Claudicatio neurogena
Ecco una guida per il fisioterapista sulla valutazione e gestione della Claudicatio neurogena.

Il termine claudicatio neurogena (da claudicare, zoppicare) indica una difficoltà della deambulazione a eziologica neurologica, anche detta claudicatio intermittens in quanto non si tratta di una zoppia vera e propria dovuta a una malformazione o a un trauma degli arti inferiori, ma è legata a dolore, debolezza o intorpidimento alle gambe che insorge durante la deambulazione e si risolve con il riposo.
Più precisamente, la claudicatio neurogena è caratterizzata da una sintomatologia che può essere bilaterale o unilaterale e che può comprendere dolore, sensazione di crampi, parestesia, intorpidimento, debolezza o disturbi dell’equilibrio a livello di tutto o parte dell’arto inferiore1.
Questi sintomi impattano significativamente sulla capacità di camminare, il limita la capacità delle persone affette di partecipare a diverse attività sociali.
Cause claudicatio neurogena
La presenza di claudicatio neurogena viene tipicamente descritta nei quadri di stenosi spinale, con o senza mal di schiena, per cui si comprende come mai sia a volte indicata anche come claudicatio spinalis neurogena. La causa è naturalmente da ricondurre alla compressione delle radici nervose che innervano gli arti inferiori in un quadro di restringimento del volume del canale spinale, che può essere dovuto a degenerazione o ernie discali, ad artrosi delle articolazioni zigoapofisarie con formazione di osteofiti e ipertrofia del legamento giallo, a spondilolistesi, oltre che a rari casi di stenosi congenita2.
Un altro meccanismo che può essere rilevante, oltre alla compressione meccanica diretta sulle radici nervose, è l’ischemia locale del tessuto nervoso dovuta a congestione del flusso sanguigno3, come avviene peraltro anche nella sindrome radicolare.
Claudicatio vascolare e neurogena: quali differenze?
In caso di disturbi e difficoltà nel cammino, con necessità di fermarsi a causa di dolore e debolezza degli arti inferiori, si pone spesso il problema di differenziare tra una claudicatio neurogena da stenosi e una claudicatio di origine vascolare.
Persone con fattori di rischio cardiovascolari, come età maggiore di 65 anni, fumo, diabete, ipercolesterolemia o storia familiare positiva potrebbero avere in partenza una probabilità più alta di esibire sintomi vascolari, tuttavia solo in una percentuale tra il 10 e il 30% dei pazienti con vasculopatie periferiche si osservano i tipici sintomi di claudicatio intermittente4.
La caratteristica principale della claudicatio neurogena spinale, invece, è la relazione con la postura5, per cui il dolore è esacerbato dall’estensione, che restringe lo spazio a disposizione all’interno del canale spinale. Di conseguenza, i sintomi tendono a insorgere più lentamente se il soggetto cammina in salita o appoggiandosi a un ausilio, e la deambulazione a tronco flesso può spesso mostrarsi come comportamento adattativo. Allo stesso modo il dolore agli arti inferiori, una volta insorto, può impiegare diversi minuti per calmarsi, ma solitamente il recupero è più rapido se il soggetto si riposa da seduto e/o con il tronco flesso anteriormente.
Una claudicatio di tipo vascolare, per contro non presenta nessuna di queste caratteristiche: è indipendente dalla postura lombare, non migliora camminando in salita e il dolore tende a diminuire più rapidamente una volta interrotta l’attività, anche senza bisogno di sedersi6. La causa sottostante è qui una patologia vascolare periferica che andrebbe indagata più approfonditamente.
La distribuzione e la qualità dei disturbi può evidenziare ulteriori differenze tra claudicatio intermittens neurogena e vascolare. Ad esempio nel primo caso possono essere presenti fastidi e disturbi sensitivi (parestesie) caratteristici del dolore neuropatico potenzialmente in tutto il territorio innervato dalle radici coinvolte, mentre tipicamente nel secondo caso la sensazione di dolore, crampi o pesantezza si percepiscono distali al ginocchio.
In ultimo, saggiando la temperatura della pelle e osservando lo stato della cute degli annessi cutanei come peli e unghie è possibile notare se ci siano aree dove l’afflusso di sangue sembra essere minore, il che farebbe propendere maggiormente per un’origine vascolare dei sintomi7. Anche la palpazione dei polsi periferici dell’arto inferiore (femorale, popliteo, tibiale posteriore e dorsale del piede) è utile ad escludere un’occlusione vascolare8.
La combinazione dei vari segni e sintomi con la storia del paziente può aumentare decisamente l’affidabilità dell’esame obiettivo nel discriminare l’origine neurogena o vascolare dei sintomi.
Claudicatio neurogena | Claudicatio vascolare |
Influenzata dalla postura lombare. | Non influenzata dalla postura lombare. |
Camminare in salita è meglio che in discesa. | Camminare in salita non varia i sintomi. |
Cessando l’attività il dolore diminuisce lentamente. | Cessando l’attività il dolore diminuisce rapidamente. |
Posizione di riposo con tronco flesso. | Il dolore diminuisce anche stando fermi in piedi. |
Dolore che può coinvolgere tutto l’arto inferiore. | Dolore prevalentemente distale al ginocchio. |
Polso periferico normale agli arti inferiori. | Possibili anomalie dei polsi periferici. |
Altre valutazioni
Una volta esclusa l’origine vascolare dei sintomi, è possibile valutare più accuratamente la mobilità e la dolorabilità della colonna lombare e delle strutture adiacenti, come le anche e le articolazioni sacroiliache, che potrebbero comunque contribuire al quadro clinico3.
Essendo coinvolto il tessuto neurale, è logico anche procedere con un esame neurologico, che includa una valutazione della sensibilità superficiale e profonda, la quale comunque potrebbe essere alterata non solo nel caso della stenosi lombare ma anche in un quadro di neuropatia periferica3.
Anche una diminuzione di forza potrebbe essere presente, così come una riduzione o addirittura l’assenza dei riflessi achilleo e patellare, mentre un’iperreflessia sarebbe indicativa di un danno del motoneurone superiore e potrebbe essere dovuta ad esempio da una concomitante stenosi del canale midollare a livello cervicale3.
I test del tessuto neurale come lo slump test, lo straight leg raise o il test di tensione per il nervo femorale, possono essere un’utile aggiunta all’esame neurologico, perché vanno a provocare alcune strutture nervose in maniera più mirata.
Per valutare il comportamento dei sintomi della claudicatio legata a stenosi spinale in maniera più standardizzata, sono stati descritti in letteratura alcuni test specifici, tra cui:
- Test di estensione lombare in carico. Viene richiesto al paziente di mantenere, in stazione eretta, una moderata estensione lombare il più a lungo possibile e di descrivere la comparsa o il peggioramento dei sintomi, dopodiché è anche possibile ripetere l’esame neurologico9.
- Two-Stage treadmill Test. Il paziente viene fatto prima camminare per 10 minuti (o per quanto possibile) su un tapis roulant con pendenza nulla, poi, dopo 10 minuti di riposo, per altri 10 minuti a pendenza 15°. Vengono annotati il tempo totale di cammino e il momento di insorgenza dei sintomi10. Lo stesso tipo di test può essere adattato a seconda delle caratteristiche del paziente e dell’attrezzatura a disposizione, usando una cyclette e regolandola in modo tale da poter pedalare prima con il tronco eretto e poi a tronco flesso.
Trattamento Claudicatio Neurogena
Il trattamento della claudicatio neurogena o vascolare dipende ovviamente dalla patologia sottostante.
Nel caso in cui il quadro clinico faccia propendere per un’origine vascolare della zoppia, quindi una probabile vasculopatia periferica, è buona norma che il paziente sia inviato al medico specialista di riferimento per gli accertamenti del caso. L’effetto di una terapia medica è ovviamente massimizzato da modifiche alle stile di vita come la cessazione del fumo di sigaretta, l’attenzione alla dieta e alla riduzione del peso e ovviamente l’esercizio fisico4. Dal punto di vista della prevenzione sul lungo termine, è utile ricordare come l’inattività fisica sia uno dei principali fattori di rischio modificabili per le malattie cardiovascolari, inoltre le linee guida American Heart Association/American College od Cardiology raccomandano l’esercizio supervisionato o, in alternativa, un programma di esercizio domiciliare incentrati sul miglioramento del parametri del cammino come trattamento iniziale insieme alla terapia farmacologica11, 3 volte a settimana per un periodo dai 3 ai 6 mesi prima di considerare di intervenire chirurgicamente4.
Anche nel caso in cui invece la claudicatio sia di probabile origine spinale, il miglioramento della qualità del cammino si potrà ottenere trattando la stenosi del canale midollare, in maniera chirurgica o conservativa. In questo scenario, la fisioterapia permette di ottenere buoni risultati nella riduzione del dolore e nel miglioramento della funzione e dell’autonomia1. Combinando educazione sugli stili di vita, esercizio attivo, e terapia manuale è possibile infatti ottenere una riduzione dei sintomi e un aumento delle distanze percorribili a piedi. Sebbene non ci sia al momento una tipologia o una posologia ottimale di trattamento fisioterapico raccomandato, appare chiaro che il recuperare o mantenere il più possibile la capacità di camminare è essenziale nella vita di tutti i giorni ed è stato identificato come uno dei principali obiettivi del trattamento della claudicatio spinale12.
Il trattamento fisioterapico può essere affiancato ad un eventuale terapia farmacologica e a controlli regolari che permettano di valutare la progressione della patologia. Gli interventi farmacologici, oltre all’uso di FANS, paracetamolo e deboli oppioidi, possono includere le iniezioni epidurali di anestetici locali o corticosteroidi, mentre gli interventi chirurgici consistono solitamente in una laminectomia con o senza fusione di più vertebre oppure in una decompressione con inserimento di uno spaziatore interspinoso.
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