Sindrome della Bandelletta Ileotibiale

Ecco una guida per il fisioterapista su valutazione e trattamento della sindrome della bandelletta ileotibiale.

Una recente indagine prospettica ha rilevato che il 66% dei corridori ha subito almeno un infortunio da overuse durante un periodo di osservazione di due anni, tra cui la sindrome della bandelletta ileotibiale. In aggiunta a questo, i corridori che sviluppano un infortunio di questo tipo hanno una probabilità del 50% di recidivare l’infortunio. Inoltre, sia l’evidenza prospettica che quella retrospettiva indicano che la regione del ginocchio ha la percentuale di infortuni maggiore sia per incidenza (26,2%) che per prevalenza (31,2%) nei corridori[1, 10].

La sindrome della bandelletta ileotibiale (ITBS) è stata riconosciuta come la seconda causa più comune di infortunio da overuse al ginocchio e, naturalmente, è particolarmente presente tra corridori, ciclisti e altri atleti che praticano uno sport in cui è presente la flesso-estensione ripetitiva del ginocchio. Inoltre, è due volte più probabile che ne soffrano le donne rispetto agli uomini[5,10]. Una revisione sistematica nell’American Journal of Sports Medicine ha stimato un’incidenza della ITBS del 12% nei corridori[3].


Tipologia di paziente

I fattori predisponenti la sindrome della banda ileotibiale sono associati a fattori sia estrinseci che intrinseci. Tra i fattori estrinseci, l’attributo più comunemente associato all’ITBS è l’aumento del chilometraggio settimanale ma anche altri errori di allenamento, come l’eccessiva corsa in discesa, sembrano svolgere un ruolo in questa patologia. I principali fattori intrinseci includono invece il genu varum e la discrepanza nella lunghezza degli arti inferiori[3, 8]. Da un punto di vista puramente biomeccanico è stato anche ipotizzato che vi sia un aumento dell’adduzione e della rotazione interna dell’anca e del ginocchio nei soggetti con ITBS rispetto a soggetti sani[3] anche se esiste una sempre più crescente letteratura scientifica che non supporta questa idea[9, 10, 11].

In generale, è importante ribadire che circa il 70-80% dei disturbi nei corridori sono dovuti a lesioni da overuse che coinvolgono principalmente il ginocchio e che la sindrome della bandelletta ileo tibiale va inserita in questo contesto[1]. Uno studio recente suggerisce, infine, che la carenza della variabilità di movimento e dunque della coordinazione potrebbe svolgere un ruolo nell’ITBS più importante rispetto a un singolo pattern specifico riconosciuto[9].


Patofisiologia

Storicamente l’ITBS è sempre stata considerata una patologia dovuta all’attrito tra la banda ileotibiale e il condilo laterale del femore ma, più recentemente, il meccanismo di attrito precedentemente proposto è stato messo in discussione. Una nuova teoria sviluppata con l’aiuto della risonanza magnetica (MRI) ha mostrato infatti che quando il ginocchio è flesso oltre i 30°, la fascia ileotibiale si comprime medialmente contro il condilo femorale laterale, esattamente quando la tensione aumenta nelle fibre posteriori della banda ileotibiale[7]. Si ipotizza quindi che sia questa compressione a causare l’irritazione dell’area tra la fascia e l’osso che è ricca di grasso, vasi sanguigni, nervi e corpuscoli di Pacini. La compressione continua irriterebbe e infiammerebbe quest’area suggerendo che l’ITBS dovrebbe essere classificata come sindrome da compressione[3, 7].

Sulla base delle considerazioni biomeccaniche accennate sopra è possibile poi ipotizzare i fattori che potenzialmente contribuiscono ad aumentare la compressione dei tessuti nella parte laterale del ginocchio. Un fattore non modificabile potrebbe essere la larghezza pelvica ridotta. A conferma di questa ipotesi, un recente studio su atleti universitari ha riscontrato che distanze minori tra le spine iliache antero-superiori sono associate a una base di appoggio nell’andatura più piccola durante la corsa, che, a sua volta, è stata suggerita come fattore favorente lo sviluppo di ITBS. Anche i condili femorali laterali più prominenti comporterebbero ugualmente una maggiore compressione della zona laterale del ginocchio. A supporto di questo dato esiste uno studio basato su delle risonanze magnetiche in cui l’altezza degli epicondili femorali laterali è stata confrontata tra soggetti affetti da ITBS e controlli sani ed è risultata significativamente maggiore nei pazienti affetti da ITBS. Tuttavia, va notato che, in questo studio, la differenza tra i casi e i controlli era solo di 0,9 mm di media, quindi l’effetto biomeccanico era probabilmente piccolo. Oltre alla forma delle ossa, ci si aspetta che, come accennato,  l’eccessiva adduzione dell’anca o l’allineamento in varo del ginocchio, aumentino la compressione della parte laterale del ginocchio. A riprova che sia la compressione, e non l’attrito, a scatenare questo problema si aggiunge il fatto che la rigidità rilevata del muscolo tensore della fascia lata (TFL), direttamente collegato alla banda ileo tibiale, è significativamente inferiore nei pazienti con ITBS. Sebbene le ragioni della diminuzione della rigidità muscolare non siano chiare, si può ipotizzare che nei pazienti con ITBS il controllo neurale del TFL sarebbe involontariamente inibente nel tentativo di abbassare il suo tono di riposo e, quindi, la compressione dei tessuti sotto la banda[2]. Sulla base dell’evidenza disponibile è comunque difficile fare affermazioni conclusive sul ruolo del TFL nelle più diffuse condizioni muscolo-scheletriche degli arti inferiori e sono necessari ulteriori studi con campioni di dimensioni maggiori e metodologie più appropriate[6].


Diagnosi differenziale


Elementi anamnestici

  • Dolore ingravescente durante attività che prevedono la flesso-estensione ripetuta del ginocchio (corsa, bici..);
  • Dolore ingravescente durante attività che prevedono salti e rimbalzi sugli arti inferiori;
  • Dolore laterale al ginocchio;
  • Dolore durante attività quotidiane come scendere le scale o camminare in discesa;
  • Zoppia e shift del carico sull’arto sano da parte del paziente;
  • Recente storia di incremento o modifica dell’attività fisica o occupazionale del paziente;
  • Miglioramento dei sintomi con l’utilizzo degli appositi tutori;
  • Scarsa risposta a crioterapia e FANS sul medio-lungo periodo;
  • Kinesiofobia (evitamento eccessivo delle attività scatenanti il dolore).

Esame obiettivo e valutazione

La diagnosi di Sindrome della Bandelletta Ileotibiale si basa sul ragionamento clinico ed è principalmente una diagnosi di esclusione (la letteratura evidenzia come siano necessari nuovi criteri diagnostici);

  • Dolore laterale al ginocchio nella regione del condilo femorale laterale e prossimalmente alla linea dell’articolazione tibiofemorale laterale;
  • L’insorgenza del dolore è preceduta da un recente picco nei carichi di corsa o da un aumento del volume della corsa in discesa;
  • L’imaging non è particolarmente utile nella diagnosi di Sindrome della Bandelletta Ileotibiale;
  • Noble Test (unico test diagnostico utilizzato nell’esame clinico del paziente con sospetta Sindrome della Bandelletta Ileotibiale);
  • Valutazione della forza dei muscoli glutei ed, in particolare, del muscolo medio gluteo (da sottolineare come la letteratura indichi la debolezza degli abduttori di anca come conseguente alla Sindrome della Bandelletta Ileotibiale e non come fattore predisponente);
  • Ober Test (basandosi su premesse errate si sta perdendo nella pratica clinica come test per ITBS, tuttavia la positività potrebbe indicare la presenza di guarding muscolare nel paziente)
  • Altri test più generici (test funzionali, test per la resistenza muscolare, test per l’estensibilità muscolare, altro).

Trattamento

Gli obiettivi nel trattamento del dolore dovuto alla sindrome della banda ileotibiale sono:

  • Gestione dell’infiammazione acuta e dei sintomi;
  • Coinvolgimento attivo del paziente nel programma riabilitativo e nella comprensione della sindrome;
  • Miglioramento del ROM e della forza di anca e ginocchio;
  • Miglioramento e ampliamento dei pattern di movimento durante l’attività fisica;
  • Incremento della funzionalità nelle attività scatenanti il dolore;
  • Return-to-play in caso di sospensione delle attività sportive scatenanti il dolore.

Le strategie per perseguire tali obiettivi sono:

Farmacologiche:

  • FANS (che possono essere somministrati localmente o per via sistemica)
  • Iniezione locale di corticosteroidi

Fisoterapiche:

  • Educazione al dolore, alla patologia ed engagement del paziente nel trattamento;
  • Terapie passive:
    • Tecniche di mobilizzazione e massaggio per la modulazione neurofisiologica del guarding muscolare;
    • Tecniche muscolari per la modulazione del dolore;
  • Esercizio:
    • Esercizi per il miglioramento della mobilità del distretto dell’anca e del ginocchio;
    • Esercizi per il miglioramento della resistenza muscolare;
    • Esercizi per il miglioramento della forza muscolare dei muscoli relativi ad anca e ginocchio;
  • Esercizio neuromuscolare:
    • Esercizi funzionali per il miglioramento del reclutamento dell’anca
    • Esercizi funzionali per il soft-landing
    • Esercizi funzionali di aumento della cadenza nella corsa del 5%-10%
    • Esercizi funzionali di ampliamento della falcata nella corsa

Chirurgiche:

  • La sindrome della banda ileotibiale è gestita principalmente in modo non chirurgico, tuttavia esistono casi recalcitranti di ITBS che richiedono un intervento. Le opzioni chirurgiche si basano prevalentemente sulla resezione della parte infiammata della banda ileotibiale.

Prognosi

Al follow-up a breve termine la terapia conservativa per l’ITBS sembra riuscire a ridurre il dolore e la terapia chirurgica è efficace nel riportare gli atleti alla pratica sportiva nell’81%-100% dei casi. Tuttavia in letteratura vi è carenza e bassa qualità delle prove utilizzate per quanto concerne i risultati effettivi sia del trattamento conservativo sia di quello chirurgico dell’ITBS[5]. Solo il 44% dei pazienti si riprende completamente in 8 settimane di terapia e i sintomi spesso persistono o si ripresentano nonostante i trattamenti. Questi risultati insoddisfacenti suggeriscono che gli approcci terapeutici più comuni non sono sufficientemente efficaci e che la prescrizione di interventi utili è complicata dalla scarsità di studi di alta qualità che ne valutino l’efficacia, soprattutto sul medio-lungo terminie[2].

Come accennato prima, gli ultimi studi evidenziano però che potrebbe esistere un meccanismo protettivo che cerca di prevenire il sovraccarico ripetuto sulle stesse strutture poiché è stato scoperto che i corridori che hanno sperimentato per una volta IBTS hanno una maggiore variabilità di movimento rispetto ai corridori con sindrome della fascia ileotibiale ricorrente[9] e poichè è stato notato un movimento di adduzione dell’anca ridotto nei soggetti che hanno sofferto precedentemente di ITBS[10].

Possiamo quindi ipotizzare che il lavoro sulla variabilità del movimento e sulla neuromeccanica dell’anca durante i gesti funzionali potrebbe essere il miglior intervento riabilitativo possibile alla luce dei più recenti studi.