Protesi di caviglia
Ecco una guida per il fisioterapista sulla valutazione e gestione della protesi di caviglia.
Immaginate un paziente con dolore alla caviglia ricorrente durante l’anno. Immaginate che questo dolore sia talmente invalidante da non permettere lui/lei la deambulazione e quindi le attività sociali. Immaginatelo poi con una storia di trauma o pluritrauma tibio-tarsico con conseguente sviluppo di impingement o alterazioni dell’equilibrio metabolico osseo in favore di un rimaneggiamento osseo non funzionale e conseguente grave situazione artrosica. Quando l’approccio conservativa non ottiene beneficio, l’opzione chirurgica potrebbe essere l’unica soluzione per fare in modo che il paziente si riappropri della propria quotidianità. Si aprono quindi 2 vie principali, la strada dell’artrodesi e quella della protesi totale di caviglia (Total Ankle Replacement-TAR).
L’artrodesi è stata per anni la scelta di elezioni in casi di grave alterazione del tessuto osseo articolare e periarticolare della caviglia. In poche parole, la soluzione al dolore articolare è stata quella di togliere l’articolazione: “non posso mica avere dolore articolare se non ho più l’articolazione!“. Questo è senza dubbio corretto ed ha consentito a tanti pazienti di riappropriarsi, seppur con degli adattamenti, delle proprie attività. Tale intervento aveva ed ha comunque delle possibili complicanze post-operatorie[1,2]:
- Malunioni/nonunioni;
- Alterazioni della biomeccanica del passo con conseguente sovraccarico delle articolazioni limitrofe a monte e valle;
- Riduzione della velocità e ampiezza del passo;
- Alterazione dello schema di salita e discesa dalle scale;
- Probabile sviluppo di artrosi precoce a ginocchia e articolazioni distali del piede.
È evidente come, l’idea di preservare il movimento e quindi la possibilità di limitare/evitare parte di queste complicanze, unitariamente alla possibilità di garantire una migliore funzionalità articolare, abbia portato negli anni a implementare sia le tecniche chirurgiche sia il design protesico.
In base al grado di alterazione ossea e delle caratteristiche anamnestiche del/della paziente, sarà il chirurgo a proporre un tipo di approccio piuttosto che l’altro, per noi terapisti invece la sfida sarà quella di capire in che modo guidare il percorso di recupero funzionale in un ambito carente di protocolli d’intervento validati.
Tipologia di paziente
I pazienti candidati per la protesi di caviglia sono solitamente soggetti relativamente giovani con un’età compresa tra i 50 e i 70 anni. Il range d’età è preferenziale e non esclusivo in quanto figlio della storia dei materiali protesici utilizzati[2]: se fino a qualche anno fa le indicazioni per l’età ottimale individuavano soggetti compresi tra i 50 e i 70 con basse richieste funzionali in modo da ridurre la probabilità di usura delle componenti in polietilene e la successiva revisione della protesi stessa, studi più recenti hanno evidenziato come protesi di III e IV generazione abbiano outcome favorevoli anche in soggetti <50 anni e con richieste funzionali moderate dando così un’alternativa all’artrodesi anche in pazienti più giovani[3]. C’è però da sottolineare come alcuni autori prediligano comunque l’artrodesi in soggetti giovani in modo da lasciare aperta la possibilità di convertirla in artroprotesi se dovessero sopraggiungere complicanze o necessità di revisioni dell’intervento negli anni, questo perché le complicanze sono molto frequenti in entrambe le operazioni (circa il 20%) se paragonate agli interventi di artroprotesi di anca o ginocchio (circa l’8%) [4,5,6,7]. Oltre l’età, i criteri di eleggibilità per la protesi di caviglia sono il dolore al carico invalidante e conseguente ad artrosi/artrite in stadio avanzato la cui unica alternativa è l’artrodesi, avere una deformità osseo che consente comunque il raggiungimento della posizione neutra di caviglia, presenza di deformità sul piano frontale (varo-valgo) correggibile, avere i legamenti integri per garantire stabilità all’impianto. Le controindicazioni all’intervento sono invece: infezioni attive, neuropatie periferiche, gravi alterazioni del circolo periferico, scarsa densità ossea che può ritardare o non consentire l’impianto protesico, elevate deformità in varo o valgo (può provocare mal allineamento protesico e quindi impingement dei tessuti molli o ossei) [8].
INDICAZIONE CHIRURGICA | CONTROINDICAZIONI |
Dolore articolare in carico invalidante come esito di deformità artrosiche o artritiche avanzate. | Neuropatie o arteriopatie periferiche o stato infettivo attivo |
Età compresa tra i 50-70 (relativo) | Scarsa qualità dell’osso |
Basse-moderate richieste funzionali post intervento | Paziente con alte richieste funzionali |
Deformità in varo-valgo riducibili | Deformità in varo-valgo non riducibile |
Deformità ossea che garantisce comunque il raggiungimento della posizione neutra | Deformità irriducibile sino alla posizione neutra |
Integrità legamentosa per garantire stabilità | Instabilità articolare importante |
Risultati non soddisfacenti di un intervento di artrodesi |
Tipologia d’impianto e d’intervento
Perché per noi fisioterapisti è utile conoscere per sommi capi le modalità e le caratteristiche degli interventi a cui vengono sottoposti i nostri pazienti? Per 2 ragioni principali:
- Avere un terreno di dialogo comune con il medico specialista, utilizzare lo stesso alfabeto per confrontarsi e comprendere le difficoltà che anche l’operatore chirurgico può inevitabilmente incontrare e quindi essere preparati a comprendere ciò che è “normale decorso” o “complicanza intra-postoperatoria;
- Conoscere quali tessuti vengono coinvolti e in che maniera (lacerati, distratti, preservati, isolati) e cosa aspettarci dalla protesi (quanto range può concedermi e che tipi di movimento) in modo da poter dirigere al meglio l’intervento riabilitativo.
Attualmente le tipologie di protesi di caviglia più diffuse sono fisse a 2 elementi o mobili a 3 elementi[9]:
- 2 elementi: un elemento tibiale in metallo e polietilene, un elemento astragalico metallico, sembrano essere più stabili rispetto alle mobili, ma sono soggette a forze di taglio sull’impianto tibiale maggiori. Consente movimenti solo sul piano sagittale.
- 3 elementi: elementi tibiale e astragalico in metallo a cui è interposto un cuscinetto in polietilene, più mobili con ridotte forze di taglio, ma più suscettibili a sublussazioni della componente in polietilene che può generare impingement malleolare. Consente movimenti sul piano sagittale e qualche grado di rotazione.
Da questi tipi di protesi, possiamo attenderci nel migliore dei casi una mobilità in dorsiflessione tra i 5°-10° e in flessione plantare di 20°-25°.
La tecnica operatoria più comune è quella dell’accesso anteriore[9,10,11]:
- Taglio longitudinale tra i tendini del tibiale anteriore e dell’estensore lungo dell’alluce recidendo anche retinacolo degli estensori e capsula anteriore;
- Pulizia articolare da aderenze e osteofiti;
- Distrazione articolare;
- Resezione e asportazione delle superfici articolari e ossee di tibia e domo astragalico;
- Verifica dell’allineamento tramite l’installazione di impianti di prova;
- Se vi è meno di 5° di flessione dorsale, viene eseguito l’allungamento del tendine d’achille;
- A volte può essere necessario incidere anche a livello distale del perone per praticare una fusione dell’articolazione tibio-peroneale distale in modo da garantire una superficie più ampia per l’innesto protesico tibiale;
- Se c’è deformità sottoastragalica è possibile effettuare una fusione anche di quest’ultima;
- Inserimento degli impianti definitivi;
- Se vi è instabilità per lesione dei legamenti questi vengono ricostruiti;
- Riparazione e sutura dei tessuti;
- Medicazione compressiva di piede e caviglia per controllo dell’edema articolare e periferico;
Possibili complicanze intra e post-operatorie
- Malposizionamento dell’impianto, può provocare instabilità con usura precoce dell’impianto o impingement e possibile dolore;
- Frattura malleolare durante l’impianto, ciò porta all’aumento dei tempi d’immobilizzazione post-operatoria;
- Resezione tendinea durante l’incisione;
- Infezione;
- Lesione del nervo peroneo superficiale o profondo;
- Ritardo guarigione cutanea della ferita e conseguente aumento del periodo di mobilità limitata;
- Ritardo di consolidamento o malunione che portano all’aumento del periodo d’immobilità o a carico limitato;
- Sindrome del tunnel tarsale;
- Sindrome regionale complessa;
- Degenerazione precoce sottoastragalica con dolore al carico;
- Formazioni ossee eterotopiche che possono limitare il ROM.
Come già scritto in precedenza, le complicanze che pendono sull’intervento di protesi di caviglia o artrodesi sembrano essere sovrapponibili, ma in entrambi i casi sono più frequenti rispetto agli interventi di artroprotesi di anca o ginocchio, 20%VS 8% [7,12]. E’ quindi cruciale che il paziente sia più idoneo possibile all’intervento per minimizzare il rischio[13] e confrontarsi con l’ortopedico di riferimento per gestire al meglio gli imprevisti e la ricaduta che questo può avere sul paziente.
Obiettivi pre e post intervento
- Eliminare il dolore articolare al carico e al movimento;
- Correzione delle deformità secondarie a trauma/patologia;
- Ottenere un’articolazione stabile e funzionale;
- Miglioramento della forza e resistenza muscolare in gesti funzionali
Trattamento riabilitativo
FASE 1 | 0-3 settimane dall’intervento Carico non concesso e utilizzo di bendaggio post-operatorio |
Obiettivi | Deambulazione con ausilio; Ridurre l’ipotrofia da immobilizzazione tramite esercizi per anca, ginocchio e tronco; Gestione del dolore e dell’edema. |
Condotte | Gestione dell’edema tramite l’elevazione dell’arto inferiore al di sopra del cuore per più tempo possibile durante la giornata, ma per massimo 2-3 ore di seguito; Educazione del paziente al monitoraggio dello stato della ferita chirurgica: temperatura locale, presenza di pus, zone con ritardo di guarigione o non fusione tissutale; Inizialmente gli esercizi di attivazione e di mobilità vengono rivolti all’arto inferiore in toto e non direttamente all’articolazione operata. Mantenimento del ROM dell’arto inferiore tramite esercizi di SLR passivo con cinghia; Isometriche del quadricipite SLR attivo; Abduzioni di anca in decubito laterale; Attivazioni addominali; Rotazione esterna di anca in decubito laterale (clamshell) Estensioni di anca da prono Flessioni di ginocchio da prono |
Criteri di progressione | Dolore inferiore a 5/10 NRS Paziente compliante |
FASE 2 | 3-6 Settimane Carico concesso solo in stazione eretta statica con tutore che viene portato anche la notte |
Obiettivi | Gestione dolore e gonfioreIncrementare il ROM di caviglia e piede Contrastare la perdita di forza pluridistrettuale; Aumentare la mobilità della cicatrice una volta che la ferita risulta guarita e asciutta; Iniziare a caricare l’arto in stazione eretta; |
Condotte | Se durante l’intervento è stato effettuato un transfer tendineo bisogna evitare esercizi contro resistenza e allungamento della muscolatura coinvolta per i primi 3 mesi. È possibile togliere il tutore durante l’esecuzione degli esercizi; Aumento del ROM tramite mobilizzazione Passiva e attiva in tutti i piani dello spazio (flessione-estensione, inversione-eversione); Mobilizzazione dell’alluce se rigido; Mobilizzazione della cicatrice se la ferita chirurgica è guarita; Trattamento dei tessuti molli se necessario; Mantenimento delle qualità cardio-respiratorie attraverso l’utilizzo dell’armoergometro o esercizi ripetuti con gli arti superiori; Esercizi addominali, plank e ponti con il tutore; Una volta che il paziente riesce a mantenere la posizione seduta con la caviglia in neutro sarà possibile introdurre: Flessione del ginocchio in posizione seduta facendo scivolare il piede sul pavimento; Sollevamento del tallone; Sollevamento dell’avampiede; Esercizio del “piede corto“ Flesso-estensione dell’alluce e delle dita; Apertura e chiusura delle dita; Per gestione del dolore ed edema, oltre all’elevazione prima menzionata: Stimolazione elettrica; Compressione intermittente; Impacchi freddi intermittenti; |
Criteri di progressione | Dolore 5/10 NRS Diminuzione del gonfiore Aumento del ROM su tutti i piani Buona tolleranza al carico parziale |
FASE 3 | 6-10 settimane Carico parziale |
Obiettivi | Svezzamento progressivo da tutore; Utilizzo di calzature per la deambulazione con ausili se necessario; |
Condotte | Incremento del ROM tramite allungamenti del tricipite surale in stazione eretta, mobilizzazione della caviglia e mobilizzazione della cicatrice; Stretching della muscolatura della coscia; Possibile introdurre cyclette prima con tutore e successivamente con scarpa da ginnastica se tollerato; È indicata l’attività natatoria o la camminata in piscina se la ferita è guarita; Esercizi contro resistenza di banda elastica monodirezionali (flessione-estensione, inversione-eversione); Bridging su fitball e varianti; Macchinari per il rinforzo di abduttori e addutori, leg extension e leg curl. |
Criteri di progressione | Riduzione del gonfiore; Assenza di dolore durante e dopo gli esercizi; Buona tolleranza del cammino con scarpe da ginnastica 3/10 NRS |
FASE 4 | 11-13 settimane Carico completo |
Obiettivi | Normalizzazione del cammino; Progressivo incremento della forza degli AAII; Incremento equilibrio e propriocezione; Riduzione di dolore e gonfiore post-attività. |
Condotte | Mobilizzazione se necessario; Stretching in dorsiflessione su scalino; Cyclette e/o attività in acqua; Aumento d’intensità e durata degli esercizi precedenti; Introduzione leg press, romanian deadlift, minisquat e progressione in squat; Attività bipodalica su superficie stabile ad occhi chiusi per poi progredire ad attività bipodalica su superficie instabile. |
Criteri di progressione | Minimo dolore/gonfiore post esercizio Deambulazione fisiologica |
FASE 5 | 14-16 settimane |
Obiettivi | Incremento forza;Introduzione di esercizi in monopodalica;Evitare dolore e gonfiore post esercizio. |
Condotte | Jogging in acquaCalf raises bipodalico;Utilizzo della Seated calf machine;Esercizi in monopodalica su superficie stabile. |
Criteri di progressione | Assenza di aumento di gonfiore post esercizio ed assenza di dolore;Buona tolleranza agli esercizi in monopodalica 3/10 NRS |
FASE 6 | 4-6 mesi |
Obiettivi | Continuare l’incremento di forza;Minimizzare gonfiore e dolore post esercizio;Buona tolleranza alla progressione in monopodalica;Progressione in monopodalica su superficie instabile; |
Condotte | EllitticaTapisroulantIntroduzione enfasi eccentrica sui calf raises (salita bipodalica, discesa unilaterale) con progressione verso l’unilateral calf raises;Hip hike;Affondi anteriori e laterali;Single leg press;Step up;Affondi con la slide board;Single leg squat;Single leg wall sideEsercizi in monopodalica su superficie instabile. |
Criteri di progressione | Nessun dolore e gonfiore dopo 30’ di camminata veloce;Standing heel rise test 90% rispetto al controlaterale;Forza di 5/5 MRC nel range disponibile;Monopodalica su superficie stabile >30”. |
FASE 7 | 6+ mesi |
Obiettivi | Introduzione esercizi sport specifici per attività a basso impatto (ex. golf, yoga, ciclismo non competitivo…) |
Condotte | Incremento dei carichi e intensità intesa come durata e velocità; Introduzione di esercizi sport-specifici |
Criteri di progressione verso l’attività sportiva scelta | Autorizzazione medica;Buoni punteggi all’Y-balance test e allo psych readiness to return to sport. |
Prognosi
La prognosi successiva ad una protesi di caviglia non è mai certa ed è influenzata da diversi fattori quali la situazione pre intervento, il tipo di intervento scelto, la compliance del paziente, l’insorgenza o meno dele frequenti complicanze intra o post operatorie. I protocolli riabilitativi completi non sono comunque mai inferiori all’anno, ma questi, come già detto, servono solo come indicazione, un canovaccio da adattare al singolo paziente a seconda della sua risposta all’intervento, un intervento che è in progressiva espansione ed evoluzione e sul quale non si hanno ancora certezze consolidate.
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