Artrosi dell’anca – Coxartrosi
Ecco una guida per il fisioterapista su valutazione e trattamento dell'artrosi d'anca.
L’artrosi dell’anca o coxartrosi è una condizione degenerativa a carico delle strutture articolari che ripartiscono l’anca comprendente la testa del femore e l’insieme costituente del bacino, l’acetabolo. L’anca, oltre le sue componenti ossee e cartilaginee, è composta da legamenti, capsula articolare, sinovia e le strutture tendinee e muscolari che ne gestiscono la mobilità. Consiste inizialmente in alterazioni regressive della cartilagine articolare e secondariamente in modificazioni delle altre strutture che compongono l’articolazione [1]. L’artrosi dell’anca è la causa più comune di dolore all’anca che si è vista verificarsi tra il 4-27% dei casi che riferiscono dolore nella medesima regione, nella maggioranza dei soggetti comincia a verificarsi dopo i 50 anni con una prevalenza negli uomini [1]. È stimato che nell’arco di un’intera vita, il 25% di persone possa riscontrare osteoartrosi all’anca [2] e che un 10% possa arrivare a un intervento di artroprotesi completa. [3]
Tipologia di paziente
I fattori di rischio per l’osteoartrosi dell’anca possono essere suddivisi in quelli articolari e quelli personali, con il fondamentale presupposto che queste due categorie sono interdipendenti. I fattori di rischio articolari possono essere considerati la base eziologica per lo sviluppo dell’artrosi d’anca, mentre i fattori di rischio personali contribuiscono allo sviluppo dell’osteoartrosi d’anca indirettamente, aumentandone la suscettibilità.
Personale
- Età: Sviluppo medio maggiore di 50 anni, i casi che si verificano prima di questa fascia d’età possono essere considerati stadi di artrosi precoce, che si può sviluppare per i fattori di rischio riportati successivamente
- Sesso: Prevalentemente maschile, si è visto essere il sesso più predisposto contrariamente alle molte altre articolazioni dove c’è una maggiore sensibilità nelle donne [1].
- Peso: Il peso è uno dei fattori più determinanti, un carico articolare elevato è associato a un forte fattore di rischio. Si è visto che un aumento di 5 unità di BMI è associato a un aumento dell’11% del rischio di artrosi d’anca. In secondo luogo, i fattori pro-infiammatori sistemici associati all’obesità agiscono anche sulle strutture articolari e possono aumentare il rischio di osteoartrosi d’anca [20].
- Genetica: I fattori genetici sono potenzialmente determinanti nell’artrosi d’anca, diversi studi hanno suggerito che i fattori genetici contribuiscono a circa il 60% del rischio di osteoartrosi d’anca [6].
- Etnia: Ci sono differenze derivate dalla costituzione dell’anca stessa, diversi studi che mettono a confronto la popolazione cinese e quella caucasica negli Stati Uniti, mettono a confronto la morfologia dell’anca tra le due popolazioni, con tassi sostanzialmente più elevati di asfericità della testa del femore e conformazione più a CAM trovate nelle donne americane rispetto a quelle cinesi [1].
- Occupazione/Sport: Sport ad alto impatto come Basket e Pallavolo sono tutte pratiche in cui è estremamente coinvolto il gesto del salto che per l’urto nell’atterraggio e nel caricamento, impiegano enormemente le anche. Mentre i lavori, come quello degli agricoltori, idraulici, sono occupazioni che portano spesso ad accovacciarsi e a mobilizzare elevati carichi [1].
Articolare
- Morfologia articolare: Il fattore più significativo che è emerso come responsabile dell’insorgenza dell’artrosi è la presenza di una morfologia anormale come: coxa vara/valga, DDH (Displasia congenita evolutiva dell’anca), FAI (Conflitto femoro acetabolare), o conformazioni a CAM/Pincer. Composizioni articolari che si ritiene portino a schemi di carico patologici che producono sforzi di taglio sull’articolazione dell’anca [15][17].
- Funzione muscolare: si è riscontrato un deficit nei flessori d’anca e nei muscoli glutei. L’importanza della muscolatura periarticolare per l’assorbimento degli urti è stata riconosciuta come una caratteristica comune a molte articolazioni. I muscoli stabilizzatori profondi dell’anca probabilmente svolgono un ruolo nell’assorbimento degli urti e nella protezione dell’articolazione da schemi di movimento aberranti [20]. Sembra altamente plausibile che la disfunzione muscolare degli stabilizzatori dell’anca profonda svolga un ruolo nella biomeccanica patologica dell’articolazione dell’anca. La debolezza muscolare associata a OA dell’anca potrebbe essere dovuta a una varietà di fattori diversi, tra cui l’inibizione del dolore, l’atrofia da disuso muscolare o la meccanica articolare aberrante [1].
- Lesione labbro acetabolare: Lesioni articolare e lesioni del labbro, sono un fattore di rischio consolidato per l’OA, l’esempio più comune è la rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio, che aumenta sostanzialmente il rischio di osteoartrite del ginocchio negli anni successivi alla lesione. Le lesioni del labbro acetabolare sono molto comuni, si stima siano presenti nel 66% delle persone con dolore all’anca e in circa il 39% della popolazione asintomatica, con l’aumentare dell’età è un importante fattore di rischio [1]. L’eziologia di tali lesioni può essere un evento traumatico acuto, un cambiamento degenerativo, spesso causato da conflitto cronico, idiopatico o occasionalmente congenito. Gli eventi traumatici acuti sono stati identificati come causa di lesioni del labbro sintomatiche in circa il 20% dei casi, spesso accompagnate da movimenti di torsione [1]. Il labbro acetabolare ha funzioni anatomiche importanti, il labbro aumenta la superficie articolare dell’acetabolo. Si ritiene che un labbro intatto fornisca un enorme stabilità all’anca [1], oltre a distribuire la pressione in modo più uniforme tra il femore e l’acetabolo, mantenendo il liquido sinoviale per la lubrificazione all’interno dello spazio articolare. Al contrario, si ritiene che le lesioni riducano la capacità del labbro di svolgere queste importanti funzioni, con conseguente riduzione della stabilità dell’articolazione dell’anca e distribuzione della pressione femoro acetabolare non ottimale.
- Conflitto femoro acetabolare: Il FAI è probabilmente una causa sottostante più prevalente per lo sviluppo dell’OA dell’anca. Nella conformazione a CAM, l’anomalia morfologica predominante è una conformazione femorale asferica ispessita, testa-collo. Quando l’articolazione dell’anca è flessa, la conformazione a CAM, si appoggia contro il labbro antero-superiore dell’anca comprimendolo e spingendolo verso l’esterno. Nel frattempo, la cartilagine acetabolare viene compressa e spinta verso l’interno dalla forza di taglio esercitata dalla struttura anomala della testa femorale. L’effetto compressivo porta alla delaminazione della cartilagine acetabolare dall’osso subcondrale[11]. Nella conformazione a PINCER, vi è un acetabolo più profondo dato da una copertura acetabolare maggiore della testa del femore. Di conseguenza il collo femorale si appoggia contro il labbro acetabolare, esercitando forze di compressione anomale che provocano dapprima un danno al labbro e infine alla cartilagine sottostante. Sebbene esistano due distinte conformazioni per il FAI, la realtà è che nella maggior parte dei casi è presente una combinazione di entrambi i tipi di conflitto [18-19].
- Displasia evolutiva: Un acetabolo poco profondo e spesso mal orientato causa una diminuzione della superficie di contatto femoro acetabolare nel DDH. Ciò si traduce nella distribuzione delle forze di taglio antero-superiormente nell’articolazione dell’anca sul bordo acetabolare. Nel tempo queste forze causano la degenerazione del labbro acetabolare antero-superiore e la degenerazione della cartilagine articolare attraverso la sua risposta allo stress da taglio descritto in precedenza [16]. Alla fine, si verifica uno squilibrio dell’intera articolazione con l’insorgenza dell’OA dell’anca; nella displasia grave questo tende a manifestarsi precocemente, ma nella displasia più lieve può verificarsi molto più tardi. Sono state sviluppate strategie chirurgiche per ripristinare i normali schemi di carico articolare, coinvolgendo l’osteotomia pelvica per riorientare l’acetabolo per ridurre i modelli di distribuzione della forza patologica, prevenendo o almeno ritardando sostanzialmente l’insorgenza dell’OA dell’anca.
Patofisiologia
Condizione quella della osteoartrosi d’anca che si instaura principalmente quando si verifica uno squilibrio tra la resistenza osteocondrale e le sollecitazioni funzionali a cui è sottoposta l’articolazione. Uno dei fattori più significativi, come abbiamo già detto, è la presenza di una morfologia alterata dell’anca. Queste malformazioni non permettono di ripartire un carico fisiologico ottimale, che è stato a lungo riconosciuto come necessario per l’omeostasi del tessuto articolare, portando a modifiche cellulari e molecolari che possono indurre la patogenesi dell’OA, inclusa una ridotta espressione di collagene di tipo II e proteoglicani nella cartilagine articolare, aumento del rilascio di mediatori pro-infiammatori e aumento dei cambiamenti cellulari apoptotici [10-11]. La coxartrosi può insorgere anche secondariamente ad alcune patologie/traumi che ne compromettono l’equilibrio come un trauma pregresso, una frattura, una lussazione, instabilità leg. rotondo, un’infezione o malformazioni congenite. In risposta alla biomeccanica articolare alterata, si verifica un rimodellamento osseo subcondrale con livelli accelerati di turnover osseo subcondrale [13-14].
Diagnosi differenziale
Vengono riportate alcune patologie che possono sviluppare sintomatologie simili a quelle artrosiche e che se sospettate durante l’esame fisico e la raccolta anamnestica, devono essere eventualmente approfondite e monitorate con cautela e, se necessario, devono essere valutate ed escluse da uno specialista.
Patologie (Richiedono attenzione immediata da parte del medico!!!):
- Necrosi avascolare della testa del femore;
- Tumore ossa;
- Artrite settica
- Aneurisma aorta;
- TVP (Trombosi venosa profonda)
- Osteoartrite;
- Epifisiolisi testa femore;
- Morbo Legg – Calvè – Perthes;
- Chron’s
- Sinovite transitoria coxo-femorale del bambino
- Sofferenza renale
- Osteomelite batterica
- Fratture
- Lussazione anca
- Ernia inguinale
- Endometriosi
- Appendicite
Altre patologie (Richiedono ulteriori domande per accertare eventuali cautele e, controindicazioni alla terapia manuale):
- Lombalgia e sacroileite;
- GTPS (Greater trochanteric pain syndrome)
- Neuropatia sciatico;
- Sindrome piriforme;
- Impigement femoro – acetabolare;
- Corpi liberi;
- Displasia congenita anca;
- Lesione labrum;
- Lesioni condrali;
- Tendinopatia psoas.
- Tendinopatia adduttori
- Trocanterite
Red Flags
Le Red Flags sono dei segni e sintomi che possono collegarsi a patologie gravi di non nostra competenza. Vengono elencati alcuni indicatori che devono assolutamente essere considerati durante l’anamnesi e l’esame fisico.
Anamnesi:
- Febbre > 37.5 specie se persistente
- Facile stancabilita’, malessere generale, pallore
- Sudorazione inspiegabile, sudorazione notturna
- Calo di appetito, sintomi legati ai pasti
- Difficolta’ e variazioni nelle abitudini urinarie
- Variazione colore urine e/o feci
- Capogiri, sbandamenti, svenimenti, variazione press sang.
- Vomito, diarrea, nausea
- Calo ponderale di almeno il 10% in almeno 6-8 mesi
- Uso di farmaci tempo (cortisone, antitumorali, antibiotici)
- Variazioni indici esame sangue (ves, pcr ematocrito)
- Dolore inspiegabile, persistente, non meccanico, notturno
Esame fisico:
- Presenza di skin rush cutaneo
- Presenza di protuberanze, noduli sul corpo
- Presenza di masse pulsanti specie addome o inguine
- Deficit neurologici anomali o seri specie se di recente comparsa
- Segno di hoffman e/o babinsky e/o clono positivi
- Edemi importanti specie se con storia inconsistente e/o coinvolgenti ampie porzioni corporee
- Segni locali di flogosi e/o edema e/o ematoma specie dopo storia di trauma recente
- Intenso dolore con piccole variazioni posturali
Elementi anamnestici
Il paziente con osteoartrosi, almeno nella fase iniziale, avrà un dolore regionale prevalentemente nocicettivo (meccanico) e correlato al carico che peggiora durante o dopo l’attività e migliora con il riposo (la sintomatologia notturna potrebbe essere presente nelle fasi più avanzate). Caratteristico di un paziente con osteoartrosi all’anca è la presenza di schemi del passo alterato, difficoltà in accovacciamento, tipica la difficoltà nell’indossare calzini e scarpe. Tra i sintomi vi sono dolorabilità diffusa, lieve gonfiore, sensazione di instabilità dell’anca e rigidità mattutina fino a 60 minuti che tende a migliorare durante la giornata, almeno in un’artrosi iniziale.
Esame obiettivo e valutazione
- Dolore (VAS o NPRS);
- Dolore inguinale e/o faccia anteriore coscia fino anche alla zona mediale del ginocchio. Con meno frequenza nella zona glutea e più raramente nella zona lombare;
- Peggioramento in attività in carico e in flessione d’anca come: squat, affondi, step;
- Limitazione di alcuni movimenti, principalmente adduzione, rotazione interna e flessione,
- Riduzione della funzionalità nelle ADL (scale infilarsi scarpe e calzini, alzarsi da una sedia;
- Rigidità mattutina e algia per un’ora circa dal risveglio;
- Possibile leggero miglioramento con il movimento;
- Possibile peggioramento alla sera, o dopo tanto cammmino;
- Crepitio;
- Miglioramento a riposo solo nelle prime fasi, nelle forme più gravi potrebbe non alleviare e presentarsi anche la sera
- Deambulazione, possibile evitamento del carico sull’arto interessato durante la camminata accorciando il passo, aumento tilt anteriore, può comparire il segno di Duchenne o Trendelemburg nel carico mono podalico;
- Algia inguinale con mobilizzazione passiva soprattutto in adduzione e rotazione interna;
- Possibile deficit di controllo motorio, presente debolezza sull’arto;
- Diminuzione di volume dei muscoli glutei.
Esame dei movimenti
- Movimenti attivi (con eventuale modifica del compenso)
- Movimenti passivi (eventualmente con sovrappressione)
- Movimenti accessori “Joint Play”
- Trendelemburg Test
- Adductor squeeze test
Test speciali
- Fadir test
- Faber test
- Fair test
- Craig’s test
- Ober’s Test
- McCarthy test
- Prone Hip instability tet
- Snapping Hip Test interno/esterno
- Test Labrum anteriore/posteriore
- Resisted external derotation test
- Ab-Heer test
- Prone hip instability test
- Single leg stance
Test controllo motorio/esame muscolare (estensibilità)
- M. Iliaco
- Grande gluteo
- Medio gluteo
- Piccolo gluteo
- Adduttori
- Rotatori interni anca
- Rotatori esterni anca
Scale funzionali
- NPSR (Dolore)
- Oxford Hip Score
L’American College of Rheumatology ha stabilito criteri comunemente usati nella pratica clinica per la diagnosi dell’osteoartrosi. Spesso è possibile diagnosticare l’osteoartrosi dell’anca sulla base della presentazione clinica [10], sebbene l’indagine radiografica possa essere utile per confermare la diagnosi e monitorare la progressione della malattia.
Criteri clinici A | Criteri clinici B | Criteri clinici più radiografici |
Dolore all’anca; e Rotazione interna dell’anca <15°; e VES ≤45 mm/h o flessione dell’anca ≤115° se la VES non è disponibile | Dolore all’anca; e Dolore con rotazione interna dell’anca; e Rigidità mattutina dell’anca ≤60 min; E Oltre i 50 anni di età | Dolore all’anca; e qualsiasi 2 dei seguenti: VES <20 mm/h Osteofiti femorali e/o acetabolari radiografici Restringimento dello spazio articolare |
Un sistema di misura per valutare radiograficamente l’OA d’anca è basato sulla scala di Kellgren & Lawrence [6] che classifica l’artrosi in 5 gradi, i parametri utilizzati sono la riduzione dello spazio articolare e la presenza di osteofiti. Sistema di valutazione nato per la misurazione dell’OA di ginocchio che si è poi applicato all’anca.
- GRADO 0: non visibili modificazioni artrosiche;
- GRADO 1: dubbio restringimento dello spazio articolare e minuta formazione di osteofiti;
- GRADO 2: minime alterazioni del profilo marginale, formazione limitata di osteofiti e possibile restringimento dello spazio articolare;
- GRADO 3: moderate multiple formazioni osteofitiche, restringimento visibile e limitato dello spazio articolare e sclerosi ossea iniziale non marcata;
- GRADO 4: severo restringimento dello spazio articolare con marcata sclerosi ossea, deformazione ossea visibile e non discutibile, ampia formazione di osteofiti.
Gradi K&L più elevati dimostrano un aumento del restringimento dello spazio articolare, un maggiore coinvolgimento degli osteofiti e della sclerosi sub condrale. La progressione sintomatica della malattia può anche essere monitorata con esiti riportati dai pazienti come l’Oxford Hip Score. Vi è una sostanziale discordanza tra sintomi e reperti radiografici; un’alta percentuale di quelli con caratteristiche radiografiche di OA dell’anca sono asintomatici, e una proporzione altrettanto alta di quelli con sintomi suggestivi di OA dell’anca mancano di prove radiografiche. La considerazione della gravità sia clinica che radiografica è rilevante per la gestione clinica diretta [6].
Trattamento
L’obiettivo primario è quello di modificare lo stile di vita dei pazienti, in particolare riferimento ai livelli di attività fisica ed eventualmente perdita di peso. La triade di esercizio fisico, educazione e controllo del peso è la prima linea di raccomandazioni per il trattamento conservativo [21]. Questa impostazione deve essere mirata e adattata al profilo del paziente. Deve essere proposto e seguito da un team multidisciplinare ed essere oggetto di regolare monitoraggio a medio e lungo termine. Gli esercizi devono essere prescritti con uno specifico dosaggio e gestiti gradualmente, pur tenendo conto delle preferenze del paziente.
I programmi di educazione devono essere costruiti utilizzando strumenti di informazione adeguati con la finalità di rendere consapevole il paziente ed insegnarne ad autogestire la patologia [21].
L’American Academy of Orthopaedic Surgeons nel 2017 ha rilasciato delle importanti linee guida e raccomandazioni sulla gestione dell’osteoartrosi d’anca basata sulle migliori evidenze e pratiche cliniche studiate fino ad allora [21]. L’approccio maggiormente raccomandato, incrociando anche dati di studi più recenti, prevede proprio una gestione di tipo conservativo utilizzando la terapia manuale ed esercizio terapeutico associato a educazione e controllo dell’alimentazione, che a sua volta può essere associato a terapia farmacologica previa valutazione medica [21-22-23].
Nei casi più complessi, sempre secondo valutazione medica, possono venir somministrate da uno specialista anche infiltrazioni di corticosteroidi. Queste sono fortemente raccomandate a confronto con le infiltrazioni di acido ialuronico che mostrano risultati, invece, non superiori al trattamento placebo [21-22-23].
Di seguito, elencate le possibili tecniche ed esercizi di trattamento utilizzabili dal terapista:
- Trattamento articolare:
- Traslazioni (Con o senza cinghia);
- Trazioni (Con o senza cinghia);
- Mobilizzazioni con movimento (MWM) (Con o senza cinghia);
- Manipolazioni.
- Trattamento dei tessuti molli:
- Trigger Points Release Therapy (TPPR);
- Muscle Energy Technique (MET);
- Massaggio traverso profondo (MTP);
- Stretch.
- Esercizi:
- Esercizi di auto trattamento per il miglioramento della mobilità (ROM);
- Esercizi di rinforzo per migliorare il controllo neuromuscolare;
- Programma di allenamento funzionale (Pliometrici, propriocettivi etc);
- Educazione:
- Educazione e strategie training funzionali (behavior graded activity/activity pacing);
- Strategie per compliance a lungo termine.
Tutte le tecniche e le proposte di esercizi menzionati vengono eseguiti con l’obiettivo di ridurre il dolore, migliorare la mobilità e la funzionalità dell’anca.
La maggior parte degli studi evidenzia come questi benefici si ottengono con la combinazione di terapia manuale ed esercizi per un periodo di almeno 1-2 mesi con almeno 1 seduta a settimana di terapia manuale combinata con almeno 2-3 sessioni di esercizi supervisionati e/o eseguiti a casa con una durata di almeno 30-45 minuti per sessione per entrambe le terapie. Con frequenze minori in termini di minuti e sessioni, non vengono riportati evidenti benefici [24]. Non si evidenzia dagli studi riportati tecniche ed esercizi specifici superiori rispetto ad altri [24].
E con il dolore come mi comporto?
Se il paziente durante l’esecuzione degli esercizi riporta un dolore accettabile, per essere ancora più specifici, se prendiamo come riferimento la scala VAS che va da 1-10 e il paziente durante gli esercizi riporta un dolore 3-5 possiamo continuare con il lavoro a patto che l’intensità del sintomo ritorni ai livelli pre-seduta entro 24h [25].
La maggior parte degli studi prevedono nelle proposte di esercizi, un lavoro concentrato sull’attivazione e il rinforzo dei muscoli glutei, principalmente il grande gluteo che è coinvolto nell’assorbimento delle forze di reazione al suolo durante la fase di appoggio del tallone [26]. Si evidenzia come nelle osteoartrosi d’anca i muscoli glutei e altri pattern muscolari coinvolti nella cinematica del passo e nel controllo del bacino e altri movimenti che coinvolgono il rachide, spesso subiscano fenomeni di atrofia, retrazione e diminuzione della forza [26].
Nel trattamento come nella valutazione, da non escludere eventuale coinvolgimento di distretti prossimali che possono partecipare in eventuali disfunzioni. Da considerare quindi, a seconda della sintomatologia e della disfunzione, principalmente: lombare, articolazione sacro iliaca e ginocchio. Non trattare isolatamente l’articolazione coxo-femorale ma valutarla sempre nel suo insieme [27].
In secondo luogo, se la severità della condizione artrosica fosse estremamente grave e si decidesse di procedere all’intervento chirurgico, che prevede più comunemente la sostituzione parziale o totale dell’insieme dell’acetabolo e testa del femore. Dal punto di vista riabilitativo non vi sono particolari differenze nel trattamento, cambieranno le strategie e i dosaggi e alcune controindicazioni nell’eseguire specifici movimenti nei primi 40-50 giorni, ovviamente con tempi di recupero diversi.
Prognosi
Non vi è una prognosi precisa, a seconda della severità dell’osteoartrosi d’anca, si possono scegliere due tipi di percorsi che incideranno sui tempi di recupero. Le strategie ad oggi possibili, come già menzionato sono la terapia conservativa e quella chirurgica. Entrambi prevedono un percorso riabilitativo specifico.
Il trattamento conservativo è un trattamento di prima scelta dove è previsto un percorso riabilitativo dai 3 ai 6 mesi per riportare benefici significativi, nel caso non vi fossero cambiamenti significativi nella sintomatologia, si può prendere in considerazione la procedura chirurgica.
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