Tendinopatia Quadricipitale

Ecco una guida per il fisioterapista su valutazione e gestione della tendinopatia quadricipitale.

tendinopatia quadricipitale

La tendinopatia quadricipitale fa parte di quelle patologie, insieme alla tendinopatia rotulea, chiamate comunemente “ginocchio del saltatore” in quanto colpisce gli sportivi che praticano sport di salto come il basket, oppure può colpire atleti dove lo sport è caratterizzato da una flessione importante di ginocchio come la pesistica olimpica. Sebbene pochi studi abbiano analizzato la prevalenza della tendinopatia tra la popolazione, si stima che questa prevalga tra lo 0,2 e il 2% negli atleti. Tra gli sportivi che accusano dolore durante l’estensione del ginocchio, 1 su 4 ha avuto dolore al polo superiore della rotula. Oltre a praticare uno sport di salto, un rischio maggiore coinvolge gli atleti più alti e con un BMI elevato.


Tipologia di paziente

Il paziente che tipicamente presenta dolore al polo superiore della rotula, è un atleta che pratica sport di salto. La tendinopatia del quadricipite è stata riscontrata anche in persone alte con un BMI elevato. Lo sport dove è emersa in misura maggiore la patologia è la pallavolo e vi è maggior incidenza nel sesso maschile.


Patofisiologia

Per comprendere la patologia, prima, dobbiamo conoscere l’anatomia del tendine del quadricipite e del tendine rotuleo dal momento che spesso vengono confusi nella diagnosi e vengono trattati allo stesso modo quando, in realtĂ , hanno grandi differenze. Il tendine rotuleo si differenzia dal punto di vista anatomico da quello del quadricipite in quanto collega due ossa, quindi due strutture con stessa stiffness, invece il tendine del quadricipite collega il muscolo alla rotula. Le proprietĂ  meccaniche dei tendini imitano le loro strutture adiacenti: il tendine ha una maggiore estensibilitĂ  (meno stiffness) nella regione piĂą vicina al muscolo, al contrario, le regioni piĂą vicine all’osso sono meno estensibili (piĂą stiffness).

Ci sono differenze nella struttura tra il tendine rotuleo e il tendine del quadricipite. Il tendine rotuleo è una struttura relativamente lineare, composta da strati superficiali e profondi, che corrono in parallelo, senza attaccamenti muscolari diretti. Lo strato superficiale è una continuazione delle fibre tendinee del quadricipite del retto femorale. Le fibre dello strato profondo iniziano dal margine piĂą distale della rotula e si inseriscono, insieme alle fibre superficiali, sulla tuberositĂ  tibiale. Al contrario, il tendine del quadricipite è una struttura piĂą complessa e variabile, derivante da 4 muscoli separati. Tipicamente, il tendine del quadricipite ha 3 strati: uno strato superficiale (retto femorale), uno strato intermedio (vastus lateralis e medialis) e uno strato profondo (vastus intermedius); tuttavia, il numero di strati e il contributo relativo di ciascun muscolo sono molto variabili. Le interazioni tra questi strati e la matrice circostante possono avere implicazioni per la patogenesi, la presentazione dei sintomi e l’imaging o il trattamento della tendinopatia del quadricipite, ma non sono state ancora considerate in letteratura.

Il muscolo è formato da 4 ventri muscolari, pertanto non ha una linea d’azione unica, sottoponendo il tendine quadricipite a carichi non uniformi e a forze di taglio. La forza trasmessa attraverso il tendine rotuleo è la piĂą uniforme.

La regolazione della rigiditĂ  lungo un tendine consente una trasmissione efficiente e sicura della forza dal muscolo all’osso.

Ma qual è la funzione del quadricipite?

Facciamo un esempio: quando una persona atterra da un salto, il ginocchio si flette per assorbire l’impatto; contemporaneamente, il muscolo quadricipite si contrae eccentricamente per controllare la flessione del ginocchio. Il tendine del quadricipite deve esercitare la funzione di ammortizzatore, allungandosi insieme al quadricipite. Laddove materiali di diversa rigiditĂ  si uniscono, possono esserci concentrazioni di stress nella loro interfaccia. Di conseguenza, se il tendine era eccessivamente rigido vicino al muscolo e non era in grado di allungarsi, la giunzione muscolo-tendinea del quadricipite e il muscolo stesso possono essere maggiormente a rischio di lesioni.

Tutte le tendinopatie, comprese le tendinopatie della rotula e del quadricipite, sono lesioni da uso eccessivo “overuse” derivanti da sovraccarico tendineo con recupero inadeguato, oppure da compressione, ad esempio nei pesisti che vanno in massima accosciata. Il sintomo principale è il dolore tendineo dipendente dal carico, in quanto carichi maggiori provocano un grado piĂą elevato di dolore, durante o subito dopo l’attivitĂ . Oltre al dolore il tendine subisce dei cambiamenti strutturali e meccanici, tra questi ricordiamo il cambiamento fenotipico dei tenociti, aumento dei proteoglicani che richiamano acqua portando a un ispessimento del tendine, aumento del metabolismo cellulare con la formazione di nuovi vasi “neoagiogenesi”, aumento del collagene di tipo III disorganizzato.

La confusione sorge poiché la tendinopatia rotulea risulta più comune di quella del quadricipite e coinvolgono strutture che funzionano in tandem, il tendine del quadricipite e il tendine rotuleo.


Diagnosi differenziale


Esame obiettivo e valutazione

I libri di testo hanno basato la diagnosi della tendinopatia del quadricipite sulla presentazione del dolore e aumentata sensibilitĂ  alla palpazione sul sito di inserzione del tendine del quadricipite sulla rotula e presenza di dolore durante la contrazione muscolare contro resistenza. Inoltre, va valutata se c’è stato un aumento repentino dei carichi di lavoro nella programmazione dell’allenamento senza essere ben gestito con un recupero ottimale. Il dolore aumenta all’aumentare del carico ed è raramente presente a riposo, il dolore poi diminuisce dopo l’esecuzione di numero ripetizione per l’effetto warm-up. Storicamente vengono utilizzati i raggi X per aiutare la diagnosi ma raramente si vedono delle modificazioni nelle immagini, possono essere riscontrate delle calcificazioni sul tendine se la tendinopatia è cronica, ma ciò risulta essere irrilevante ai fini diagnostici. Le prove disponibili suggeriscono che i raggi X  sarebbero inefficace nel rilevare questa patologia. L’ecografia e la risonanza magnetica invece sono utili nel diagnosticare la patologia. In caso di tendinopatia del quadricipite quello che si potrebbe osservare è un ispessimento del tendine, regioni ipoecogene e alterazioni della struttura del tendine. Inoltre per avere una valutazione del dolore e dell’andamento del programma riabilitativo il fisioterapista può avvalersi di una scala di valutazione (VISA-P) per monitorare la sintomatologia. La scala non è sensibile a piccoli cambi della sintomatologia e deve essere somministrata con una distanza di 4 settimane.


Trattamento

Il primo trattamento che deve essere effettuato inizialmente è quello di tipo conservativo, solo dopo il fallimento di questo si possono optare altri trattamenti che vanno dalle iniezioni di plasma ricco di piastrine all’intervento chirurgico.

L’intervento conservativo va orientato in base al grado di irritabilità del tendine e agli obiettivi del paziente che saranno diversi in base all’attività praticata. Per irritabilità di un tendine si intende quel carico che provoca una modifica del sintomo, in termini negativi, che non ritorna a livelli normali dopo le 24h. Una volta trovato il carico che non provoca una forte irritabilità inizia un training in cui il tendine sarà sottoposto a carichi progressivi o a velocità di contrazioni differenti.

In primo luogo, la modifica del carico viene utilizzata con l’obiettivo di ridurre il dolore. Ciò comporta, inizialmente, la riduzione delle attivitĂ  di accumulo e rilascio energetico ad alto carico che potrebbero aggravare il dolore. Potrebbe essere necessario ridurre il volume e la frequenza (numero di giorni alla settimana in cui vengono eseguite) delle attivitĂ  ad alta intensitĂ , in accordo con l’atleta e l’allenatore. Sia la modifica del carico che l’eventuale carico progressivo si basano su un attento monitoraggio del dolore. Un po’ di dolore è accettabile durante e dopo l’esercizio, ma i sintomi dovrebbero risolversi rapidamente dopo l’esercizio e non dovrebbero peggiorare progressivamente nel corso del programma di carico, come monitorato dalla risposta nelle 24 ore.

Il dolore può essere monitorato tramite un test di provocazione, solitamente viene utilizzato il single leg decline squat, in questo test viene valutata la risposta al carico di una singola ripetizione. Alcuni autori hanno suggerito che un livello di dolore da 3 a 5 su una scala di valutazione numerica NPRS da 0 a 10 durante l’esercizio è accettabile, il dato va comunque preso con le pinze in quanto la soglia del dolore non è uguale per tutti e molti atleti tendono a sottostimare il dolore percepito. Inoltre è importante che il paziente sia collaborante e aderente al piano riabilitativo e che ci informi delle possibili modifiche del sintomo, se questo andrĂ  ad aumentare vorrĂ  dire che avremo somministrato un carico eccessivo e che il tendine non si è ancora adatto a quel tipo di sforzo.

Possiamo dividere la riabilitazione della tendinopatia in 4 fasi in base al tipo di contrazione sostenuta dal tendine:

  • 1° fase di carico isometrico: 5 serie da una ripetizione isometrica di wall squat o spanish squat da 45 secondi a 70/90 gradi di flessione di ginocchio. Questa è solo una indicazione in quanto per alcune persone 45 secondi potranno essere troppe oppure troppo poche, la personalizzazione del giusto carico va cucita sul paziente. Può essere usata anche una contrazione isometrica differente tipo a una leg extension bloccata dai 30 ai 60 gradi di flessione. Ovviamente poi si farĂ  una progressione sull’aumento dei secondi o del carico o se siamo partiti a degli angoli troppo aperti nel wall squat o nello spanish andremo a chiudere questi angoli. L’esercizio isometrico sarĂ  eseguito dalle 2 alle 3 volte al giorno e il recupero tra le serie sarĂ  di 2 minuti. Gli esercizi isometrici sono indicati per ridurre e gestire il dolore tendineo e avviare il carico dell’unitĂ  muscolo-tendinea quando il dolore limita la capacitĂ  di eseguire esercizi isotonici.
  • 2° fase di carico isotonico: questa fase ha inizio quando il dolore durante gli esercizi isotonici è 3 o inferiore in una scala da 0 a 10. Il carico isotonico è importante per progredisce sempre per gradi, inizialmente verranno utilizzati angoli al ginocchio molto aperti da 10 a 60 gradi poi ci si eserciterĂ  su gradi piĂą chiusi per arrivare a 90 gradi e oltre. Per gli esercizi si può utilizzare il programma heavy slow resistance (HSR) che comprende esercizi quali squat, leg press e hack squat. Dobbiamo inoltre esercitare il paziente ad eseguire movimenti solo su una gamba in quanto durante gli esercizi bilaterali, l’arto sano potrebbe lavorare di piĂą rispetto al controlaterale infortunato, quindi esercizi come la leg extension e lo split squat devono essere implementati nel programma riabilitati. Il carico consigliato in questa fase deve essere inizialmente leggero es.: 15 RM fino a un carico 6 RM. Gli esercizi isotonici devono essere eseguiti ogni due giorni. Gli esercizi isometrici devono essere sempre eseguiti.
  • Fase tre o di accumulo e rilascio energetico (pliometrie): questa fase è fondamentale per la salute del tendine, per migliorare la stiffness del tendine nonchĂ© esercitare il pz a quel tipo di contrazioni piĂą similare a quelle sportive. Per accedere a questa fase bisogna aver acquisito una buona forza es: leg press a gamba singola con 150% del proprio peso corporeo, e gli esercizi pliometrici semplici non devono suscitare un alto grado di dolore (3 su 10 in una scala numerica da 0 a 10). La scelta dell’esercizio dipenderĂ  dalle esigenze dello sport, pertanto, la programmazione e la tipologia degli esercizi può variare notevolmente tra individui che praticano sport diversi, nonchĂ© tra ruoli svolti nello stesso sport. La pianificazione di questa fase richiede una stretta collaborazione con l’atleta e l’allenatore per determinare in modo appropriato la frequenza, il volume e l’intensitĂ  dell’allenamento. Gli esercizi pliometrici possono includere attivitĂ  di salto e atterraggio, accelerazione, decelerazione e taglio/cambio di direzione, a seconda delle esigenze dello sport. In questa face ci sono diversi paramentri con cui ci si può regolare per creare piĂą carico sul tendine tra questi: tipologia di salto (salto in avanti, drop jump, squat jump, split jump, side gump), altezza del salto, velocitĂ  del salto, accelerazione, decelerazione, numero di salti consecutivi, salti con sovraccari, salti in direzioni diverse.

Gli esercizi di accumulo e rilascio energetico vanno eseguiti con una distanza di tre giorni. Quindi dopo un carico alto di esercizi pliometrici e preferibile seguire con un carico basso il giorno dopo (carico isometrico) segue una giornata di carico medio (es.: HSR) segue un giorno di riposo e rinizia il ciclo. Avremo due giorni a settimana dove l’atleta si eserciterà con carichi alti e ci sarà un giorno di riposo a settimana

  • Fase 4 o di ritorno allo sport: La progressione verso l’allenamento specifico per lo sport può essere iniziata quando l’individuo riesce a gestire i vari esercizi pliometrici senza dolore. A quel punto, gli esercizi della fase 3 sono sostituiti da un ritorno graduale all’allenamento e, infine, alla competizione. Il ritorno alla competizione viene ripreso quando l’allenamento completo è tollerato senza provocazione dei sintomi.

Prognosi

Nella nostra pratica clinica ci baseremo principalmente sul sintomo del paziente, nonostante non sia un dato direttamente correlato allo stato di salute del tendine, infatti la risoluzione di una tendinopatia non è mai semplice: dipende dalle condizioni iniziali dell’atleta e se ha un alto o un basso grado di irritabilità.

Va inoltre considerato che la prognosi si allungherà in base agli obiettivi del nostro paziente, che andranno da semplici attività di vita quotidiana ad elevate prestazioni sportive; dunque maggiori saranno l’impotenza funzionale iniziale e la richiesta sportiva, maggiore sarà il decorso e l’evoluzione del processo di guarigione. In linea di massima è ragionevole affermare che la durata della fisioterapia sia tra i 20 e i 90 giorni, ma casi più particolari possono richiedere mesi di riabilitazione e monitoraggio.