul sistema feed-forward, sia in catena cinetica aperta che chiusa;
  • Esercizi di forza e controllo neuromuscolare della muscolatura dell’anca: spesso nei soggetti con instabilità cronica si trovano un’alterata cinematica dell’articolazione dell’anca[3];
  • Esercizi globali che coinvolgono insieme tutte le articolazioni dell’arto inferiore;
  • Esercizio aerobico: utile sin dai primi giorni per aumentare l’apporto sanguigno alle strutture lesionate e per il ricondizionamento cardio-vascolare prima del ritorno in campo, in quanto la fatica è associata a un aumento del rischio di infortunio[16].

La cosa importante è che gli esercizi vengano iniziati il prima possibile in seguito a una distorsione, in quanto prima si iniziano più sarà veloce il ritorno allo sport[3].

Agli esercizi possono venire abbinati altri trattamenti in una prima fase, come la terapia manuale, che può aumentare l’equilibrio dinamico e il ROM in flessione dorsale nel breve termine[17], e facendo ciò può aprire una finestra terapeutica che aiuta a progredire verso esercizi più complessi. Tutte le altre terapie passive come gli elettro-medicali, l’agopuntura e le iniezioni di plasma ricco di piastrine non sono considerate efficaci[14].

Una volta raggiunte le capacità necessarie per ritornare allo sport in sicurezza è importante pensare alla prevenzione di un re-infortunio. A questo proposito è efficace l’utilizzo di un supporto esterno, che sia un taping o una fasciatura rigida, ovviamente in accompagnamento al mantenimento di alcuni esercizi di prevenzione. La cavigliera è consigliata a tutti gli sportivi che hanno subito una distorsione di caviglia per almeno i 6 mesi seguenti l’infortunio[14].

Il trattamento chirurgico in seguito a distorsione di caviglia è efficace, ma espone il paziente a un maggior rischio di complicanze rispetto al trattamento conservativo; quindi, dovrebbe essere riservato ai casi particolari[3].


Prognosi

La prognosi per una distorsione di caviglia varia in base alle strutture coinvolte e al grado di severità; il coinvolgimento della sindesmosi aumenta in maniera considerevole il tempo di recupero; infatti, nel caso ci sia una lesione della sindesmosi il tempo di recupero medio è di 62 giorni, rispetto ai 15 giorni della distorsione laterale[7].

Come detto prima però, la distorsione di caviglia viene spesso sottovalutata e ciò determina il mantenimento di diversi deficit funzionali nel lungo termine e lo sviluppo di un’instabilità cronica o di un’osteoartrosi post-traumatica; infatti, nei follow-up a distanza di 1-4 anni il 5%-46% dei pazienti hanno ancora dolore, il 3%-34% dei pazienti hanno avuto ricorrenti distorsioni e il 33%-55% dei pazienti riportano sensazioni di instabilità[18].

È chiaro che non si conoscono ancora bene tutti i fattori associati a questo infortunio, però ci sono alcuni fattori prognostici che ci possono aiutare ad individuare i pazienti che hanno un maggior rischio di sviluppare un’instabilità cronica e in generale che avranno una prognosi peggiore. Tra questi sicuramente l’età avanzata e il sesso femminile sono fattori negativi per il recupero nel medio-lungo termine, mentre i fattori associati a un recupero minore nel breve termine sono: intensità di dolore maggiore, difficoltà a caricare il peso sulla caviglia, maggior deficit di ROM e maggior deficit funzionale[19].

Tra gli altri fattori associati a un maggior rischio di sviluppo di instabilità cronica abbiamo l’incapacità di fare salti e atterraggi a due settimane dalla prima distorsione, deficit nel controllo posturale dinamico, alterata cinematica dell’anca e aumentata lassità legamentosa a distanza di 8 settimane da una distorsione laterale[3].

Un altro aspetto importante associato al rischio di re-infortunio e al mantenimento della disabilità nel lungo termine è il troppo precoce ritorno allo sport dopo l’infortunio, senza aver svolto un’adeguata riabilitazione. Per quanto riguarda ciò c’è da dire però che effettivamente non sono mai stati definiti dei criteri ben precisi per considerare l’atleta pronto a ritornare allo sport. Alcuni esperti hanno comunque detto quali sono le abilità da considerare, tra queste abbiamo[16]:

  • ROM
  • Forza
  • Equilibrio statico
  • Hop test
  • Outcome riportati dal paziente
  • Movimenti sport specifici: sono i più importanti da valutare, in quanto sono quelli che danno più stress sulla caviglia e devono essere svolti bene qualitativamente e senza dolore per tornare allo sport in sicurezza

Tenendo conto poi che il rischio di infortunio alla caviglia è maggiore nei momenti finali del match possiamo pensare che la fatica sia rilevante e quindi sarebbe opportuno ripetere tutti i test in uno stato di fatica per capire se l’atleta è realmente pronto al ritorno allo sport[16].