Yellow Flags in fisioterapia

Per Yellow Flags si intendono tutte quelle barriere di tipo psicosociale che possono ostacolare il recupero. Vediamole insieme.

yellow flag in fisioterapia
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Per Yellow Flags in fisioterapia si intendono tutte quelle barriere di tipo psicosociale che possono ostacolare il recupero di un disordine muscoloscheletrico (1). Le più comuni Yellow Flags in fisioterapia risultano derivare da fattori iatrogeni così come da erronee credenze e aspettative che il paziente ha riguardo la sua patologia oppure possono derivare da strategie sbagliate con cui il paziente gestisce la sua patologia, così come nello stress, in comportamenti malsani e infine nella capacità di cambiare o meno il proprio status patologico (2). È requisito fondamentale del clinico conoscere le Yellow Flags dal momento che queste hanno un forte impatto sulla prognosi della patologia. Il fisioterapista può, con diversi strumenti, intervenire su questi fattori modificabili cambiando la prognosi del paziente.


Le Yellow Flag nel dolore persistente

La comunità scientifica è ormai d’accordo nell’identificare le ragioni della persistenza di un dolore muscoloscheletrico in elementi che vanno oltre il semplice modello biomedico (ovvero la persistenza del danno biologico) (3). Il modello biomedico che riconosceva nel danno biologico l’unica causa del dolore del paziente è stato sostituito dal modello biopsicosociale. Secondo il modello biopsicosociale oltre a cause biologiche la persistenza del dolore è dovuta anche a fattori o meglio barriere psicosociali che ostacolano il processo di recupero. Le Yellow Flags nel dolore persistente dunque giocano un ruolo fondamentale in quanto sono elementi che aumentano il rischio di sviluppare la cronicizzazione di un disordine muscolo scheletrico così come favoriscono l’insorgenza di disabilità a lungo termine (4) (5) (6), assenteismo dal posto di lavoro, un aumento dei costi sanitari, la mortalità (7) (8) (9) (10).

Molti studi longitudinali prospettici hanno dimostrato un collegamento diretto tra dolore persistente e tono dell’umore (11) così come la presenza di Yellow Flags pre-operatorie determinano la persistenza del dolore post-chirurgico  (12).


I fattori psico-sociali più rilevanti

La depressione, l’ansia e lo stress sembrano essere i più potenti predittori della transizione da uno stato di dolore acuto a uno stato di dolore cronico (13). Anche le strategie di coping hanno una influenza importante su outcome come intensità del dolore percepito dal paziente, predisposizione alla cronicizzazione, salute psicologica e capacità funzionali (14) (15).

La catastrofizzazione del dolore

La catastrofizzazione è uno tra i fattori psico sociali più rilevanti da elencare. La catastrofizzazione corrisponde alla perdita di speranza rispetto alla possibilità di guarigione, al pensare ossessivamente alla propria patologia, ad una percezione del dolore in maniera sproporzionatamente elevata rispetto a quello che si sta realmente provando. Esiste un’associazione tra catastrofizzazione e una maggiore intensità del dolore percepito, una riduzione dei livelli di attività fisica maggiori livelli di disabilità e un maggior costo per il sistema sanitario (16) (17) (18) (19) (20). Diversi studi hanno dimostrato che la catastrofizzazione è da sola il più importante fattore di rischio pre-trattamento per il fallimento di un qualsiasi intervento mirato alla riduzione di dolore o per la persistenza del dolore post intervento sia di tipo farmacologico che chirurgico (21) (22) (23) (24).

Kinesiofobia: la paura del movimento

La catastrofizzazione è a sua volta direttamente correlata a un’altra yellow flag ovvero alla kinesiofobia, infatti una è il fattore di rischio per l’insorgenza dell’altra. La kinesiofobia come dice la parola stessa è la paura del movimento. La kinesiofobia viene definita come una eccessiva, irrazionale e debilitante paura di svolgere un movimento fisico dovuta ad una sensazione di vulnerabilità al re-infortunio o dall’eccessiva paura di rivivere il dolore già provato. Soggetti affetti da dolore possono iniziare ad evitare di svolgere attività di vita quotidiana per paura di aumentare il loro stato di dolore. Quando questo atteggiamento di evitamento sopraggiunge, diventando un atteggiamento mal-adattativo, allora il paziente può andare incontro a un decondizionamento fisico che a sua volta determina un aumento del dolore e del discomfort nello svolgere future attività fisiche (25) (26) (27).

Aspettative e credenze sbagliate

Altre fondamentali yellow flags in fisioterapia sono le aspettative che il paziente ha relativamente al suo dolore e alla sua patologia. Tali credenze se negative possono influenzare l’esito benefico di trattamenti chirurgici, farmacologici così come possono peggiorare l’intensità del dolore percepito dal paziente, il rischio di sviluppo di dolore cronico e infine le sue capacità funzionali (28) (29). Le credenze sono anche il principale elemento su cui fa leva un potenziale effetto placebo (30) e il suo contrario effetto nocebo.

Self efficacy

La self efficacy infine è la percezione individuale che ognuno di noi ha relativamente alla sua capacità di raggiungere uno specifico obiettivo (31). Consiste dei pensieri, dei sentimenti e degli atteggiamenti che una persona mette in campo nel fronteggiare situazioni di stress e determina l’abilità con cui ogni individuo riesce o meno a superare situazioni di stress o sfide. La self efficacy può dunque influenzare positivamente o negativamente la capacità che il paziente ha di mantenere le sue capacità funzionali nonostante il proprio dolore (32) (33).

Naturalmente una scarsa self efficacy espone il paziente a un dolore più intenso, alla cronicizzazione del dolore a un peggioramento della disabilità associata al dolore in molteplici disordini muscoloscheletrici quali artrite reumatoide, mal di testa, fibromialgia, mal di schiena cronico (34) (35) (36) (37)


Come misurare i fattori psico-sociali?

Diventa dunque necessario capire come misurare i fattori psico-sociali (attraverso questionari e scale di valutazione) dato il peso che questi hanno nella prognosi del paziente.

Uno strumento di misura validato per la misura della kinesiofobia è la Tampa Scale of Kinesiophobia (TSK-I) il cui obiettivo è quello di valutare se nel paziente è presente la credenza che il dolore sia un segno di danneggiamento del corpo, la credenza che i movimenti che creano dolore e, più in generale, l’attività fisica dovrebbero essere evitate (per scongiurare il ritorno/perpetuarsi del dolore). Tale questionario è stato nel 2004 validato in pazienti con mal di schiena cronico e fibromialgia (38).

Il Coping Strategies Questionnaire è una scala di valutazione self reported che ha dimostrato una buona reliability e validity nel valutare le strategie di coping dei pazienti affetti da mal di schiena cronico (39).

il Chronic Pain Coping Inventory (CPCI) ha come obiettivo quello di indagare la frequenza di utilizzo di strategie di coping adottate dal paziente con dolore cronico. Il questionario valuta gli ambiti della vigilanza, dell’utilizzo del riposo, della frequenza con cui il paziente chiede assistenza della capacità che il paziente ha di svolgere un auto-rilassamento, il mantenimento delle attività, lo svolgimento di esercizi, la ricerca di supporto sociale e infine le strategie utilizzate per superare le difficoltà (40).

La Fear-Avoidance Beliefs Questionnaire (FABQ-I) valuta come le credenze di paura-evitamento del paziente circa l’attività fisica e il lavoro influenzano il suo mal di schiena; questo questionario riesce ad individuare i pazienti che potrebbero beneficiare di un trattamento che preveda dei supporti sia psicologici che sociali. È stato validato in italiano nel 2012 (41). Anche questa scala è stata validata su soggetti affetti da mal di schiena cronico.

La Pain Catastrophizing Scale (PCS-I) è un’altra scala molto utile per indagare quanto catastrofismo è presente nel paziente, è un questionario auto somministrabile che analizza tre dimensioni: impotenza (helplessness), elucubrazione (rumination), ingrandimento (magnification) che il paziente ha relativamente al proprio disordine muscoloscheletrico (42). Questa scala è stata validata sia su una popolazione adulta che su una popolazione adoscelente e con diverse patologie (42).


Conclusione

È chiara la correlazione tra la presenza di Yellow Flags in fisioterapia e i fattori prognostici negativi nella maggior parte dei disordini muscoloscheltrici. Dal momento che tale correlazione è stata ampliamente dimostrata diventa necessario per il clinico individuare quanto più precocemente possibile (attraverso l’indagine anamnestica e coadiuvato dall’utilizzo di idonee scale cliniche) eventuali indicatori della presenza di Yellow Flags. Una volta identificate le Yellow Flags queste devono essere prese in carico nel processo terapeutico da parte del professionista attraverso specifiche strategie come la la Pain Neuroscience Education (PNE) o la Cognitive Behavioural Therapy (CBT) così come la Mindfulness-based Stress Reduction (MBSR) oppure attraverso o semplicemente tramite efficaci strategie comunicative ed educative mirati alla rimodulazione di comportamenti, credenze, aspettative disfunzionali del paziente. Attraverso strategie di modulazione dell’esercizio terapeutico inoltre è ad esempio possibile esporre gradualmente un paziente con atteggiamento da fear avoider al suo gesto provocativo al fine da eliminare la paura relativa al gesto.  L’utilizzo di tali strategie di valutazione e trattamento ci permette di entrare in un’ottica riabilitativa realmente bio-psico-sociale al fine di migliorare la drasticamente la prognosi di questi pazienti (43) (44) (45) (46).  Le yellow flags in fisioterapia pertanto devono entrare a far parte del nostro bagaglio di conoscenze per riconoscerle e trattarle adeguatamente.


Bibliografia