Dolore Pelvico Cronico

Vediamo insieme una panoramica sul dolore pelvico cronico.

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Il dolore pelvico cronico (CPP) è definito come il dolore cronico o persistente percepito in strutture correlate al bacino di entrambi i sessi.

Spesso è associato a sintomi indicativi di disfunzioni delle vie urinarie inferiori, sessuali, intestinali, del pavimento pelvico o ginecologiche, comportando conseguenze negative anche sul piano cognitivo, comportamentale, sessuale ed emotivo.

Sebbene arbitrario, è stato scelto un periodo di sei mesi per definire il dolore come cronico o persistente, poiché 3 mesi sono considerati come non sufficienti in caso di presenza di dolore ciclico. Nel caso invece in cui i meccanismi di dolore non acuto e di sensibilizzazione centrale dovessero essere ben documentati, allora il dolore può essere considerato come cronico, indipendentemente dal periodo di tempo. [1]

La discussione concernente la classificazione del dolore pelvico cronico è attualmente ancora in corso, ma L’ EAU (European Association of Urology)[2] si è ispirata alla classificazione IASP[3] (International Association for the Study of Pain) per la classificare le varie sindromi del dolore pelvico cronico. Di base, l’approccio EAU suddivide il dolore pelvico cronico in condizioni che corrispondono a sindromi dolorose e quelle che invece non lo sono perché derivanti da patologia ben nota come per esempio infezioni, infiammazioni, neuropatia; quest’ultime sono assenti nelle sindromi dolorose in cui appunto il dolore stesso rappresenta il meccanismo patologico. [1]

Come per altre sindromi dolorose non pelviche, anche in questo caso la sindrome dolorosa è definita tramite un processo di esclusione che appunto esclude in primis la presenza di infiammazione ed infezione. Ricordiamoci inoltre che, sebbene una diagnosi o un nome possano dare ai pazienti una maggior sensazione di comprensione o una speranza di conforto, dall’altra la diagnosi può anche portare ad accedere a maggiori informazioni di qualità variabile ed alla conseguente possibilità di generare nuove preoccupazioni sulle conseguenze a lungo termine o sull’adeguatezza al trattamento. [1]

Classificazione del dolore pelvico

La sindrome del dolore pelvico cronico è una sottodivisione del dolore pelvico cronico e consiste nell’insorgenza di CPP senza infezioni accertate o altre patologie locali che giustifichino il dolore.

La percezione del dolore può essere focalizzata all’interno di un singolo organo, di più di un organo pelvico e persino associate a sintomi sistemici come nel caso della sindrome da stanchezza cronica, fibromialgia o sindrome di Sjogren.

Quando il dolore è localizzato in un singolo organo, alcuni specialisti potrebbero voler considerare l’uso del termine riferito all’organo finale come nel caso della sindrome da dolore alla vescica (BPS), ma l’uso della terminologia “sindrome” indica che, sebbene possano esistere meccanismi periferici, la neuromodulazione del SNC potrebbe essere più importante e potrebbero verificarsi associazioni sistemiche.

È noto che l’organo finale in cui il dolore è percepito potrebbe non essere il centro della generazione del dolore ma è ancora in atto una discussione sul fatto che sia inappropriato mantenere il nome dell’organo finale nella classificazione perché in molti casi ci sono cause ed effetti multi-sistemici, con il risultato che i sintomi vengono percepiti in distretti diversi. [1]

Nella classificazione EAU delle sindromi del dolore pelvico cronico in ambito ginecologico e quindi femminile, si parla di: [1]

  • sindromi ginecologiche dei genitali esterni:
    • dolore vulvare, vestibolare e clitorideo
  • sindromi ginecologiche dolorose pelviche croniche:
    • dolore associato ad endometriosi
    • CPPS (Chronic Pelvic Pain Syndrome) con esacerbazioni cicliche
    • dismenorrea

Crediamo inoltre che sia giusto citare l’ esistenza di condizioni legate al dolore pelvico gastrointestinale e quelle muscolo-scheletriche.

In questo caso abbiamo deciso di analizzare quelle più legate alla sfera ginecologica.

Sindrome del dolore vulvare [1]

È l’insorgenza del dolore alla vulva, persistente o periodico. Non c’è alcuna infezione accertata o altra evidente patologia locale che lo giustifichi.

Sebbene il dolore percepito nella vulva è stato incluso tra i disturbi sessuali nel manuale DSM-IV-R per la classificazione dei disturbi psichiatrici, non esiste alcuna base scientifica per questa classificazione; il dolore percepito nella vulva è inteso soprattutto come un problema di dolore che, di solito, ha conseguenze psicologiche, ma non ci sono prove che avvalorino la sua classificazione come disturbo psichiatrico. La società internazionale per lo studio delle malattie vulvo-vaginali (ISSVD) ha usato il termine vulvodinia, laddove le linee guida EAU usano il termine “dolore vulvare”.

La sindrome del dolore vulvare può essere generalizzata o localizzata:

  • generalizzato se il dolore/bruciore non può essere localizzato in modo coerente e preciso e si presenta come diffuso e colpisce tutte le pareti della vulva. Può essere coinvolto il vestibolo vulvare, ma il disagio non è limitato al vestibolo.
  • localizzato: se il dolore può essere localizzato coerentemente e precisamente mediante mappatura punto-pressione su una o più porzioni della vulva.

Clinicamente, il dolore di solito si manifesta in seguito a induzione (tocco, pressione o attrito).

La sindrome del dolore vulvare localizzato può essere suddivisa in sindrome del dolore vestibolare e sindrome del dolore clitorideo.

Sindrome del dolore associato ad endometriosi

È il dolore cronico e/o ricorrente nei pazienti con endometriosi confermata per via laparoscopica; il termine è usato quando i sintomi persistono nonostante un trattamento adeguato dell’endometriosi.

Ricordiamoci che comunque l’endometriosi può essere una scoperta casuale, quindi non sempre dolorosa, ed il grado di malattia osservato per via laparoscopica non correla con la gravità dei sintomi. Come per altri pazienti, questi hanno spesso più di un organo finale coinvolto.

Sindrome del dolore pelvico cronico con riacutizzazioni cicliche

È un termine che copre il dolore d’organo non-ginecologico che mostra frequentemente esacerbazioni cicliche (es. IBS o BPS) e dolore simile a quello associato a endometriosi/adenomiosi ma dove non vi è alcuna patologia identificata.

Dismenorrea

Dolore percepito con le mestruazioni e che non viene associato ad una patologia ben definita. La dismenorrea deve essere considerata come una sindrome da dolore cronico se è persistente e associata a conseguenze cognitive negativa, comportamentali, sessuali o emotive.

Valutazione

La diagnosi del CPPS è pressoché clinica e nella valutazione è fondamentale la storia della paziente; le sindromi dolorose pelviche rappresentano diagnosi sintomatiche che, come già detto,  derivano da una storia di dolore percepito nella regione del bacino in assenza di altre patologie, per un minimo di tre negli ultimi 6 mesi. Ciò implica che debba essere escluso il dolore pelvico specifico associato ad infezioni batteriche, cancro, patologie indotte da farmaci, patologie anatomiche o funzionali degli organi pelvici (es. endometriosi) e malattia neurogena.

Più del 55% delle donne affette da CPP/CPPS non presentano particolari evidenze patologiche nemmeno alla valutazione laparoscopica. [4]

Tuttavia, l’oggettivazione del dolore è spesso un compito arduo, essendo il dolore un’esperienza soggettiva e ogni paziente ne soffre e lo descrive in modo diverso a seconda dell’età, del sesso, dell’educazione rispetto al dolore ed alla sua natura. [4]

Pertanto, punti chiave nella valutazione sono: intervista anamnestica, esame clinico, misurazione dell’intensità del dolore e le sue caratteristiche, valutazione delle caratteristiche psicologiche e rivalutazione costante del protocollo terapeutico scelto. [1]

  • Aspetti psicologici di ansia/depressione, spesso correlati al peggioramento della qualità di vita causate dal dolore cronico (lavoro, studio, vita sociale e sessuale, ecc.); le linee guida europee sul dolore cronico consigliano l’uso di questionari, come ad esempio “The Brief Pain Inventory” che indaga l’interferenza del dolore con vari aspetti della vita.
  • Aspetti urologici, spesso associati al dolore pelvico: le disfunzioni del tratto urinario inferiore possono esacerbare i sintomi, così come il dolore può essere causa di interferenze con le funzioni urinarie; viene indagata la minzione in tutti i suoi aspetti ed eventuali correlazioni con l’esperienza dolorosa.
  • Aspetti ginecologici: natura, frequenza, sito del dolore, la sua relazione con fattori scatenanti e ciclo mestruale possono aiutare ad identificarne l’eziologia. Durante la valutazione viene ricostruita la storia mestruale e sessuale della paziente, incluse eventuali malattie sessualmente trasmesse, perdite vaginali, traumi genitali (anche parti); utile uno screening aggiornato del cancro cervicale (PAP test).
  • Aspetti gastrointestinali: vengono indagati aspetti legati allo svuotamento intestinale ed alla defecazione; i pazienti con dolore in sede anale potrebbero riportare sforzo durante la defecazione, digitazioni anali, dissinergie muscolari in fase di svuotamento e sensazione di blocco anale.
  • Aspetti nervosi periferici: importante la descrizione che la persona fa del dolore e della sua distribuzione, per andare ad identificare fenomeni di sensibilizzazione. Il dolore pelvico viene generalmente riferito nella area perineale dall’ano fino alla clitoride; tuttavia, potrebbe esserci una distribuzione del dolore meno specifica, causata da fenomeni di sensibilizzazione centrale del SNC. Di solito, il dolore si presenta come “urente”, ma può essere descritto anche come “lancinante” ed “elettrico”, descrivendo così un dolore costante ma spesso associato ad episodi acuti. Molti pazienti possono avere la sensazione di gonfiore o corpo estraneo nel retto o nel perineo.

I fattori scatenanti il dolore includono qualsiasi tipo di pressione applicata nella zona dolente, in quanto si causa una trazione diretta o indiretta sul nervo pudendo (responsabile dell’innervazione del perineo) e può essere esacerbato anche dallo svuotamento di intestino e vescica.

I fenomeni di sensibilizzazione periferica e centrale, inoltre, possono portare ai seguenti sintomi: parestesie (sensazione di aghi e spilli) in zona perineale, disestesie, allodinia (dolore al tocco leggero) ed iperalgesia (aumento della percezione del dolore a stimoli dolorosi, anche di caldo e freddo).

La disfunzione sensoriale può provocare irritazioni genitali allo sfregamento con gli indumenti, mancanza di sensibilità e fenomeni dolorosi conseguenti al riempimento vescicale o intestinale con perdita del controllo motorio (frequenza e incontinenza), disturbi sessuali con disfunzioni dell’eccitamento e dell’orgasmo. [1]

Conclusa la parte anamnestica, si passa all’esame clinico che serve spesso a smentire o a confermare le impressioni iniziali ottenute da una buona raccolta della storia clinica. Non esiste un protocollo diagnostico specifico per CPP/CPPS, quindi le procedure sono da un lato orientate verso l’identificazione e l’esclusione di patologie pelviche specifiche associate al dolore pelvico; si procede ad un esame addominale e pelvico [1]

  • L’iperattività dei muscoli del pavimento pelvico con diffusa rigidità sono segni ricorrenti nei pazienti affetti da dolore pelvico cronico, con la presenza diffusa di Tender Points esterni ed interni [4]. Verranno valutati manualmente quindi dall’operatore muscoli interni, come otturatore interno ed elevatore dell’ano ed esterni, come piriforme, adduttori, muscoli retti dell’addome e paraspinali. Durante l’esame, si registrano parametri muscolari di trofismo, forza e resistenza muscolare e la presenza di zone dolorose alla palpazione manuale. (Secondo il protocollo descritto dal ICS, International Continence Society) [1]
  • Valutazione obiettiva neurologica con particolare attenzione a segni riferibili a sensibilizzazione centrale [1] (es. lo Swab test che, utilizzando un cotton fiock passato sui genitali esterni, valuta la presenza di allodinia)
  • Valutazione del dolore: scala VAS, NRS, questionari

Possono rientrare nella valutazione del dolore pelvico esami specifici che però sono di competenza dello specialista medico e vanno effettuati a seconda del quadro clinico specifico e dai sintomi prevalenti riportati, sempre allo scopo di escludere cause specifiche del dolore riferito.

Trattamento

Le linee guida EAU del 2018 per il dolore pelvico cronico raccomandano un trattamento basato sul modello biopsicosociale, un approccio olistico con coinvolgimento attivo dei pazienti, in quanto gli interventi singoli raramente funzionano in isolamento. È importante considerare che la strategia di gestione potrebbe avere elementi di autogestione.

Gli approcci terapeutici consigliati comprendono: psicologia, fisioterapia, farmaci e, infine, trattamenti più invasivi, secondo un principio di gestione prudente.

  • Formazione sul dolore: l’educazione sulle cause del dolore è sempre utile; la conoscenza migliora l’aderenza al trattamento e sostiene l’autogestione
  • Fisioterapia: l’obiettivo della fisioterapia saranno i muscoli specifici del pavimento pelvico ma, in generale, andrà trattato il dolore mio-fasciale, se presente; il trattamento del pavimento pelvico è infatti solo una parte della gestione del dolore, che comprende anche un lavoro su postura e movimento in combinazione con terapia cognitivo comportamentale (CBT). Il trattamento dell’iperattività del pavimento pelvico comprende il controllo di attivazione-rilassamento attraverso presa di coscienza ed esercizio terapeutico, stretching del muscolo per il recupero della sua lunghezza e trattamento dei Trigger Points mio-fasciali.
  • Consulenza in ambito sessuale, qualora ci siano disfunzioni in questa sfera: strategie comportamentali specifiche per le donne che hanno disturbi urogenitali o disfunzioni sessuali includono l’esplorazione di alternative ai rapporti sessuali penetrativi, coito in diverse posizioni e variazione delle stimolazioni. Utile lo svuotamento della vescica prematuro e post coitale, l’uso di dilatatori vaginali e di sex toys; l’uso di lubrificanti ipoallergenici non irritanti è inoltre consigliato per ridurre l’attrito vulvare, uretrale e vaginale.
  • Terapia psicologica: gli interventi psicologici possono essere diretti al dolore stesso o all’adattamento al dolore, secondo i principi generali e pratici nel campo del dolore cronico. È raccomandato affrontare la questione psicologica fin dall’inizio, con il risultato positivo di ridurre il suo impatto sulla qualità della vita.
  • Farmaci: di competenza medica, le evidenze sono riguardanti forme di CPP specifiche. Nella sindrome del dolore pelvico cronico, ci sono pochi studi che indagano l’aspetto farmacologico, ma in generale l’obiettivo della terapia farmacologica è quello di garantire un miglioramento della qualità di vita dei pazienti.

Gestione chirurgica e neuromodulazione sono possibilità terapeutiche specifiche di scelta medica specialistica.