Test Menisco: quali sono i più affidabili?

Andiamo a vedere i principali test per identificare una lesione meniscale.

test menisco
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Le lesioni meniscali sono problematiche comuni nei giovani, a seguito di eventi traumatici e negli anziani, in questo caso soprattutto di tipo degenerativo. Andiamo a vedere come valutare la presenza di lesioni meniscali attraverso dei test per il menisco, approfondendo la loro affidabilità.


Le lesioni meniscali

Le lesioni meniscali traumatiche sono provocate, solitamente, da una forza di taglio tra il femore e la tibia; ciò accade, tipicamente, durante un movimento rotatorio in carico del ginocchio flesso. In questo caso (più comune nei soggetti giovani) le lesioni sono spesso “a manico di secchio”, la rottura è verticale o obliqua, e si può estendere dal corno posteriore a quello anteriore. Nei pazienti anziani, invece, le lesioni sono generalmente dovute a degenerazione e tendono ad essere orizzontali1. A seguito di un trauma, i sintomi immediati sono, generalmente, dolore severo, edema, clicking, catching, difficoltà a flettere il ginocchio e/o blocco dell’articolazione in parziale flessione. Solitamente il dolore è ben localizzato a livello dell’emirima omolaterale alla lesione e può essere esacerbato da un movimento torsionale in carico del ginocchio. Per blocco articolare si intendono due possibili condizioni: 1) “pseudo-locking”, in cui l’estensione completa del ginocchio è limitata da inibizione dolorosa o tensione capsulare; 2) blocco reale, meno comune, il quale indica la presenza di una lesione a manico di secchio, in cui il frammento rotto limita l’estensione completa1. Queste informazioni, associate ad una approfondita anamnesi, ad un attento esame obiettivo e (forse?) ai test meniscali, aiutano il fisioterapista a comprendere il quadro clinico che ha di fronte. Con test del menisco si intendono alcune manovre svolte in scarico o in carico che stressano la struttura di interesse per valutare la provocazione – o meno – di sintomi.


Specificità e Sensibilità dei test di valutazione

I test meniscali, come tutti  i test di valutazione, hanno valori psicometrici intrinseci che ne indicano la precisione, tra cui specificità e sensibilità. La Specificità è la capacità di un test diagnostico, quando negativo, di identificare quei soggetti che non presentano la patologia, sulla base del gold standard. Dunque, test con alta specificità sono ideali per determinare la presenza di patologia (soggetti positivi al test). Infatti ad un test molto specifico risulteranno negativi tutti i soggetti sani (veri positivi) ma anche alcuni malati (falsi negativi). In conseguenza, si può essere sicuri che tutti coloro che saranno positivi presenteranno la patologia (ovvero saranno solo veri positivi). La Sensibilità, invece, è la capacità di un test, quando positivo, di identificare quali pz presentino la patologia, sulla base del gold standard. Perciò, test con un’elevata sensibilità sono ideali per escludere la presenza di patologia (soggetti negativi al test).

 Gold standard POSITIVOGold standard NEGATIVO
Test POSITIVOVero positivo              aFalso positivo              b
Test NEGATIVOFalso negativo            cVero negativo             d
 Sensibilità = a/(a+c)Specificità = d/(b+d)

Relativamente ai test del menisco, prendiamo ad esempio la “Joint Line Tenderness” – la dolorabilità provocata dalla palpazione dell’emirima articolare con ginocchio flesso a 90° – che, nonostante sia stata dimostrata essere una manovra valutativa accurata, sembrerebbe avere un alto tasso di falsi positivi (bassa specificità)2. E’ probabile, infatti, che un segno di questo tipo sia dovuto non necessariamente e non soltanto ad una problematica meniscale.


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Clinical Composite Score

Come suggerisce il nome, tale valutazione fornisce un punteggio – score – che dipende dalla sommazione di cinque segni clinici3. E’ l’unico test per il menisco che considera anche i sintomi meccanici come dato che aiuti a fare diagnosi di lesione meniscale. Gli elementi da indagare sono:

  1. Storia di sintomi meccanici: catching o locking
  2. Dolore in iperestensione di ginocchio forzata (dal clinico)
  3. Dolore in flessione di ginocchio forzata (dal clinico)
  4. Test di McMurray
  5. Joint Line Tenderness

Gli autori sostengono che un maggior numero di segni positivi correli con una maggior probabilità di individuare una lesione meniscale. Effettivamente, la specificità dell’esame migliora all’aumentare del numero di test positivi (3 test: 90%, 4 test: 96%, 5 test: 99%); i valori di sensibilità, però, decrescono e sono molto bassi (3 test: 31%, 4 test: 17%, 5 test: 11%)3. Inoltre, non è stata indagata l’accuratezza dello Score per singolo menisco – mediale e laterale – come invece è stato fatto da altri ricercatori per il test di Mc Murray4 e Joint Line Tenderness. Quest’ultimo sembra possa essere utilizzato in modo sicuro soltanto per identificare le lesioni del menisco laterale2.

Esecuzione del Clinical Composite Score

Test di Apley

Nel Test di Apley il paziente è in decubito prono, con anca estesa e ginocchio da valutare flesso a 90°, il clinico applica una pressione assiale sul piede del paziente e ruota la tibia lateralmente; dolore e/o click indicano lesione meniscale5. Questa è l’esecuzione originale del test, il quale, in seguito, è stato spesso descritto con la componente rotatoria sia interna sia esterna1. Per differenziare l’origine del dolore il ginocchio può essere prima compresso e poi distratto: sintomi più intensi nella fase di pressione assiale indicano coinvolgimento meniscale, mentre un dolore maggiore nella fase di distrazione è dovuto a lesioni di altri tessuti molli6.

I risultati degli studi che hanno analizzato questo test su menischi laterali e mediali, forniscono valori di sensibilità e specificità poco congruenti tra loro. La specificità varia da 77%6 a 93%7, mentre la sensibilità da 41%7 a 83%6. Karachalios e colleghi, inoltre, hanno dimostrato che l’accuratezza diagnostica del test non migliora con l’esperienza clinica dell’operatore che lo esegue7. Sembrerebbe, quindi, che tale strumento valutativo sia poco utile ed affidabile nella pratica clinica7.

Esecuzione dell’Apley Test

Test di Mc Murray

Il McMurray test si esegue con paziente supino, ponendo il ginocchio da testare a 90° di flessione e, da qui, ruotando la tibia sul femore internamente, per stressare il menisco laterale, ed esternamente, per testare il menisco mediale8. La stessa manovra si ripete a gradi di flessione progressivamente maggiori, per caricare gradualmente segmenti più posteriori del menisco8.

Specificità e sensibilità di questo test meniscale differiscono ampiamente nei vari studi che lo hanno analizzato: i valori di specificità variano da 29%9 a 96%10, quelli di sensibilità da 27%11 a 70.6%12. I risultati riportati in tale revisione4 mostrano come i dati dei singoli studi siano discordanti tra loro anche relativamente ai valori psicometrici del test tra i due menischi: in alcuni casi il McMurray è più specifico e/o sensibile per le lesioni mediali, in altri sembrerebbe avvenga il contrario4. Queste differenze potrebbero essere dovute, oltre ai diversi campioni di popolazione studiati, al criterio di positività considerato. Gli autori che hanno valutato dolore e click come indicatori dell’esito del test dovrebbero riportare valori diagnostici più elevati rispetto a coloro che hanno considerato soltanto uno dei due sintomi4. Inoltre, il tipo di lesione potrebbe aver influenzato i risultati4: McMurray aveva dichiarato che la manovra valutativa da lui descritta è indicata solo per lesioni della porzione posteriore del menisco8. Sarebbe quindi opportuno fare chiarezza relativamente al corretto uso di tale test.

Esecuzione del Test di McMurray

Thassaly Test

Il paziente, sostenuto dal clinico, mantiene la stazione eretta in carico monopodalico sull’arto da testare e ruota tre volte il ginocchio ed il corpo a destra e a sinistra, prima con il ginocchio flesso a 5°, poi a 20°7. Teoricamente, questa manovra comporta un carico eccessivo per un’articolazione con lesione meniscale, tale da riprodurre sintomi familiari al paziente, il quale dovrebbe percepire fastidio o dolore a livello dell’emirima e sensazione di locking o catching7. Il test deve sempre essere svolto prima sull’arto sano, per abituare il paziente al movimento e alle sensazioni che questo produce7.

Karachalios e colleghi riportano dati di specificità e sensibilità separatamente per lesioni mediali e laterali7:

  • lesione menisco mediale: Thessaly Test a 5°:
    • specificità 96% – sensibilità 66%,
    • Thessaly Test a 20°: specificità 97% – sensibilità 89%;
  • lesione menisco laterale:
    • Thessaly Test a 5°: specificità 91%  -sensibilità 81%,
    • Thessaly Test a 20°: specificità 96% – sensibilità 92%.

Tali valori sono simili a quelli individuati da Harrison et al. per il test svolto a 20° di flessione di ginocchio (specificità 97.7% – sensibilità 90.3%)13. In questo caso, però, non sono stati analizzati in modo distinto i due menischi, e lo studio presenta molte limitazioni ed una scarsa metodologia. I dati di articoli successivi si discostano ampiamente da quelli sopra riportati (specificità 37.9%, 43.5%, 55% – sensibilità 51.2%, 66.7%, 62%)14,15, portando gli autori a concludere che il Thessaly test non è migliore di altre manovre valutative nell’identificare una lesione meniscale15. Dichiarazione in netto contrasto con quella fatta da Shiraev e colleghi 3 anni prima, i quali definiscono questo test come il più utile a livello clinico1.

Esecuzione del Thessaly Test

Deep Squat Test

Quest’altro test in carico consiste nell’esecuzione da parte del paziente di uno squat (accovacciamento) il più profondo possibile, mentre le sue mani sono sostenute da quelle del clinico per mantenere l’equilibrio14. Percezione da parte del paziente di dolore interno al ginocchio durante la flessione, o sensazione di locking indicano positività14. Tale test si basa sulla teoria biomeccanica per cui uno squat profondo aumenta la compressione del corno posteriore del menisco, causando dolore in presenza di lesione meniscale16,17. Sembrerebbe, quindi, che il Deep Squat Test permetta di individuare soltanto lesioni posteriori; tuttavia ciò non è stato dichiarato14.

I bassi valori di specificità (36.2%, 42.4% ) e sensibilità (74.5%, 76.7% ) indicano che il test non è sufficientemente accurato per identificare o escludere lesioni meniscali14.


Conclusione

Quanto ad oggi presente in letteratura dimostra che ancora vi è confusione e discordanza relativamente all’accuratezza dei test meniscali. Alcuni autori sostengono siano dei validi strumenti diagnostici, mentre molti altri hanno dimostrato il contrario. Le più recenti evidenze supportano la tesi secondo cui i test del menisco hanno una limitata abilità nel differenziare una lesione meniscale da un’altra problematica che comporti dolore al ginocchio15. Inoltre, sembrerebbe scarsa la riproducibilità inter-operatore di alcune di queste manovre4,14, indipendentemente dall’esperienza del clinico10. Quando, poi, i test meniscali (specificità 55% – sensibilità 62%) sono comparati ad un’anamnesi approfondita (specificità 60% – sensibilità 76%), risulta che la capacità diagnostica di una buona raccolta anamnestica sia migliore, clinicamente più utile e rilevante6,15.

L’accuratezza tanto dibattuta di questi test è relativa alla capacità di identificare una lesione osservata in artroscopia o alla RMN (gold standard), tuttavia sempre meno positivi sono i risultati degli studi che analizzano l’accuratezza della risonanza15,18,19. In particolare, la diagnosi tramite bioimmagini è poco accurata quando tale strumento viene utilizzato in tutti i casi indiscriminatamente, piuttosto che per pazienti con sospetta patologia del ginocchio15.

Per completare il puzzle, è doveroso considerare l’anatomia del menisco. Il suo terzo esterno, definito “red-zone”, è la zona maggiormente vascolarizzata, ove sono presenti anche le fibre nervose. Il terzo medio, meno irrorato, è la “red-white zone”; mentre il terzo interno, la “white-zone”, non ha apporto sanguigno, né fibre nervose20–22. Ciò porta a due considerazioni: 1) vista la poca innervazione, non sorprende che il 61% di soggetti con lesione meniscale non abbia mai avuto alcun sintomo18; 2) poiché la capacità di guarigione di ogni area del menisco è direttamente correlata alla sua vascolarizzazione, la zona bianca è suscettibile a danni permanenti e lesioni degenerative20 e non operabili.

Considerando tutto ciò, il fisioterapista dovrebbe riflettere sull’importanza e l’utilità della diagnosi di lesione meniscale nella sua pratica clinica. Ora che è stata messa in dubbio l’accuratezza diagnostica dei test del menisco, resta da capire quanto la certezza di un danno a questa struttura sia rilevante per l’impostazione del trattamento e quanto influisca sulla prognosi.