Pelvic Girdle Pain (PGP)

Ecco una guida per il fisioterapista su valutazione e trattamento del Pelvic Girdle Pain.

cover pelvic girdle pain

Il Pelvic Girdle Pain (PGP) è definito come un’esperienza dolorosa localizzata tra la cresta iliaca e la plica glutea, in particolare in prossimitĂ  dell’articolazione sacroiliaca. Può essere considerato come una specifica forma di Low Back Pain (LBP) , che può presentarsi isolato o in concomitanza ad esso. Viene avvertito prevalentemente in vicinanza delle articolazioni sacro-iliache, ma può presentarsi in tutta la zona compresa tra le creste iliache e le pliche glutee e può irradiare posteriormente sulla coscia o anteriormente a livello della sinfisi pubica.

In letteratura viene nominato per la prima volta nel 2004, ma non c’è ancora purtroppo una totale uniformità sull’utilizzo del termine: alle volte vengono utilizzati i termini Lumbopelvic Pain (LPP), per indicare un dolore che coinvolge in modo generale regione lombare e/o cingolo pelvico, senza distinzione tra LBP e PGP, o Combined Pain (CP), per un quadro clinico di PGP associato a LBP[1].

Anche a causa di questa ambiguità, i dati epidemiologici non sono chiari, anche se alcuni studi affermano che fino al 13% di chi soffre di dolore lombo-pelvico in realtà abbia dolore sacro-iliaco. Esistono però sottogruppi di persone in cui è sicuramente più probabile trovare questa patologia, tra cui spiccano le donne in gravidanza o post-parto: il PGP è infatti la problematica più comune in gravidanza, con una prevalenza che varia dal 30% al 65% (a seconda degli studi)[2].

Nonostante l’incidenza elevata, purtroppo spesso chi ne soffre non riceve valutazioni e conseguenti trattamenti adeguati. I motivi principali possono essere la difficoltà nel differenziare da una problematica di Low Back Pain e la complessità del distretto interessato, spesso sede di problematiche non muscolo-scheletriche. Per questo è importante che i clinici sappiano riconoscere fattori di rischio, dati anamnestici, segni e sintomi caratteristici del PGP e ne conoscano i principi di trattamento, così da poter aiutare al meglio i pazienti che ne sono affetti.


Tipologia di paziente

Nonostante il PGP abbia una causa multifattoriale, esistono alcune categorie di pazienti in cui la possibilità di incorrere in questa problematica è significativamente più elevata: donne in gravidanza o post-parto, pazienti che hanno avuto un trauma a livello pelvico (specialmente se diretto sul sacro) e persone con osteoartriti o spondilo-artropatie (ad esempio: la spondilite anchilosante). I pazienti che non presentano nessuna di queste caratteristiche hanno una probabilità estremamente bassa di avere PGP. Nelle donne in gravidanza, di solito l’esordio dei sintomi avviene tra la 12-24° settimana di gestazione, con un picco di intensità tra la 24-36^. Post-parto, invece, il dolore solitamente insorge entro 3-4 settimane, anche se alcuni studi parlano di 6-8 settimane o di un anno in caso di complicanze durante il parto o intervento chirurgico.

Alcuni studi evidenziano poi altri fattori di rischio, come: precedente episodio di Low Back Pain o PGP, lavoro pesante, BMI elevato, precoce etĂ  del menarca, fumo e depressione. Tuttavia, non sono stati effettuati studi sui pazienti con PGP non legato alla gravidanza[1, 3].


Patofisiologia

L’eziologia del Pelvic Girdle Pain non è del tutto chiara. Data l’alta incidenza in gravidanza, in passato aveva preso piede un’ipotesi ormonale: si credeva che ci fosse una relazione tra aumento degli ormoni in gravidanza (soprattutto relaxina) e l’insorgenza della patologia. In realtà, le due cose non hanno però mostrato alcuna evidenza d’associazione, per quanto gli ormoni delle gonadi sembrano poter influenzare direttamente la sensibilità dolorifica in gravidanza (sia incrementandola che riducendola)[1, 3].

Il PGP rimane quindi una patologia ad origine multifattoriale. Similmente al mal di schiena, deve essere inquadrato da un punto di vista biopsicosociale, considerando i vari aspetti che possono contribuire all’insorgenza e alla permanenza del dolore, da quelli neurobiologici (come la sensibilizzazione tissutale a livello locale, regionale o centrale) a quelli psico-sociali (ad esempio: le credenze del paziente o la comorbidità di problematiche psicologiche, come la depressione). Inoltre, questi aspetti possono essere influenzati dalla presenza di comorbidità non muscoloscheletriche (incontinenza urinaria, disturbi sessuali, dolori viscerali, dolori pelvici, dolori mestruali, emicrania), spesso presenti nelle donne in gravidanza o post-parto o in chi soffre di PGP e che per tale motivo vanno sempre indagate e considerate[4].


Diagnosi differenziale

  • Low Back Pain (LBP) muscoloscheletrico
  • Patologie reumatiche
  • Pelvic Floor Dysfunction
  • Fratture da stress
  • Dolore coccigeo
  • Sindromi da entrapment nervoso (ileoipogastrico, ileoinguinale, pudengo, genitofemorale, otturatore, femorocutaneo posteriore)
  • Herpes Zoster
  • Dolore pelvico viscerale
    • Ginecologico (aderenze, disturbi di infiammazione pelvica cronica)
    • Gastrointestinale (costipazione, dolore intestinale da infiammazione, sindrome colon irritabile, ernia addominale)
    • Urologico (cistite interstiziale, infezione delle vie urinarie, nefrolitiasi, problemi prostatici)

Elementi anamnestici

  • Dolore tra la cresta iliaca e la plica glutea, in particolare vicino all’articolazione sacroiliaca
  • Possibile dolore dietro la coscia (non sotto al ginocchio) e/o anteriormente al pube
  • Almeno una condizione tra:
    • Stato di gravidanza o gravidanza recente (fino a 6-8 settimane dal parto)
    • Trauma diretto al sacro
    • Osteoartrite o spondiloartropatia
  • Dolore alla deambulazione
  • Minor endurance al cammino
  • Dolore alla stazione eretta
  • Dolore in posizione seduta prolungata (solitamente ha un timing preciso, entro i 30 minuti)
  • Dolore e difficoltĂ  a girarsi nel letto e nei passaggi posturali.

Esame obiettivo e valutazione

  • Test rachide lombare, per differenziare LBP, PGP o CP
    • Movimenti attivi e ripetuti
    • Test provocativi
      • Springing test regionale/segmentale
      • Test di compressione
      • Test in trazione
  • Test in carico:
    • Dolore e difficoltĂ  nei test in carico monopodalico
    • Eccessiva inclinazione laterale in carico monopodalico
    • Dolore o difficoltĂ  nel cammino nei movimenti di tronco e gambe
  • Valutazione muscolare: forza, endurance, tono a riposo e lunghezza muscolare di addominali, muscolatura dell’anca, muscolatura lombare e pelvica
  • Nelle donne in gravidanza:
    • P4 Test
    • Faber Test
    • Test di Trendelemburg modificato
    • Palpazione alla sinfisi pubica
  • Nelle donne post-parto:
    • P4 Test
    • LDL Test
    • ASRL Test
    • Faber Test (non incluso nei primi studi di valutazione del PGP post-partum, ha in realtĂ  mostrato un elevato grado di evidenze)
  • Nei soggetti con PGP non legato alla gravidanza: batteria di Laslett (almeno 3 test positivi per dolore, di cui almeno uno tra Thight Thrust Test e Distraction Test)[5]:
    • Thight Thrust Test
    • Distraction Test
    • Compression Test
    • Sacral Thrust
    • Gaenslen Test

In caso di pazienti con PGP non è necessario effettuare esami strumentali, oltre a non essere etico in caso di donna in gravidanza. Solo in un caso può essere consigliato l’imaging: quando si sospetta una problematica infiammatoria a livello sacro-iliaco. In questa situazione, una RMN può risultare utile, in quanto permette di evidenziare il possibile edema infiammatorio.


Trattamento

Indipendentemente dalla tipologia di paziente con PGP (pregnancy; post-partum; not-pregnancy related), l’approccio deve sempre essere multimodale e, nei casi che lo richiedono, multidisciplinare.

Gli obiettivi del trattamento devono essere:

  • Riduzione del dolore;
  • Riduzione della disabilitĂ  (o miglioramento della funzionalitĂ ) nelle attivitĂ  della vita quotidiana (passaggi posturali, mantenimento della posizione seduta o della stazione eretta, cammino);
  • Coinvolgimento attivo del paziente in un programma di esercizi;
  • Miglioramento di forza ed endurance, soprattutto in carico e nella deambulazione;
  • Miglioramento dei fattori o delle problematiche psico-sociali che possono portare a un peggioramento della prognosi e alla cronicizzazione del problema (come la depressione);
  • Miglioramento delle possibili comorbiditĂ  associate, come le disfunzioni del pavimento pelvico;

Le strategie per ottenere questi risultati possono variare in base alla tipologia di paziente. In chiunque soffra di PGP, le strategie di intervento devono prevedere:

  • Educazione ed informazione sulla patologia e sulla sua gestione e prognosi (Pain Neuroscience Education, Motivational Interviewing, educazione alle strategie per l’autogestione a casa delle attivitĂ  quotidiane e lavorative);
  • Programma di esercizi graduali, mirati al recupero dei principali impairment del paziente:
    • esercizi di stabilizzazione e controllo del distretto lombopelvico;
    • esercizi di forza ed endurance dei muscoli flessori ed estensori di tronco ed estensori d’anca;
    • esercizi funzionali per il coinvolgimento simultaneo di rachide lombare, distretto pelvico, arti inferiori e resto del corpo;
    • esercizi per il reclutamento e rinforzo della muscolatura del pavimento pelvico;
  • Tecniche di terapia manuale (la terapia manuale non ha mostrato risultati a lungo termine, ma può essere efficace nella riduzione del dolore a breve termine. In ogni caso, non deve essere utilizzata come unico trattamento):
    • Mobilizzazioni vertebrali;
    • Mobilizzazioni articolari, soprattutto alla coxofemorale;
    • Tecniche oscillatorie e vibratorie a livello sacrale per il raggiungimento di una desensibilizzazione periferica;
    • Manovre di modifica del sintomo abbinate ad esercizi eseguiti nelle direzioni di movimento provocative;
  • Training progressivo del cammino, per la riduzione della disabilitĂ  e il recupero di endurance e stabilitĂ  del passo

Nelle donne in gravidanza o post-parto è inoltre consigliato l’utilizzo della cintura pelvica. La paziente deve essere educata ad utilizzarla solo per brevi periodi durante la giornata, con l’obiettivo di ridurre la disabilità durate le azioni quotidiane[1, 3].

Nei pazienti con forti influenze psico-sociali, è invece consigliato un intervento multimodale psicologico, con l’utilizzo della terapia cognitivo-comportamentale[4].

Per i pazienti con PGP Not-Pregnancy Related, le evidenze di trattamento sono ancora limitate. Con questi pazienti risulta molto importante individuare il meccanismo prevalente di elaborazione del dolore così da sapere come impostare il programma di esercizi con graded activity: in caso di meccanismo nocicettivo bisogna impostare il lavoro sul sintomo (strategia pain-contingent per gli esercizi) e sfruttare strategie Bottom-Up (tecniche sui tessuti molli, manipolazioni, controllo del respiro ecc..). In caso di meccanismo non-nocicettivo, bisogna lavorare in funzione dell’attività da recuperare e non del sintomo, con esercizi con strategia time-contingent e strategie di tipo Top-Down.


Prognosi

Il PGP è considerata una patologia a decorso benigno nelle donne in gravidanza o con esordio post-parto: a tre mesi dal parto, solo il 7% di loro presenta ancora sintomi. Tuttavia, permane questa piccola percentuale di donne in cui il dolore cronicizza e risulta presente ancora a 2 anni dal parto.

In generale, il decorso dipende molto dal dolore iniziale e dal livello di disabilitĂ . Le donne con elevato dolore e disabilitĂ  iniziali, tendono ad avere miglioramenti molto piĂą netti e rapidi rispetto a quelle con intensitĂ  del dolore bassa e poca disabilitĂ , che invece hanno miglioramenti minimi. Anche le tempistiche di intervento risultano importanti: quelle che hanno iniziato i trattamenti a piĂą di tre mesi dal parto hanno avuto miglioramenti minimi rispetto alle donne che hanno avuto trattamenti precoci. Tuttavia, indipendentemente dall’intervento riabilitativo, gli individui con PGP possono continuare a soffrire di una bassa disabilitĂ  e/o dolore fino a 1 o 2 anni dopo il parto.[1, 3, 5]

Tra i fattori prognostici negativi, che possono portare alla persistenza di disabilità e dolore, troviamo un dolore di alta intensità in gravidanza o un suo esordio precoce, la presenza di un maggior numero di siti dolorosi, un’età >30 anni e un punteggio alto o moderato all’Oswestry Disability Index. Nei pazienti in cui non avvengono miglioramenti o non c’è risoluzione dei sintomi, è opportuno valutare attentamente la presenza di possibili yellow o orange flags (come coping inadeguato, credenze riguardo la patologia, stili di vita errati, chinesiofobia, ansia, depressione, ecc.), che possono aver contribuito alla cronicizzazione[1, 3, 5].

In conclusione, il Pelvic Girdle Pain è una patologia che può risultare invalidante, creando situazioni di dolore e disabilità in pazienti che spesso stanno attraversando un periodo di carico fisico, psicologico e sociale molto intenso. La condizione bio-psico-sociale delicata delle donne in gravidanza o nell’immediato post-parto e le comorbidità non muscoloscheletriche spesso presenti non rendono semplice l’approccio a questa patologia, che richiede un intervento globale, capace di cogliere tutti gli aspetti della persona, non solo il suo dolore o le sue problematiche strutturali. Rimane quindi alla bravura, alla conoscenza e alla sensibilità del clinico il compito di valutare e trattare il paziente secondo il modello bio-psico-sociale, con l’obiettivo di lavorare su impairment e disabilità specifiche, considerando con attenzione tutti i fattori prognostici negativi che possono contribuire alla cronicizzazione della patologia.