Sindrome del Piriforme: Diagnosi e Trattamento

La Sindrome del Piriforme è un argomento ampiamente dibattuto in letteratura che ha sollevato negli anni continui interrogativi riguardo all’eziopatogenesi e la sua corretta identificazione clinica. Tuttora gli autori sono in disaccordo riguardo al ruolo delle bioimmagini nell’avvalorare un sospetto diagnostico e non è ancora stata chiarita quale sia la migliore forma d’intervento.


Cos’è la Sindrome del Piriforme?

Con il termine Sindrome del Piriforme ci riferiamo ad un dolore localizzato alla natica e/o lungo il decorso del nervo sciatico generato da una compressione del muscolo piriforme sul tessuto nervoso (1). La parola stessa definisce già il ruolo causativo attribuito al muscolo piriforme in funzione dello stretto rapporto anatomico che mette in relazione queste strutture. Infatti si è a lungo teorizzato su come variazioni anatomiche del decorso del nervo o della forma del muscolo piriforme potessero predisporre a condizioni di intrappolamento dello sciatico qualora il muscolo si trovasse in condizioni di ipertonicità, ipertrofia o spasmo (2).

Tale condizione clinica è stata descritta per la prima volta da Yeoman nel 1928 mentre il termine Sindrome del Piriforme è stato coniato e introdotto solo nel 1947 (3). Nonostante questa terminologia sia rimasta fino ad oggi in uso nella clinica e nella ricerca, un’indagine condotta tra i fisiatri degli Stati Uniti ha rilevato che solo il 72% riteneva esistente tale sindrome, ponendo grossi interrogativi sul ruolo causale del muscolo piriforme (4).

Per la grande variabilità di condizioni cliniche che possono manifestare dolore sciatico o alla natica, a oggi è stata proposta una nuova terminologia per inquadrare tutte quelle cause di dolore non correlate alla colonna. Con “Deep Gluteal Syndrome” ci si riferisce a quelle situazioni che possono portare ad un entrapment del nervo sciatico nello spazio gluteo (tra cui i muscoli otturatori e gemelli, ischiocrurali, anormalità vascolari), compreso, ma non unicamente, il muscolo piriforme (5). Sebbene sia abbastanza infrequente, uno studio del 1998 ha stimato la sua prevalenza tra il 6%-8% di tutti i casi di dolore sciatico (4) mentre una pubblicazione più recente di Singh e colleghi suggerisce che il 6.3% dei pazienti che si presentano con dolore sciatico associato a dolore lombare o gluteo possono essere inquadrati come Sindrome del Piriforme. Lo stesso studio, condotto su 182 casi, ha osservato una prevalenza maggiore nel sesso femminile (6:1), valore consistente con quello proposto da indagini precedenti (6).


Sindrome del Piriforme: Diagnosi e diagnosi differenziale

Come riconoscere un paziente con una Sindrome del Piriforme? Un aggiornamento di una revisione sistematica del 2010 (7) ha confermato la presenza di quattro indicatori clinici associati alla Sindrome del Piriforme:

  • dolore gluteo,
  • dolore aggravato dalla posizione seduta, 
  • dolenzia nella regione della grande incisura ischiatica;
  • dolore evocato da manovre di tensionamento del muscolo piriforme (1).

Sebbene nessuno studio fornisca dati affidabili sull’accuratezza diagnostica di segni e sintomi, i criteri proposti da Hopayian possono ritenersi alquanto sensibili ma scarsamente specifici. Infatti, tali caratteristiche possono essere comuni a diverse condizioni cliniche (prima tra tutte la radicolopatia) ma non è noto se siano più frequenti nella Sindrome del Piriforme o in altre problematiche muscoloscheletriche. Analogamente, i criteri proposti da Robinson nel ’47 sono stati definiti troppo specifici e perciò in grado di identificare solo una parte dei pazienti affetti da questa sindrome (3).

L’esame obiettivo può aiutare? Diversi test clinici sono stati proposti per meglio chiarire la presenza della Sindrome del Piriforme ma nessuno ha dimostrato un elevato potere diagnostico (8). Tali manovre si propongono di riprodurre il sintomo familiare al paziente tramite una provocazione del nervo sciatico attraverso la contrazione o l’allungamento del piriforme (adduzione e intrarotazione dell’arto). Seppur basandosi su un costrutto patomeccanico, il problema di validare questi test trova un ostacolo insormontabile nell’assenza di un gold standard che permetta di identificare la presenza o l’assenza della patologia (9). Nel 2013, una ricerca di Michel e colleghi ha proposto un punteggio diagnostico basato su dodici criteri clinici con una sensibilità del 96% e una specificità del 100%. Secondo gli autori un punteggio maggiore – uguale ad otto permetterebbe di presumere con ragionevole certezza la presenza della sindrome del piriforme (10) però, come già notato da Hopayian, tali conclusioni andrebbero riconsiderate a fronte di possibili problemi di consistenza metodologica dello studio (1). Infatti, nel trial di Michel, i criteri utilizzati nel comporre lo score sono analoghi ai criteri d’inclusione per la popolazione con sospetta Sindrome del Piriforme, rendendo così inevitabile una prevalenza del 100% dei segni e sintomi cardine.

Anche l’affidabilità della palpazione è stata messa in discussione. Nonostante sia comunemente riscontrata la dolenzia alla digitopressione del muscolo piriforme, la dimensione relativamente piccola e la posizione anatomica rendono difficile per il clinico una sua indagine selettiva (11).

Anatomia del nervo sciatico e del muscolo piriforme. Si noti le dimensioni ridotte del muscolo, molto difficile da palpare.

L’imaging può aumentare la probabilità diagnostica? La Risonanza Magnetica può rilevare facilmente anomalie strutturali a carico del decorso del nervo o del muscolo. Fino al 19% dei soggetti può presentare variazioni anatomiche nei rapporti tra sciatico e piriforme (12) con la possibilità di osservare fino a 4 diverse configurazioni. Il nervo può, infatti, presentarsi in un tronco unico o duplice, passando sotto, sopra o attraverso il muscolo. Allo stesso modo è stato osservato come solo il 53% dei pazienti presenti una conformazione tipica del piriforme, con variazioni della larghezza e della fusione della sua porzione tendinea (11). Nonostante il presupposto che alterazioni strutturali potessero predisporre allo sviluppo della sindrome non vi è alcuna differenza in termini d’incidenza tra chi presenta variazioni anatomiche e chi no. Quanto all’ipertonia del piriforme, la sua presenza è stata osservata in soggetti sintomatici e non (13), per cui non può essere considerata patognomonica. A fronte di quanto detto la diagnosi della Sindrome del Piriforme rimane alquanto controversa. L’assenza di precisi criteri clinici e di manovre affidabili la rendono una diagnosi per esclusione, avvalorando l’importanza dell’esame obiettivo e delle indagini strumentali nell’escludere patologie gravi o di natura non muscolo-scheletrica (14).


Trattamento della Sindrome del Piriforme

Non meno scoraggiante della diagnosi è il trattamento della sindrome del piriforme. Risultati variabili sono stati riportati in letteratura per il trattamento conservativo, il quale si basa prevalentemente sulla gestione farmacologica e sulla fisioterapia (2). Nonostante diverse revisioni narrative identifichino l’importanza di quest’ultima nel trattare la componente muscolare del piriforme (2,9,15,16), risolvendo i trigger points miofasciali e ripristinando una corretta flessibilità, non vi è indicazione su quale sia il miglior intervento da somministrare. A oggi, infatti, non esistono studi che indaghino l’efficacia dello stretching del piriforme o che confrontino diversi tipi di fisioterapia. I pochissimi trial presenti utilizzano protocolli ampiamente eterogenei, associando spesso esercizio e/o trattamento manuale a iniezioni di anestetico o miorilassante. In uno studio su 918 pazienti con sospetta Sindrome del Piriforme (senza gruppo di controllo) è stato proposto un trattamento combinato che ha portato ad un miglioramento a 10 mesi del 50% dei pazienti che erano risultati positivi al FAIR test (17). Il protocollo fisioterapico prevedeva per ogni seduta: ultrasuono, impacco di caldo o di freddo, stretching del piriforme, release miofasciale dei muscoli lombari ed esercizi McKenzie. Un altro studio su un campione di 250 soggetti ha adottato un programma di 6 settimane basato su trattamento farmacologico, massaggio trasverso ed esercizi di auto stretching (10). A tre mesi circa il 50% dei pazienti ha avuto una completa risoluzione dei sintomi mentre l’altra metà è andata incontro a iniezioni di tossina botulinica, con beneficio in oltre l’80% dei casi.

Numerose invece sono le pubblicazioni che hanno indagato l’efficacia delle iniezioni nel muscolo piriforme con diverse metodologie, di cui la più accurata sembra essere quella eco guidata (18,19). In uno studio di Filler e colleghi solo il 16% dei pazienti non ha avuto beneficio da una somministrazione locale di anestetico anche se il 24% ha avuto un miglioramento dei sintomi inferiore alle due settimane (20). Ulteriori evidenze scientifiche supportano l’utilizzo combinato di cortisonici e anestetico sebbene uno studio randomizzato del 2015 su 57 pazienti non abbia dimostrato benefici superiori dall’aggiunta di Betametasone alla sola Lidocaina (21). Anche l’impiego di tossina botulinica ha prodotto risultati promettenti, dimostrandosi più efficace del placebo o di una combinazione di farmaci steroidei e anestetici quando associata a fisioterapia. Ad ogni modo non è presente in letteratura una revisione sistematica che confronti i benefici, i rischi e i costi derivati da questi tipi d’interventi per poterne raccomandare uno in particolare. Quanto alla chirurgia, come già discusso da Probst (2), data l’assenza di studi randomizzati controllati con ampi campioni  e il relativo successo dell’approccio conservativo, interventi mirati alla tenotomia del piriforme o alla decompressione del nervo sciatico andrebbero considerati solo in caso di insuccesso delle altre terapie.


Esercizi per la sindrome del piriforme

Come fisioterapisti, cosa possiamo fare innanzi a un paziente in cui sospettiamo una Sindrome del Piriforme? Data l’assenza di robuste evidenze scientifiche, rimane imperativo considerare l’opinione degli esperti e la propria expertise clinica. Mentre i pochi studi presenti si concentrano sul trattamento dell’interfaccia meccanica, causa della sindrome (muscolo piriforme ipertonico, ipertrofico, in spasmo, eccessivamente contratto etc), in assenza di una comprovata efficacia di quest’approccio, potrebbe essere indicato un intervento che unisca educazione, modifica delle attività ed esercizio terapeutico. Come nella gestione del dolore sciatico, informare il paziente sul decorso e la probabile durata dei sintomi potrebbe migliorarne la convivenza durante l’arco della giornata, ricercando posizioni allevianti o modificando comportamenti e attività potenzialmente aggravanti (22).

L’inserimento di esercizi di neurodinamica (23) e di esposizione graduale ai sintomi tramite il movimento provocativo, invece, potrebbe favorire quei meccanismi neurofisiologici di adattamento e superamento del dolore. Trattare eventuali trigger points riscontrati nella muscolatura circostante, va bene, ma, dato il relativo successo di queste forme di terapie, probabilmente non è abbastanza. Ricordiamoci sempre di essere davanti ad una persona, con le sue credenze, le sue abitudini e le sue aspettative, e non un preparato istologico. In conclusione possiamo dire che non esistono esercizi veri e propri per la Sindrome del Piriforme ma ogni fisioterapista è tenuto a ricercare, assieme al proprio paziente, la migliore strada terapeutica.


Conclusione

Data l’assenza di precisi criteri diagnostici e la presenza di segni e sintomi comuni ad altre problematiche, la diagnosi della Sindrome del Piriforme risulta complicata e dovrebbe necessariamente basarsi sull’esclusione di altre cause. La raccolta anamnestica, l’esame obiettivo e l’uso di bioimmagini devono guidare il clinico verso la diagnosi differenziale e, qualora fosse sospetta una Sindrome del Piriforme, l’approccio conservativo rimane la prima opzione terapeutica. L’iniezione di anestetico, miorilassante o cortisonici sembra essere efficace nella diminuzione del dolore, mentre la fisioterapia, oltre al trattamento del piriforme tramite tecniche manuali, rinforzo isometrico e stretching, potrebbe integrare educazione, esercizi di neurodinamica e modifica delle attività per diminuire la disabilità e migliorare l’alleanza terapeutica.